Cerco in tutti modi di convincermi della validità del suffragio universale; "è giusto che tutti abbiano il diritto di votare", "non si può negare a una persona una libertà fondamentale come quella di esprimere la propria decisione politica" et similia.
Eppure... Facebook ti pone tutti i giorni di fronte alla cruda realtà. Persone che condividono notizie senza alcuna fonte dandole per vere soltanto perché sono state condivise da altri, persone che appagano le proprie frustrazioni represse di fronte a ulteriori notizie false di matrice razzista invocando genocidi di particolari etnie, persone che credono ciecamente a ogni boiata che leggono su Facebook soltanto perché l'hanno letta su Facebook, persone che sentono il dovere di dire la propria in merito ad argomenti che non hanno mai studiato e sui quali non hanno mai riflettuto, persone con la mente a tenuta stagna chiusa a ogni novità e a ogni tipo di dialogo costruttivo, persone che come un branco di pecore sentono il bisogno di omologarsi ad ogni costo, persone che "#jesuischarlie" o "#jesuisparis" ma che sono le prime a insultare/censurare/odiare chi non si comporta o non la pensa come loro, persone che nel giorno della memoria condividono i post lacrimosi su Auschwitz ma che se ne fregano dei genocidi e dei crimini contro l'umanità attualmente in corso.
Oggettivamente, come può questa massa di persone che infesta i social network avere la preparazione culturale necessaria per esprimere un voto consapevole? Perché questo è il discrimine principale: avere la consapevolezza di ciò che si sta facendo. Una persona che vota un politico fidandosi di ogni cosa che dice, senza verificare la veridicità e l'attendibilità delle sue parole, non sta adottando un comportamento razionale ma sta seguendo la propria pancia. E questo voto "incosciente" non è una cosa da nulla, non è la semplice condivisione di un post di Facebook: il voto di una, due, tre, 10, 100, 1000 persone che (s)ragionano in questo modo si riflette poi sulla collettività, sul futuro di un'intera nazione. Sono mine vaganti che nella loro semi-incapacità di intendere ma nella loro fin troppo sviluppata capacità di volere condannano altre persone a soffrire.
Votare è un atto delicato, come un'operazione chirurgica, non può essere lasciato al caso e al luogo comune senza pericolose conseguenze.
D'altro canto, non c'è (e non ci può essere) un discrimine oggettivo per privare delle persone del voto senza cadere nella dittatura o nell'oligarchia. Ma i problemi elencati in precedenza ci sono e non sono problemi di poco conto.
Trovare una soluzione alla questione non è semplice, poiché spesso sono le stesse persone "intelligenti" che usano le loro doti più per trarre profitto per se stesse piuttosto che per aiutare gli altri.
Credo sia fondamentale, per arginare il problema, introdurre un'adeguata preparazione civica nelle scuole, per insegnare non solo i fondamenti del funzionamento dello stato e l'importanza del voto, ma anche per diffondere la cultura dell'analisi approfondita delle fonti. Difatti, non è accettabile che un ragazzo diciottenne voti per la prima volta senza sapere: 1) quali sono gli organi dello stato e come operano; 2) come si discerne una notizia vera da una falsa.
Questi sono due pilastri imprescindibili che se vacillano compromettono l'intera struttura di una democrazia, trasformando il voto popolare in una lotteria dove vince il candidato più fortunato.
Daniele Palmieri
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