Filippo Tommaso Marinetti: folle, elettrico, rivoluzionario, rude, violento, distruttivo ma anche poetico e delicato. Uno scrittore dalle mille sfaccettature e dalle mille contraddizioni, e proprio per questo un autore estremamente interessante che, come ogni autore complesso, spesso viene semplificato a pochi concetti basilari che ne banalizzano la figura e l'attività letteraria.
La semplificazione manualistica viene spesso fatta con autori importanti, ad esempio Leopardi, come ho sottolineato in uno degli ultimi articoli apparsi sul blog, e nel caso di Marinetti e del Futurismo questa semplificazione è, forse, ancora più accentuata.
Prima di approcciarmi in maniera profonda alla sua produzione letteraria, l'unica immagine che avevo di Marinetti era, appunto, quella del rude, chiassoso e violento guerrafondaio, il Marinetti del manifesto "Guerra unica igiene del mondo", uno dei pochi testi del Futurismo che viene affrontato alle superiori e che, senza le dovute spiegazioni, contestualizzazioni e senza la giustapposizione alle altre opere del medesimo autore si presta a grandissimi fraintendimenti.
Dopo un iniziale rifiuto, quasi repulsione, nei confronti di questo autore, dovuta all'immagine stereotipata veicolata dal manuale scolastico, da pochi mesi ho iniziato ad approfondirlo con occhio critico e ho avuto modo di compiere una delle operazioni intellettuali che, personalmente, trovo estremamente stimolanti: la messa in dubbio e la distruzione dei propri pregiudizi.
Approcciando l'opera letteraria di Marinetti nel suo complesso ho riscoperto un autore dalle mille personalità, una delle quali è certamente quella del Marinetti rude e violento ma che, tuttavia, non è quella principale; o, meglio, si tratta di una violenza energica e letteraria, al servizio del suo animo rivoluzionario e della sua innovativa potenza poetica.
Marinetti è stato, infatti, uno dei più grandi rivoluzionari italiani. Questo aspetto è spesso messo in ombra dalla sua adesione al Fascismo, ma una ponderata lettura dei suoi testi porterebbe a rendersi conto di quanto Futurismo e Fascismo fossero due ideologie agli antipodi e di come, effettivamente, l'adesione al Fascismo fu la morte dell'autentico Futurismo. Lo stesso Marinetti nei suoi Taccuini del 1918 scrisse:
"Sento il reazionario che nasce in questo violento temperamento agitato pieno di autoritarismi napoleonici e di nascente disprezzo aristocratico per le masse. Viene dal popolo e non lo ama più. Tende all'aristocrazia del pensiero e della volontà eroica. Non è un gran cervello [...]. Non vede chiaro. E' trascinato dal suo temperamento di lotta eroica e dall'ideale napoleonico e aspira credo anche alla ricchezza" (Marinetti, Taccuini, Il mulino, pp. 392).
Per capire queste mie ultime affermazioni e come mai Marinetti riuscì a intravedere il Mussolini reazionario e, soprattutto, perché ne ebbe così avversione, bisogna entrare nel merito del pensiero e della produzione letteraria, poetica e filosofica marinettiana.
In un passo di Al di là del comunismo, Marinetti condensa le principali idee rivoluzionarie, tanto politiche quanto artistiche, del suo pensiero:
"Vogliamo liberare l'Italia dal papato, dalla monarchia, dal Senato, dal matrimonio, dal Parlamento. Vogliamo un governo tecnico senza parlamento, vivificato da un consiglio o eccitatorio di giovanissimi. Vogliamo l'abolizione degli eserciti permanenti, dei tribunali, delle polizie e dei carceri, perché la nostra razza di geniali possa sviluppare la maggiore quantità possibile di individui liberissimi, forti, laboriosi, novatori, veloci. Tutto ciò nella grande solidarietà affettuosa della nostra razza tipica, nella nostra tipica penisola, nel cerchio saldo dei confini conquistati e meritati dalla nostra grande vittoria assolutamente tipica. Non soltanto siamo più rivoluzionari di voi, socialisti ufficiali, ma siamo al di là della vostra rivoluzione. Al vostro immenso sistema di ventri comunicanti e livellati, al vostro tedioso refettorio tesserato, noi opponiamo il nostro meraviglioso paradiso anarchico di libertà assoluta arte genialità progresso eroismo fantasia entusiasmo, gaiezza, varietà, novità, velocità, record" (Marinetti, Al di là del comunismo, edizione Meridiani, pp. 482).
Nell'ideale marinettiano, le parole d'ordine sono gioventù, futuro e libertà. Marinetti è contro la Monarchia, il Papato e perfino il patrimonio storico-artistico del passato, tre dimensioni politiche, religiose e artistiche che sono l'emblema di una cultura antiquata e vetusta, "'passatista", che ingabbia le facoltà creative e vitalistiche degli italiani sotto ogni aspetto.
La Monarchia dal punto di vista politico, poiché il monarca implica non dei liberi cittadini, ma dei sudditi, ed è inoltre testimonianza di un passato feudale e nobiliare ormai antiquato e "parassitario", rappresentato da persone il cui potere e le cui ricchezze non dipendono dalla loro forza, dalla loro volontà e dalla loro genialità, ma semplicemente dalla rendita ereditaria.
Il Papato dal punto di vista morale, poiché con i propri dogmi e la propria morale incatena l'uomo a una serie di precetti che ne ingabbiano le forze vitali, come la tendenza al conflitto, alla disputa, alla libera espressione creatrice e spregiudicata e, soprattutto, al libero godimento della più grande forza vitalistica: la tensione erotica.
Il patrimonio storico-culturale dal punto di vista della genialità creatrice, che troppo spesso è succube degli stili del passato, ancorata alle tradizioni letterarie, poetiche e artistiche e dunque impossibilitata a produrre qualcosa di realmente nuovo, soprattutto quando essa è relegata al mero commento e alla mera critica delle opere del passato, o quando gli stessi critici snobbano e guardano di cattivo occhio le novità. In quest'ottica bisogna dunque leggere i proclami di Marinetti a distruggere le opere d'arte; idea che, forse, nella testa di Marinetti era intesa anche in senso letterale, ma che assume maggiore senso e profondità dal punto di vista metaforico se la si interpreta come un estremo movimento di liberazione personale.
Difatti, per Marinetti, tutte queste limitazioni della libertà personale necessitano una rivoluzione drastica, quella che lui chiama "grande conflagrazione". Un'esplosione allo stesso tempo distruttrice e creatrice; distruttrice perché, con il suo impeto, distrugge in maniera radicale tutte le catene, e creatrice perché, dal cratere fumante che essa lascia dietro di sé è possibile erigere una società completamente nuova.
Da questo punto di vista, Marinetti è un libertario patriota, con tendenze anarchiche. Come possono stare insieme questi ideali apparentemente contrapposti? In questo segreto risiede l'essenza più rivoluzionaria del Futurismo marinettiano. La società che egli ha in mente è quella di persone assolutamente libere, in cui l'unico scopo dello Stato è quello di preservare l'assoluta libertà e, allo stesso tempo, di fornire ai suoi membri una formazione "eroica" che fornisca loro la facoltà di vivere pienamente tale libertà, in tutti i suoi aspetti.
La Patria non è dunque un padre severo che bacchetta i figli con le proprie regole, né il prolungamento o l'estensione della famiglia, bensì una coalizione di liberi ed eguali, un territorio atto a circoscrivere i basilari diritti inalienabili: la forza di volontà, l'eroismo, la potenza creatrice e la libertà.
Scrive Marinetti in Democrazia futurista:
"La lampada familiare è una luminosa chioccia che cova delle uova putride di vigliaccheria. [...] L'idea di patria invece è una idea assolutamente superiore. Rappresenta il massimo allargamento della generosità dell'individuo straripante in cerchio verso tutti gli esseri umani simili a lui o affini, simptatizzanti e simpatici. Rappresenta la più vasta solidarietà concreta d'interessi agricoli, fluviali, portuali, commerciali, industriali legati insieme da un'unica configurazione geografica, da una stessa miscela di climi e una stessa colorazione di orizzonti. Rappresenta precisamente la distruzione del sentimento di famiglia egoistica, ristretta, divenuta inutile o dannosa all'individuo" (Marinetti, Democrazia futurista, Meridiani, pp. 389).
Il Patriottismo non è l'asservimento a un padre severo, ma l'amore verso questo territorio i cui confini permettono all'individui di esprimere la propria personalità e la propria libertà.
Da questo punto di vista, Marinetti è estremamente rivoluzionario e la sua attività intellettuale si contraddistingue per un continuo sforzo di liberazione nei confronti di ogni catena.
Ad esempio, è a favore dell'emancipazione della donna, in ogni suo aspetto: dal voto alla liberazione dall'istituzione matrimoniale che, spesso, la ingabbia nel territorio domestico, relegando ogni suo sforzo a quella di nutrice e allevatrice della prole. Scrive in Democrazia futurista:
"Noi vogliamo distruggere non soltanto la proprietà della terra, ma anche la proprietà della donna. Chi non sa lavorare il campo deve esserne spodestato. Chi non sa dare gioie e forza alla donna non deve imporle il suo amplesso né la sua compagnia [...] Noi vogliamo che una donna ami un uomo e gli si conceda per il tempo che vuole [...] Il matrimonio deprime e avvilisce la donna abbreviandone la gioventù e troncandone le forze spirituali e fisiche" (Marinetti, Democrazia futurista, Meridiani, pp. 369-372).
Tale liberazione della donna si inserisce in un contesto più ampio di liberazione da qualsiasi vincolo moralistico e moraleggiante, istituzione matrimoniale compresa. Marinetti è favorevole all'abolizione del matrimonio e all'introduzione del divorzio veloce, poiché nel matrimonio vede la morte di ogni libera forza creatrice. Quanto l'uomo quanto la donna trovano in esso la morte della loro autentica forza vitale, l'erotismo, una delle più potenti forze propulsive per l'essere umano, che spinge Marinetti a soppiantare l'istituzione matrimoniale con il libero amore, forza vitalistica che dovrebbe essere vissuta senza alcuna restrizione moraleggiante.
Alla forza del libero amore è strettamente legato l'impeto e la genialità creatrice della gioventù, poiché la grande forza e creatività dei giovani derivano, secondo Marinetti, proprio dalla loro tensione amorosa, che dà loro la forza di vivere, lottare, creare, sognare.
Marinetti è stato tra i pensatori italiani colui che più di tutti ha riconosciuto e incoraggiato l'importanza della gioventù e delle nuove generazioni. I giovani sono infatti il nerbo della società, e soltanto educandoli alla libertà e al futuro, permettendo loro di esprimersi liberamente e senza condizionamenti, saranno in grado dar vita a idee realmente nuove e rivoluzionarie e, di conseguenza, a nuove società, nuove arti, nuovi mestieri e nuove politiche.
Sempre Marinetti fu il primo ad accorgersi dell'importanza di lasciar spazio i giovani non soltanto dal punto di vista politico, ad esempio, con la sua proposta di creare l'istituto governativo dell'Eccitatorio, una camera parlamentare dedicata esclusivamente ai giovani fino ai trent'anni d'età, ma soprattutto dal punto di vista espressivo ed artistico, proponendo l'istituzione delle cosiddette "Mostre del libero ingegno creatore", dei luoghi di aggregazione culturale dedicati esclusivamente ai giovani autori esordienti in cui questi ultimi possano, a giro, esporre i propri quadri, eseguire le proprie opere musicali, leggere e declamare i propri scritti, il tutto gratuitamente.
Il Futurismo, così come pensato da Marinetti, si contraddistingue dunque come un movimento d'azione artistica, o di arte in azione, a tutto tondo, che doveva permeare ogni parte della vita dell'uomo: la scrittura, la pittura, il cinema, la politica, l'educazione, perfino la cucina, in un turbinio di idee che dovevano compiere il loro corso non per fossilizzarsi in maniera dogmatica, e creare così una popolazione futurista appiattita sui medesimi ideali, ma per innescare una conflagrazione creatrice in grado di rinnovare l'Europa.
Come un treno il Futurismo doveva percorrere la propria strada a tutta velocità per poi fermarsi, anche schiantandosi contro un muro o deragliando in maniera violenta, per lasciar spazio al futuro e, soprattutto, alla genialità, alla novità, all'impeto della ventura gioventù. In questo fu del tutto coerente, non imponendosi mai come corrente unificante e totalitaria ma lasciando sempre spazio alla diversità delle idee e delle forme espressive. La libera e spregiudicata forza creatrice è forse l'unico punto cardine del Futurismo a cui è dedicata l'immortalità poiché, utilizzando le parole di Marinetti:
"Bisogna semplicemente creare, perché creare è inutile, senza ricompensa, ignorato, disprezzato, eroico in una parola" (Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Meridiani).
Daniele Palmieri
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