Nei primi decenni del '900 vengono pubblicati in Europa due testi molto diversi tra loro, ma accomunati da un peculiare racconto.
Il primo è un libro di Saint-Yves, pubblicato postumo nel 1910, intitolato Mission de l'Indie, un resoconto di viaggio intriso di motivi iniziatici in cui l'esoterista francese narra di essere entrato in contatto con un illuminato regno sotterraneo, chiamato Agarttha, governato da un grande sacerdote, il Brahmatma, che dal suo impero sommerso dirige le sorti politiche e spirituali del mondo, in attesa di tornare alla luce con il suo popolo.
Circa dieci anni dopo Mission de l'Indie, esce prima in Polonia e poi nel resto d'Europa un altro reseconto di viaggio, Bestie, Uomini e Déi di Ferdinand Ossendowski, che narra non di un viaggio iniziatico, ma della fuga dell'autore polacco dal nascente regime comunista. Un viaggio ricco di insidie, pericoli, orrori ma anche di natura e meraviglia, dalla taiga russa fino alla Mongolia. Qui, proprio nelle pagine conclusive del testo, Ossendowski narra di aver udito da un indigeno il racconto di un regno sotterraneo chiamato Agarthi, che si estenderebbe per tutto il mondo lungo una serie di gallerie sotterranee, e che sarebbe governato dal cosiddetto "Re del Mondo", un sovrano illuminato in diretto contatto con Dio, che governa la città sotterranea in attesa del suo ritorno.
Alla pubblicazione, il racconto di Saint-Yves fu subito visto con sospetto, frutto di una sua fantasticheria o, semplicemente, come una metafora esoterica che affondava le sue radici nelle antiche Utopie del passato, come quelle di Platone, Campanella o Bacon. Tuttavia, il resoconto estremamente simile di Ossendowski sollevò molti interrogativi e, soprattutto, polemiche. Inizialmente si pensò al plagio e si andò alla caccia di tutte le concordanze testuali tra il testo di Yves e quello di Ossendowski. Eppure, le somiglianze più che "condannare" il giornalista russo sembrano conferire maggiore veridicità al mito di Agarttha/Agarthi, soprattutto alla luce di alcuni particolari che, lungi dall'avvalorare il plagio, testimoniano le tipiche variazioni a cui i racconti orali sono soggetti. Bisogna poi aggiungere che, mentre la narrazione di Saint-Yves è mossa, fin dal principio, da motivi iniziatici, Bestie, uomini e dèi di Ossendowski nasce come resoconto fedele e oggettivo della fuga dell'autore e lungo tutta la narrazione la prosa è piana, semplice, tipica della cronaca giornalistica e del racconto autobiografico; mentre Saint-Yves dice di aver visto con i propri occhi il mondo di Agarttha, Ossendowski si limita a riportare in maniera imparziale le informazioni tramandate dai nativi incontrati nei giorni conclusivi del suo viaggio. Come accennato, è probabile dunque che le somiglianze riscontrate derivino da una medesima tradizione orale, viva tanto nei popoli dell'India quanto in quelli della Mongolia.
Ed è alla luce di tale prospettiva che René Guenon scrisse Il Re del Mondo, breve pamphlet filosofico in cui l'esoterista francese dimostra come non ci si debba sorprendere delle somiglianze tra le due narrazioni, se lette alla luce delle tradizioni mitiche e religiose globali. In questo testo, Guenon sviscera le fonti mitiche della favolosa Agartha. Al di là delle polemiche sterili sul plagio o sulla libera fantasia da parte dei due autori, Guenon mostra come le loro narrazioni affondino le loro radici in simboli ben più profondi, ricorrenti in tutte le tradizioni.
Il Re del Mondo altro non sarebbe che l'archetipo del sovrano universale, in cui potere sacro e potere temporale coincidono poiché egli è entrato in contatto con le leggi superiori e trascendenti dell'universo, e può dunque fare da ponte (da qui il termine pontifex, pontefice, "costruttore di ponti") tra realtà sensibile e realtà sovrasensibile. Dal punto di vista religioso, tale figura è sempre ricorrente e spesso contraddistinta dalla medesima origine etimologica e mitica: quella di Manu, legislatore universale che, oltre nell'Induismo, ricorre anche tra gli Egizi con il nome di Mina o Menes, tra i Greci con il nome di Minosse, tra i Celti con il nome di Menw. Anche nell'Antico Testamento ritorna una figura simile, il misterioso profeta Melchisedec, sacerdote di un culto misterioso, più antico dello stesso ebraismo, che nel testo sacro benedice Abramo, il quale ne riconosce la funzione di "sacerdote superiore", quasi fosse, appunto, testimone di un sacerdozio universale.
Il Re del Mondo, vive nelle viscere della terra dove si è occultato con il sopraggiungere del Kali Yuga, ciclo cosmico che chiude il progressivo decadimento dell'universo, corrispondente all'Età del Ferro di Esiodo, che terminerà proprio con il disvelarsi del Re del Mondo e il suo ritorno dal mondo delle tenebre, nel quale si era nascosto in attesa della rivelazione finale (l'Apocalisse che, etimologicamente, significa appunto "rivelazione").
Da regno sotterraneo, tuttavia, il Re del Mondo continua a tessere le sue trame. Sia Saint-Yves sia Ossendowski descrivono un regno formato da intricati dedali di gallerie che si estendono per l'intero pianeta, al cui centro si ergerebbe, appunto, la mitica città di Agartha, nella quale si sarebbe rifugiato un antico popolo illuminato, che ha raggiunto la massima perfezione spirituale, per ripararsi dal cataclisma del diluvio universale che sommerse l'intero loro continente.
Guenon sottolinea la somiglianza di questo mito con la vicenda non solo di Atlantide, ma anche di Aztlan, la "terra in mezzo alle acque", patria dalla quale di "dispersero"le diverse popolazioni indigene dell'america latina, tra cui gli Aztechi e che Guenon identifica con la stessa Atlantide (benché, attualmente, tale interpretazione non sia attualmente ritenuta filologicamente affidabile). Sempre nel mito Azteco e anche in quello Tolteco si racconta, inoltre, di come alcune popolazioni di Aztlan si siano disparse per il mondo dopo essere vissute, per secolo, all'interno di grotte sotterranee.
In generale, il mito di Agartha è affine alle molteplici "terre divine", fecondate dalla luce della divinità, come la Terra Santa, Avallon, la Terra di prete Gianni, la mitica Thule, le regioni Iperboree, il Giardino dell'Eden, l'Isola dei Beati, i cosiddetti "centri del Mondo" o "regioni polari" che rappresentalo l'asse attorno alla quale ruota l'intero cosmo. Questi regni sono sempre contraddistinti dalla loro irraggiungibilità, dal loro rivelarsi a pochi iniziati che hanno raggiunto la perfezione spirituale, dalla simbologia dell'Albero, che affonda le sue radici nella terra e si eleva fino al cielo, penetrando così i tre mondi: quello infernale, quello mediano-umano e quello celestiale paradisiaco. Sono inoltre terre edeniche in cui, come ad Agartha, la popolazione ha raggiunto la perfetta realizzazione spirituale, spesso resa metaforicamente con l'immagine della vita eterna, e da qui la separazione dal resto dell'umanità, ancora corrotta e avvinta dal velo di tenebre.
Anche l'immagine del "regno sotterraneo" ha innumerevoli riscontri e rappresenta, in maniera speculare e complementare, la sacralità della montagna. Mentre la montagna si estende fino al cielo, la grotta si estende verso le viscere del terreno ma, in entrambi i casi, il loro punto più estremo rappresenta, con la sua irraggiungibilità, il punto di contatto tra il mondo terreno e il mondo divino, sede delle forze e degli influssi spirituali, porta d'accesso tra questo e l'altro mondo. Dal punto di vista simbolico, questa coincidenza tra altezza e profondità è rappresentata dal detto alchemico "come in alto così in basso"; dalla stella di David, composta da due triangoli equilateri le cui rispettive punte sono dirette verso il cielo e verso l'abisso; dalla coppa del Graal e dalla Lancia di Longino, laddove la prima rimanda all'idea dell'incavo nel terreno, mentre la seconda al triangolo che punta verso la volta celeste.
Ma Agartha, dunque, è una terra reale o soltanto una metafora, si chiede Guenon. L'esoterista francese sottolinea come esistano molteplici "centri del mondo", ognuno dei quali è però soltanto il riflesso della vera "Axis mundi" che, secondo Guenon, indipendentemente dalla realtà geografica, esiste proprio perché manifesta nella più profonda realtà simbolica.
René Guenon, Il Re del Mondo, Adelphi
Daniele Palmieri
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