Continuano su Nero d'inchiostro gli approfondimenti su "I monologhi del destino", la webserie sugli eroi e gli déi dell'antica Grecia (qui la recensione della prima puntata).
In particolare, quest'oggi conosciamo Massimo Cerullo, regista della serie e , nel tempo libero, penna del suo blog sul cinema La terra dei pochi.
1) Quando e come nasce la tua passione per il
cinema e, successivamente, quella per la regia?
In realtà c’è da dire che ho sempre avuto una
tendenza verso la settima arte ma ho cominciato dalla recitazione teatrale. La
passione per il cinema è in tutti noi, poi c’è chi ci si vuole buttare e chi
preferisce restare “spettatore”. E’ un mondo difficile ma penso che sia il
miglior modo per esprimersi
2) Quali sono i film che, a tuo parere, tutti
dovrebbero vedere?
Per me non ci sono film che si devono vedere, anche perché i
gusti variano di persona in persona e di cultura in cultura. Consiglio sempre
di vedere film intelligenti o con grandi aspettative psicologiche e di lasciar
perdere quei film che si presentano come mero atto commerciale. I film
d’autore, da cineforum o di determinati registi e sceneggiatori vanno comunque
visti ma, se si devono guardare passivamente e con pregiudizi, meglio lasciar
perdere
3) Quali sono i registi che più ti hanno
influenzato?
Di certo non posso negare la mia tendenza al diritto umano e
all’integrazione e quindi Gabriele Salvatores è, per me, il miglior regista in
assoluto in Italia e all’estero. Ogni regista poi ha le proprie qualità e
qualche spunto che si può sempre prendere da loro. Due su tutti mi influenzano
in senso negativo, ovvero “Non farò mai qualcosa come loro” e parlo di Dario
Argento e Quentin Tarantino. Per quanto la gente li stimi, io li odio
profondamente.
4) Parliamo del ruolo del regista; il suo occhio
sembra invisibile ma, quando vediamo in film, stiamo in realtà osservando la
sua visione del mondo. Quanto è importante il lavoro del regista per produrre
un film di qualità?
In realtà quasi tutto ciò che vedi è regia. Regia e
sceneggiatura sono i punti cardine di un prodotto ed la collaborazione tra le
due si può esaltare sia in modo positivo che negativo.
5) Passando a “I monologhi del destino”, è il tuo
primo lavoro come regista?
Si, primo lavoro, spero non l’ultimo
6) Uno degli scopi de “I monologhi del destino” è
portare il teatro su Youtube; teatro dove, però, il regista è assente. Quali
accorgimenti tecnici hai adattato per risolvere questo “conflitto” (sempre che
di “conflitto” si sia trattato)?
Non si tratta di un conflitto, siamo a metà tra la regia
teatrale e quella cinematografica, c’è sempre bisogno di sapersi rapportare con
gli attori e con la troupe anche se, in questo caso, la troupe era ridotta al
minimo in numeri. Gli accorgimenti tecnici sono stati solo creare determinate
inquadrature che potessero staccare violentemente, come si nota, per
enfatizzare ciò che al teatro si enfatizza con il tono e il timbro della voce e
riuscire ad adattare la visione delle riprese alle esigenze di montaggio, per
ovviare al problema delle attrezzature limitate. Per il resto il progetto era
valido di suo, con i monologhi scritti bene e linearmente.
7) Com’è stato lavorare a questo progetto e quali
sono i tuoi e i vostri progetti per il futuro?
Non saprei rispondere perché in questo progetto ho
collaborato da regista, non è un progetto mio. Non escludo che io possa
dirigere altri scritti Bologna-Autore ma, di base, si è trattato di una
collaborazione che, seppur senza una struttura gerarchica piramidale, non era
in mio possesso al 100%, giustamente. Loro fanno le proprie scelte e, di volta
in volta, se mi sarà proposto posso collaborare ma, di base, ci muoviamo ancora
su due piani diversi. Non si tratta di una troupe o di una produzione
consolidata nella collaborazione tra tre persona ma di un’idea trasformata in
prodotto,spero di qualità, per il quale sono stato interpellato. Come già
detto, mi piace collaborare con loro e mi ci trovo bene e,per il futuro,
chiunque potrebbe chiamare l’altro per eventuali collaborazioni.
Personalmente, i miei piani sono quelli di muovermi verso il cinema ( non
escludendo loro) e quindi di riuscire a produrre nell’ambito nel quale scrivo.
Cortometraggi e lungometraggi di carattere drammatico-horror-realista e di
denuncia sociale. In più, mio fermo progetto, è riportare tramite nuove
dinamiche, l’astrattismo e le avanguardie al cinema, ormai ferme da
novant’anni. Trasportare il classico libretto che segue Opera e Mostre d’arte
in libretto da cineforum per l’interpretazione di corti e medio metraggi con
messaggi nascosti.
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