Vi è una certa propensione nella spiritualità, nell'esoterismo ma anche nella religione collettiva contemporanea a epurare gli elementi simbolici della cultura tradizionale, svuotandoli dallo loro sfumature scabrose, spaventose, perturbanti, per restituire immagini piatte ed edificanti, che siano in grado di adattarsi al senso comune collettivo.
Il fenomeno è evidente soprattutto con il folklore fiabesco e le tradizioni legate al Piccolo Popolo, che nella narrativa, nei racconti, nelle storie e nelle fiabe contemporanei hanno ormai raggiunto un aspetto totalmente benevolo, leggiadro, innocente. Pensando alle Fate o agli Gnomi, ad esempio, vengono subito in mente le fatine felici, che volano e danzano nel cielo, o ai giocondi piccoli uomini che vivono nei funghi con il loro cappello rosso. Pochi sanno che, in realtà, sia le Fate sia gli Gnomi nel folklore classico erano temuti per rapire bambini e persone, per sostituirli con "doppi" mostruosi (nel cosiddetto fenomeno del changeling) o per cercare di convincere gli sprovveduti viandanti a seguirli nel loro mondo etereo dal quale, però, non avrebbero più potuto fare ritorno.
Lo stesso lavoro di epurazione e semplificazione simbolica sta avvenendo, soprattutto nel mondo dell'esoterismo, nei confronti di entità strettamente legate alla religione: gli Angeli.
Numerose pubblicazioni li dipingono come buoni e pacifici esseri di luce, che vegliano sulle nostre vite e le nostre coscienze, sempre pronti ad aiutarci sopraggiungendo fino a noi sotto l'aspetto di affascinanti fusti muscolosi e alati.
E' il caso, ad esempio, delle opere commerciali della Doreen Virtue, in cui Angeli e esseri fatati ritornano spesso, tanto nei libri quanto nei mazzi di carte, come creature gioiose, il cui unico scopo è quella di portar luce nelle nostre vite.
Anche in questo caso, simili concezioni attingono soltanto a una sfaccettatura di una simbologia molto più complessa e perturbante; guarda caso, quel lato in grado di renderli facilmente integrabili alla vita quotidiana comune. L'Angelo, come il Piccolo Popolo, deve essere addomesticato se vuole entrare nelle porte delle case di città, imbevute di logica, positività, buoni sentimenti; tutto ciò che può scuotere questa bolla deve rimanere al di fuori, poiché non può conciliarsi con la tranquillità borghese e cittadina.
Così, come nel caso del Piccolo Popolo, anche per l'odierna simbologia angelica si attinge agli elementi a noi più confacenti, distorcendo alcuni concetti.
Partiamo dal primo e più comune: la luce. Gli Angeli vengono spesso definiti come "esseri di luce" e perciò descritti come vere e proprie infusioni in endovena di positività, gioia, benessere, buoni sentimenti, amore indiscriminato. In realtà, la questione è molto più complessa. Nella tradizione classica, ad esempio nelle opere di Tommaso d'Aquino, l'Angelo viene definito come una pura Intelligenza che può sussistere senza il substrato materiale e corporeo, la cui natura è assimilabile a quella della luce. I filosofi medievali, prima ancora della fisica moderna, avevano colto la natura intermedia della luce; essa, pur non essendo materiale, agisce provocando moto, calore e mutamenti nel mondo fisico, tal punto che Roberto Grossatesta nel De Luce sostiene che la luce fu "la prima forma della materia creata" e che, da essa e dalla sua irradiazione per cerchi concentrici si espanse e si generà l'intero cosmo, in tutte le sue manifestazioni. Gli Angeli, avendo il ruolo di messaggeri della divinità, sono entità mediante tra uomo e Dio che, dunque, devono possedere una natura che non sia né puramente materiale né puramente immateriale. La luce è, per analogia, quanto più si avvicina a questo stato mediano. Di conseguenza, essi sono come Intelligenze che si muovo e irradiano come raggi luminosi - una luce che, però, non è un tenue riverbero edificante ma è assimilabile all'irradiazione esplosiva di una bomba atomica, che sarebbe in grado di accecare o incenerire l'uomo con un solo battito d'ali. Perciò gli Angeli, per entrare in contatto con l'uomo, sono costretti a celarsi.
Da ciò deriva l'altro grande fraintendimento, legato alla loro iconografia, spesso fatta coincidere con quella di figure umane dotate di candide ali, o di gioiosi putti. Anche in questo caso, pur essendoci una copiosa iconografia precedente affine a quella descritta, l'errore che si compie è credere che quello sia il reale aspetto degli Angeli, ossia far coincidere la loro immagine illusoria con la loro natura.
Pur rappresentandolo in quel modo, gli antichi erano consapevoli che quando l'Angelo appare sotto forma umana in realtà veste mentite spoglie e lo dimostra il fatto che, nei racconti biblici, viene riconosciuto come tale soltanto in seguito alla sua dipartita, quando si realizzano i suoi vaticini o altri fenomeni miracolosi.
Anche in tal caso la loro presenza suscita emozioni contrastanti, a fronte delle loro parole enigmatiche o dell'inspiegabilità della loro apparizione.
In generale, questo aspetto è da loro assunto come una maschera, indossata per assumere una forma concepibile dalla mente umana che, per la sua limitatezza, perderebbe altrimenti il senno di fronte a una visione per essa inconcepibile, che soltanto in grandi mistici, dopo lunghi esercizi spirituali e ascetici, sono in grado di tollerare - ma non di spiegare nella sua interezza, complessità e intensità emotiva. Difatti, quando gli uomini riescono a contemplarli spogliati dalle loro vesti fittizie, lungi dal contemplare semplici globi di luce si trovano di fronte a visioni meravigliose e terribili.
Scrive ad esempio l'Abate Calmet nelle sue Dissertazioni sopra le apparizione de' spiriti: "I Cherubini, di cui spesso parlasi nella Scrittura, e che sono dipinti come serventi di Trono alla Maestà di Dio, erano figure jeroglifiche, appresso poco come le Sfingi Egiziane; que che sono descritti in Ezechiele sono come animali di figura umana, con le ali d'aquila, i piedi di bue, d'un lione, e dun'aquila, due delle loro ali si spiegavano l'una con l'altra, e due altre coprivano loro tutto il corpo; risplendevano come ardenti carboni, come lampade accese, come il Cielo infiammato quando lampeggia. Questo era veramente uno spettacolo orribile" (Abate Calmet, Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti, Arktos, p. 5).
Una visione "orribile a vedersi", tutt'altro che edificante, generata dal fatto che, di per sé, l'Angelo racchiude una totalità che l'uomo non può concepire e che la mente umana trasforma in un crogiuolo di forme mostruose, non avendo le categorie intellettuali per poterla concepire. E' come se si verificasse un "errore di sistema" all'interno della mente umana che si trova a processare informazioni inconcepibili e, nel tentativo di dargli una forma, crea immagini mostruose mettendo insieme immagini a essa note.
Perfino quando l'Angelo sopraggiunge a trascinare il mistico verso i Cieli più elevati esso scuote lo spazio, il tempo e la psiche con la manifestazione di una forza indescrivibile. Una ricorrenza che si trova tanto nella mistica cristiana quanto in quella islamica. Ad esempio, l'ascensione paradisiaca narrata da Najm Al-Din Kubra, mistico sufi del XII secolo, ne Gli schiudimenti della bellezza e i profumi della maestà è accompagnata da un senso di timor panico di fronte alla potenza dei cori angelici, che si fa sempre più intensa man mano che si avvicina a Dio. "Sappi che quattro angeli ascendono con il viandante" scrive il mistico sufi "uno alla sua destra, uno alla sua sinistra, l'altro sotto di lui e l'altro ancora alle sue spalle. Una volta arrivato a questa stazione, scorrerà sulla sua lingua l'impotenza dello stato di servitù adorativa [...] e avrà paura dell'intensità dell'energia e della violenza verso cui va incontro. Supplicherà di essere privato del proprio spirito, e a quel punto verrà lasciato da esso, e sentirà come avviene la privazione dello spirito o dell'anima" (Najm Al-Din Bubra, Gli schiudimenti della bellezza e i profumi della maestà, Mimesis, p.92). Il rapimento mistico è inoltre accompagnato da una sensazione di paralisi, alla perdita della volontà e del desiderio di muoversi o parlare, esperienza del tutto simile all'immobilità e al senso di impotenza provocati dal terrore.
Soltanto in seguito a queste sensazioni subentra la pace interiore, o perché infusa dagli Angeli stessi o perché, come nelle esperienze di premorte, l'anima, scossa dalle emozioni e dalle sensazioni limite, si è ormai distaccata dal corpo fisico, innalzandosi nella dimensione eterica libera dai condizionamenti della materia e della carne.
Anche nell'Apocalisse cristiana il ruolo degli Angeli è tutto fuorché edificante e la loro presenza non è meno spaventosa di quella dei Cavalieri dell'Apocalisse, dei corpi dei morti o delle bestie che si innalzano dalle acque. Come scrive l'Abate Calmet: "Giovanni nell'Apocalisse vide quattro animali d'intorno al Trono dell'Altissimo, i quali erano certamente quattro Angeli coperti di quantità d'occhi dinanzi e di dietro. Il primo rassomigliava a un lione; il secondo ad un bue; il terzo aveva la forma quasi d'uomo; e il quarto rassomigliava ad un'aquila, con le ali spiegate; ognun di loro avea sei ale, e non lasciavano di gridar notte e giorno. Santo, Santo, Santo, il Signor Iddio Onnipotente, che era, che è, e che deve venire" (Abate Calmet, Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti, Arktos, p. 5). Essi assistono dunque alla distruzione cosmica, assumendo forme mostruose affine a quelle dei Cherubini e gridando lodi alla divinità, preannunciando il tempo venturo.
Come accennato in precedenza, l'epurazione simbolica che sta avvenendo nei confronti non solo degli Angeli ma, in generale, delle entità delle religioni e del folklore classico trae origine da un'impossibilità, da parte dell'uomo moderno, di concepire la complessità antitetica e paradossale delle forme divine. Questa scissione logica e razionale è confacente alla spiritualità semplicistica ormai diffusa capillarmente, che tende a ricondurre gli elementi più complessi e sfaccettati della simbologia tradizionale a forme semplici, sfruttate in maniera utilitaristica per ottenere quel tanto di appoggio per affrontare la vita quotidiana, o per dare un po' di colore alla grigia routine. Tuttavia, le entità metafisiche e le esperienze mistiche trascendono, per la loro stessa natura, la vita ordinaria - da ciò l'esigenza della vita monastica di allontanarsi dal trambusto civile - spesso sopraggiungono in concomitanza al suo sovvertimento. Restituire agli Angeli la loro terribile bellezza significa ridare sostanza a una spiritualità sempre più svuotata dai suoi contenuti e piegata alle esigenze delle vita temporale.
Immagine: Cherubino tetramorfo, Miniatura del XVI secolo, Wikimedia Commons
Daniele Palmieri
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