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giovedì 4 giugno 2015

Intervista a Massimo Cerullo, regista de "I monologhi del destino"

Continuano su Nero d'inchiostro gli approfondimenti su "I monologhi del destino", la webserie sugli eroi e gli déi dell'antica Grecia (qui la recensione della prima puntata).
In particolare, quest'oggi conosciamo Massimo Cerullo, regista della serie e , nel tempo libero, penna del suo blog sul cinema La terra dei pochi.

1) Quando e come nasce la tua passione per il cinema e, successivamente, quella per la regia?

In realtà c’è da dire che ho sempre avuto una tendenza verso la settima arte ma ho cominciato dalla recitazione teatrale. La passione per il cinema è in tutti noi, poi c’è chi ci si vuole buttare e chi preferisce restare “spettatore”. E’ un mondo difficile ma penso che sia il miglior modo per esprimersi

2) Quali sono i film che, a tuo parere, tutti dovrebbero vedere?

Per me non ci sono film che si devono vedere, anche perché i gusti variano di persona in persona e di cultura in cultura. Consiglio sempre di vedere film intelligenti o con grandi aspettative psicologiche e di lasciar perdere quei film che si presentano come mero atto commerciale. I film d’autore, da cineforum o di determinati registi e sceneggiatori vanno comunque visti ma, se si devono guardare passivamente e con pregiudizi, meglio lasciar perdere

3) Quali sono i registi che più ti hanno influenzato?

Di certo non posso negare la mia tendenza al diritto umano e all’integrazione e quindi Gabriele Salvatores è, per me, il miglior regista in assoluto in Italia e all’estero. Ogni regista poi ha le proprie qualità e qualche spunto che si può sempre prendere da loro. Due su tutti mi influenzano in senso negativo, ovvero “Non farò mai qualcosa come loro” e parlo di Dario Argento e Quentin Tarantino. Per quanto la gente li stimi, io li odio profondamente.

4)  Parliamo del ruolo del regista; il suo occhio sembra invisibile ma, quando vediamo in film, stiamo in realtà osservando la sua visione del mondo. Quanto è importante il lavoro del regista per produrre un film di qualità?

In realtà quasi tutto ciò che vedi è regia. Regia e sceneggiatura sono i punti cardine di un prodotto ed la collaborazione tra le due si può esaltare sia in modo positivo che negativo.

5) Passando a “I monologhi del destino”, è il tuo primo lavoro come regista?

 Si, primo lavoro, spero non l’ultimo

6) Uno degli scopi de “I monologhi del destino” è portare il teatro su Youtube; teatro dove, però, il regista è assente. Quali accorgimenti tecnici hai adattato per risolvere questo “conflitto” (sempre che di “conflitto” si sia trattato)?

Non si tratta di un conflitto, siamo a metà tra la regia teatrale e quella cinematografica, c’è sempre bisogno di sapersi rapportare con gli attori e con la troupe anche se, in questo caso, la troupe era ridotta al minimo in numeri. Gli accorgimenti tecnici sono stati solo creare determinate inquadrature che potessero staccare violentemente, come si nota, per enfatizzare ciò che al teatro si enfatizza con il tono e il timbro della voce e riuscire ad adattare la visione delle riprese alle esigenze di montaggio, per ovviare al problema delle attrezzature limitate. Per il resto il progetto era valido di suo, con i monologhi scritti bene e linearmente.


7) Com’è stato lavorare a questo progetto e quali sono i tuoi e i vostri progetti per il futuro?

Non saprei rispondere perché in questo progetto ho collaborato da regista, non è un progetto mio. Non escludo che io possa dirigere altri scritti Bologna-Autore ma, di base, si è trattato di una collaborazione che, seppur senza una struttura gerarchica piramidale, non era in mio possesso al 100%, giustamente. Loro fanno le proprie scelte e, di volta in volta, se mi sarà proposto posso collaborare ma, di base, ci muoviamo ancora su due piani diversi. Non si tratta di una troupe o di una produzione consolidata nella collaborazione tra tre persona ma di un’idea trasformata in prodotto,spero di qualità, per il quale sono stato interpellato. Come già detto, mi piace collaborare con loro e mi ci trovo bene e,per il futuro, chiunque potrebbe chiamare l’altro per eventuali collaborazioni.
Personalmente, i miei piani sono quelli di muovermi verso il cinema ( non escludendo loro) e quindi di riuscire a produrre nell’ambito nel quale scrivo. Cortometraggi e lungometraggi di carattere drammatico-horror-realista e di denuncia sociale. In più, mio fermo progetto, è riportare tramite nuove dinamiche, l’astrattismo e le avanguardie al cinema, ormai ferme da novant’anni. Trasportare il classico libretto che segue Opera e Mostre d’arte in libretto da cineforum per l’interpretazione di corti e medio metraggi con messaggi nascosti.


Daniele Palmieri

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