venerdì 29 gennaio 2021

Il gatto, il mago e l'inquisitore. Ritratto di Cornelio Agrippa von Nettesheim


E' da poco uscito in tutte le librerie Il gatto, il mago e l'inquisitore il mio nuovo libro, edito da Salani Editore.

Il testo fa parte della trilogia inaugurata con Diario di un cinico gatto e proseguita con Storia di un gatto bibliotecario (anch'essi editi da Salani); una trilogia atipica che, seppur collegata da un filo rosso che lega tutti e tre i testi, si sviluppa in maniera non-lineare. Ogni libro condivide con gli altri il medesimo universo narrativo ma ciascun testo della saga possiede il proprio protagonista e la propria ambientazione. Alcuni avvenimenti si intersecano tra loro in tutti e tre i libri, creando una rete che si estende negli anni e perfino nei secoli, ma ogni testo può essere letto come un libro a sé e, soprattutto, non è necessario seguire l'ordine cronologico di pubblicazione. Anzi, variando l'ordine di lettura si coglieranno in maniera differente le sfumature che collegano la trilogia.

Il gatto, il mago e l'inquisitore trascina il lettore nell'Europa del 1500. Protagonisti del romanzo sono Enrico Cornelio Agrippa, filosofo, mago e alchimista rinascimentale, il felino Asmodeo - a cui Agrippa ha donato la parola e l'immortalità mediante la sua conoscenza magica - e il suo fidato cane Monsieur che, insieme all'ingenuo cocchiere Duval, si barcamenano tra le principali nazioni europee a caccia di demoni - e sfuggendo dall'ira di inquisitori, re, regine, principi e creditori.

Mentre Diario di un cinico gatto e Storia di un gatto bibliotecario sono interamente frutto della mia fantasia (benché già in Storia di un gatto bibliotecario vi siano nascosti numerosi riferimenti alla letteratura, ai libri, alla magia, all'esoterismo e a personaggi realmente esistenti), Il gatto, il mago e l'inquisitore mi ha impegnato in un lungo studio storico, biografico, folklorico e magico. Sebbene sia, in parte, frutto dell'immaginazione, le vicende principali del romanzo seguono passo passo la vera storia di Cornelio Agrippa von Nettesheim, personaggio realmente esistito, con il quale sia nello studio sia nell'anno di scrittura ho sviluppato una forte affinità - sia per entrare in connessione con lui, per impersonarne al meglio le caratteristiche, sia perché, studiandone le vicende biografiche, sono giusto a stimarne la sapienza, il coraggio, la forza ma anche, e soprattutto, l'umanità e le debolezze.

In questo articolo vorrei dunque rendergli un breve tributo, per parlare dell'Agrippa storico che ha ispirato le vicende del libro e svelare quanto di vero si nasconde tra le pieghe della fantasia. 

Partiamo dalle fonti. Come dice spesso Jorge Luis in Storia di un gatto bibliotecario, i libri permettono di immergerti in microcosmi a se stanti ed è proprio grazie ai libri che ho potuto non solo viaggiare indietro nel tempo, fino all'epoca di Agrippa, ma immergermi direttamente nel suo pensiero e nella sua vita privata. Da questo punto di vista, sono ampiamente debitore di due saggi. Il primo Enrico Cornelio Agrippa. Vita e opere secondo la sua corrispondenza di Joseph Orsier, edito in Italia dalla PiZeta, una dettagliata ricostruzione della biografia di Agrippa a partire dalle sue lettere private - delle quali è riportata una selezione di 70 lettere personali rivolte ad amici, studiosi, parenti - ma anche principi, creditori e nemici. Il secondo testo è invece di un autore nostrano, si tratta di Cornelio Agrippa e la sua magia di Arturo Reghini, un saggio estremamente prezioso che, oltre a raccontare la vita di Agrippa a partire dalle lettere e da documenti della sua epoca, analizza il suo pensiero e i profondi insegnamenti iniziatici contenuti nelle opere. Anche quest'ultime, ovviamente, mi hanno permesso di conoscere l'ingegno e la sapienza di Agrippa direttamente dall'interno, soprattutto il suo scritto principale, il De occulta philosophia, immenso compendio di arti magiche dall'antichità alla sua epoca, ma anche testi apparentemente "minori", ma solo perché meno conosciuti, come il De nobilitate et praecellentia foeminei sexus (Sulla nobiltà e l'eccellenza del sesso femminino, che ho anche curato personalmente per conto di Libraio Editore), una brillante difesa e lode alla donna scritta nell'epoca della caccia alle streghe, e il De vanitate scientiarum (La vanità delle scienze), pungente, ironica e coraggiosa opera scettica in cui il nostro attacca ogni forma di sapere dogmatico, sia esso quello dei teologi, dei matematici, dei filosofi e di ogni studioso che, nella sua epoca, credeva di possedere la verità in tasca - causando, con tale arroganza, più danni che benefici, sia per il sapere sia per il quieto vivere degli uomini.

Il ritratto che ne esce da questa variegata moltitudine di testi è quello di un personaggio combattivo, tenace, amante del sapere, della ricerca e soprattutto del libero pensiero, disposto a rischiare la vita per proteggere non solo la conoscenza ma anche i più deboli che rischiavano di venire schiacciati dalla follia e dal dogmatismo. Una personalità poliedrica ma anche multiforme. "Mi contraddico, sì, mi contraddico: sono vasto, contengo moltitudini" recita un verso di Walt Whitman e, utilizzando un linguaggio "goetico", la complessità di Agrippa era talmente vasta da contenere intere legioni. A bilanciare così elevati pregi vi era il peso grave di altrettanti difetti - e più alta è la levatura di un uomo, più grandi si fanno anche i suoi difetti. Così, come il "mutaforma", il "trickster" delle fiabe, nonché da sapiente illusionista, Agrippa fu abile nel destreggiarsi nell'arte della menzogna, dell'inganno, della fuga, del trasformismo - abilità, occorre specificare, sempre adoperate per salvarsi la vita, per sfuggire a Re, Regine, creditori e Inquisitori, per salvare il frutto del suo lavoro e della sua conoscenza. Non bisogna dimenticarsi che, in origine, egli fu uomo di guerra, soldato nelle file dell'esercito del Re di Spagna. Il suo sapere, perciò, si spingeva al di là della teoria, al di fuori delle corti precise, ricche, ordinate e sicure dei nobili o degli accademici, e affondava anche nel fango, nel sangue, nel sudore, nella fatica, nel pericolo - come si evince da una delle prime lettere riportate da Orsier, le cui vicende ho anche riportato nel libro, in cui Agrippa narra di una rocambolesca fuga in seguito all'assedio di una città finito male. Tutto questo per dire che il mago sapeva come dosare l'arte della strategia e della guerra anche nella vita quotidiana e, probabilmente, fu questa virtù, che porta con sé molti vizi e difetti, che gli permise di salvarsi la vita dalle fiamme dell'Inquisizione e dalle ghigliottine dei tiranni.

Ma l'aspetto che più mi ha fatto entrare in simpatia - nell'accezione antica, e magica, del termine - con Agrippa, che mi ha permesso di immedesimarmi nei suoi pensieri, nelle sue azioni, nelle sue parole e nelle sue avventure, è stato, soprattutto, la sua profonda umanità. Tanto dalla sua biografia quanto dalle lettere traspare la personalità di un uomo dilaniato da due spinte contrapposte, che per tutta la vita cercò di conciliare: la volontà di ampliare i confini della conoscenza, al di là dei limiti e dei dogmi, e il desiderio di vivere una vita tranquilla con i suoi affetti più cari: la sua famiglia e, non ultimo, i suoi animali domestici.

Non entrerò, ora, troppo nei dettagli delle sue relazioni personali, giacché non ho intenzione di svelare al lettore informazioni importanti sulla trama del libro, che si scoprono con l'avanzare della lettura; basti sapere , per ora, che Agrippa amò e soffrì intensamente per tutta la sua esistenza. Amò sua moglie e i suoi figli, soffrì per il distacco, e cercò in ogni modo di ritagliare per lui e per loro una sicurezza che, tuttavia, doveva perennemente scontrarsi con i guai causati dalla sua audace libertà e dal suo spirito combattivo e indomito. Un rifugio che, come ogni dimensione magica che si rispetti, era perennemente vegliato dalla figura di un famiglio; in particolare, i cani, suoi animali domestici per eccellenza, con cui convisse fino alla sua dipartita.

Sia i suoi primi biografi sia i suoi avversari riportano, in maniera differente, come egli fosse solito accompagnarsi a cani. Così, sia Monsieur, grosso mastino nero protagonista del libro, sia Filiolus (suo predecessore, che viene solo citato) sono realmente esistiti e hanno realmente accompagnato il nostro mago nelle sue lunghe peripezie. Agrippa ne parla con affetto in molte sue lettere, Wier, suo discepolo, ricorda con affetto, in alcuni scritti, i giorni di studio e scrittura passati nella casa di Agrippa proprio insieme a Monsieur, e i suoi oppositori "postumi", come Martin DelRio, narrano di come Monsieur, alla morte del mago, sarebbe scappato dal suo capezzale mostrando a tutti la sua natura demoniaca. Sciocchezze! Gli fu risposto, dallo stesso Wier, che difese il ricordo sia del mago sia del cane da tali infondate accuse raccontando di come molte volte egli avesse accompagnato con il guinzaglio il mansueto animale durante le sue lunghe passeggiate.

Ma come, penserà ora il lettore, Agrippa fu un grande amante dei cani? E Asmodeo, allora?

Ebbene sì, Agrippa fu del partito dei cani - ma egli fu anche del partito dei maghi e, si sa, che di fianco a ogni grande strega o stregone si nasconde sempre un grande gatto, suo famiglio, depositario delle conoscenze proibite. Ed è qui che è dovuta intervenire l'immaginazione magica, per dar vita all'aiutante segreto, spirito guida in forma felina, di Enrico Cornelio Agrippa von Nettesheim. Perché, se dobbiamo convenire sul fatto che le sue lettere non ne citano il nome e la presenza, è altresì vero che non ne negano l'esistenza - tuttalpiù considerando che, Malleus Maleficarum in mano, il gatto è l'animale a cui si accompagnano streghe e stregoni e mostrarsi accompagnati a gatti poteva essere non solo un indizio, ma una ammissione di colpevolezza.

Dunque, giacché Agrippa non ne poté mai parlare, i tempi sono ormai maturi per riportare a galla la storia segreta del felino e del suo compagno mago, di Asmodeo e di Enrico Cornelio Agrippa von Nettesheim, a cui, in calce a questo articolo, va il nostro pensiero, la nostra riconoscenza e, soprattutto, la nostra reverenza.

E, siccome la vanità è una virtù felina, rimandiamo a un prossimo articolo per l'approfondimento della figura di Asmodeo e del suo significato simbolico.


Il gatto, il mago e l'inquisitore di Daniele Palmieri, edito da Magazzini Salani, in tutte le librerie e in tutti gli store online. 

Chiunque volesse acquistarne una copia con dedica, può contattarmi presso la Libreria Esoterica di Milano al numero Whatsapp: 3516024375.


Daniele Palmieri 

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