Come tento di mostrare nel mio libro, Autarchia spirituale, edito da Anima edizioni, è un concetto di libertà in grado di trascendere sia la libertà contemporanea, intesa come mero appagamento delle proprie passioni, sia il concetto di libertà totalizzante e totalitario dell'individuo in balìa dei valori del proprio gruppo sociale.
Tuttavia, fu proprio uno dei grandi totalitarismi del XX secolo a riprendere il concetto di autarchia, addirittura per utilizzarlo nei propri poster di propaganda: il fascismo. Cosa c'entra il fascismo con l'autarchia se, come detto in precedenza, tale concetto filosofico va al di là di qualsiasi opprimente sistema politico e, anzi, tenta di liberare il soggetto da qualsiasi condizionamento, tanto interiore quanto esteriore?
Vi è stato quello che potremmo definire un “errore di percorso” a cui è stato soggetto il
passaggio di testimone della parola “autarchia”, che ha portato tale concetto
in maniera così distorta fino al fascismo da permettere alla propaganda di
utilizzare questa parola per i propri poster. Ma cosa c’entra, dunque, il
fascismo con l’autarchia e qual è stato questo errore di percorso?
Il “colpevole” di tale
travisamento filosofico è stato un pensatore tedesco del XIX secolo, Fichte.
Nel suo Lo stato commerciale chiuso,
il filosofo applica infatti quello che è un concetto prettamente individuale, e
che può darsi nella sua autenticità soltanto al singolo individuo, al mondo
della collettività, ossia lo Stato. Secondo Fichte, lo Stato ideale è lo Stato
autarchico, in grado di raggiungere l’assoluta indipendenza economica dagli
stati circostanti e che, dunque, come sottolinea anche in Machiavelli scrittore, è in grado così di raggiungere una potenza
tale non solo da non rischiare di essere invaso dagli stati circostanti, ma che
può permettergi di dettar loro legge o attraverso l’esportazione dei propri
prodotti o attraverso la guerra (con la consapevolezza che ogni Stato
confinante sarà sempre una minaccia). Ma non solo; lo stesso concetto di
“dominio di sé”, che nella filosofia antica è fondamentale al filosofo per
raggiungere la libertà ma, al tempo stesso, è una scelta unicamente personale
che non viene mai imposta al prossimo, in Fichte diventa prerogativa dello
Stato. Lo Stato ha il diritto, l’obbligo e il dovere di educare i propri cittadini;
è una grande potenza etica che, inevitabilmente, cade nel totalitarismo e nel
governo forzato del prossimo, appiattendo ogni differenza ed eliminando chi non
vuole allinearsi come un membro incancrenito, giacché lo Stato dev’essere un
unico corpo sano.
Il fascismo, così come il
nazismo, attinsero a piene mani da tale concezione e tentarono di raggiungere
l’autarchia statale e il dominio etico del popolo, con risultati disastrosi.
Difatti i concetti di autarchia e di dominio di sé sono, se scelti in autonomia
e con consapevolezza, una via verso la liberazione, ma se imposti dallo Stato
sono invece una costrizione; soffocano ogni forma di autentica libertà,
forzando la vita privata delle persone e impedendo loro di scegliere
consapevolmente la propria condotta di vita.
Come si è visto in precedenza,
nessun filosofo antico avrebbe mai costretto un’altra persona ad assumere la
sua condotta di vita; questo perché, pur possedendo una grande tensione verso
il prossimo e una profonda sensibilità etica, era consapevole che soltanto
l’autentica vocazione filosofica personale potesse condurre ai risultati
ricercati, e che al contrario la costrizione avrebbe portato alla nascita di
pessimi filosofi, poco convinti della propria condotta di vita e che, dunque,
messi alla prova avrebbero tradito gli insegnamenti appresi.
Per approfondire il concetto di Autarchia, è possibile leggere Autarchia spirituale, edito da Anima edizioni
Daniele Palmieri
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