Nel 1841 fu dato alle stampe, a Parigi, un curioso testo di Eliphas Levi intitolato “Il Libro Rosso”. Si trattava di una raccolta di estratti significativi sull’occultismo, curata da un certo Ortensio Flamel, pseudonimo di un misterioso autore rimasto nell’ombra.
Come scrive Andrea Pellegrino: “Nel Libro Rosso, che nella sua versione originale è scomparso da diversi decenni e del quale esistono solo due esemplari censiti, Flamel ha tracciato un piccolo compendio di scienze occulte alla luce della filosofia di Levi, inserendovi una sua selezione di segreti ammirevoli”.
A distanza di oltre cento anni, è finalmente disponibile una nuova edizione del testo, edita da Libraio Editore e curata proprio da Andrea Pellegrino, che ne ha inoltre ampliato le pagine con altri estratti importanti delle opere di Levi, come il Dogma e rituale dell’alta magia, le Lettere Cabalistiche al Barone Spedalieri e le istruzioni di Levi per le evocazioni degli spiriti, la costruzione di talismani e la raffigurazione di pentacoli magici e, infine, le sue biografie dei principali esponenti dell’occultismo, dall’antichità al XIX secolo.
In questa nuova edizione ampliata, commentata e arricchita (anche da meravigliose illustrazioni), Il Libro Rosso è un’ottima introduzione per avvicinarsi al mondo delle cosiddette “scienze occulte”, in grado di sfiorare ogni ambito del loro dominio: dalla storia ai presupposti dottrinali, dall’alchimia, alla cabala, alla massoneria, alla magia teorica e pratica.
Partendo dai principi, la prima parte del testo offre un’ottima panoramica sulla storia e sui principi teorici alla base del pensiero magico. La vera magia, dice Levi, non è da confondersi con la superstizione; essa è la forma più profonda di conoscenza il cui scopo è quello di ricondurre l’uomo alla potenza divina:
“Se apriamo un istante il grande libro dell’umanità e vi gettiamo un colpo d’occhio, vedremo che in ogni luogo e in tutti i tempi, l’uomo ha continuamente cercato di estendere i limiti della sua potenza. E’ questo il destino o meglio la legge alla quale egli deve obbedire e che Carlo Fourier, uno dei nostri grandi filosofi, ha formulato con queste parole: Le attrazioni sono proporzionali ai destini. E poiché è così, l’uomo, emanazione della divinità, doveva dunque cercare tutti i mezzi per avvicinarvisi” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 15).
L’opera magica è un’opera di auto-realizzazione, il recupero pratico e operativo della condizione divina dell’Età dell’Oro che presuppone, appunto, un intervento attivo dell’uomo su se stesso. Ma come può avvenire questa realizzazione? Rispondere a questa domanda significa trovare il fondamento dell’intera opera magica; un segreto che era conosciuto e custodito dai più grandi sapienti dell’antichità. Pitagora, Mosé, Zoroastro, Apollonio di Tiana, saggi dalla diversa estradizione culturale ma a cui sono attribuiti sempre le stesse potenze leggendarie, le medesime opere magiche e gli stessi miracoli, quasi fossero entrati in contatto con una forza segreta, il mistero stesso della magia. Tale fondamento, secondo Levi, risiede in un’energia che scorre latente nell’anima dell’uomo:
“Ci è d’obbligo convenire con tutti i grandi filosofi che l’uomo ha un certo potere di modificare le cose per l’energia della sua virtualità personale. Si vede in effetti che, ingrandita dall’entusiasmo di una passione potentemente sovraeccitata, l’uomo trattiene e domina tutto ciò che lo circonda e cambia di conseguenza le condizioni e i rapporti abituali della vita e si può constatare che la potenza della volontà dell’uomo, portata alla sua più alta energia, cagiona dei fenomeni inesplicabili se l’uomo non ammette con i maghi, i più dotti e i più abili necromanti, che volontà dell’uomo, come la sua potenza superiore, è la sola causa e il principio essenziale di tutti i fenomeni” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 2)
La casa di un malinconico, dice Levi, riflette la sua condizione psicologica e, dunque, la sua volontà, nella disposizione degli oggetti e nella trascuratezza delle cose; è come se, con il proprio riflesso involontario, il malinconico imprimesse la propria volontà “depotenziata” nell’ambiente circostante, e le persona che entrano nell’aurea di influenza della sua bolla psicologica non possono che uscirne contagiati.
“Nella medesima serie di osservazioni” dice Levi “voi rileverete che il frequentare uomini giulivi, gioviali, voluttuosi, violenti, sobri, spirituali vi dispone e vi porta alla gioia, alla gentilezza, alla voluttà, alla violenza, alla sobrietà o alla spiritualità. Poste queste prime basi […] entreremo in un mondo immateriale la cui conoscenza approfondita costruisce la scienza occulta. Per noi la scienza psicologica non è altro che il primo gradino dell’immensa scala che l’uomo deve accingersi a salire” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, pp. 20-21).
Il mago deve essere in grado di incanalare questa energia occulta e di condensarla nella propria Volontà, per poterla controllare a proprio piacimento e poterla poi sprigionare, con azioni e parole, nei confronti della realtà circostante, ampliando così l’area di potere della sua “psicosfera”.
Quest’opera di raccoglimento delle energie si riflette nell’azione stessa del mago e nella sua preparazione. “Le scienze occulte” scrive Levi “furono in tutti i tempi appannaggio delle intelligenze privilegiate; i primi filosofi che le hanno studiate avevano compreso che era nel silenzio e nel raccoglimento, lungi dagli intrighi politici e religiosi che esse richiedevano di essere coltivate. Così i preti egiziani avevano posto alle porte dei loro santuari i grifi e le sfingi, simboli del silenzio e dell’impenetrabilità di cui i loro misteri dovevano essere avvolti” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 24).
Avevo già approfondito il tema della Volontà magica negli articoli dedicati ad Aleister Crowley e all'Idealismo Magico di Evola. La Volontà è il fondamento della magia, laddove con Volontà bisogna intendere una forza psichica intangibile e immateriale, in grado di estendere la sua aurea di influenza anche al di fuori delle pareti della mente dell’uomo, nel momento in cui quest’ultimo è in grado di concentrare dentro di sé le energie necessarie attraverso una lunga preparazione psicofisica, che passa per l’ascetismo, il silenzio, la concentrazione, la meditazione e lo studio delle principali scienze legate al mondo magico.
L’occultismo, scrive Levi in una delle lettere al Barone Spedalieri, è una “fatica di Ercole che assomiglia ad un gioco da bambini”. Requisiti fondamentali sono, allo stesso tempo, il rigore e la libertà: il rigore del metodo e dell’applicazione costante, la libertà di abbattere i pregiudizi e sondare l’inesplorato.
Ogni conoscenza ha il suo metodo, ed è dunque fondamentale applicare il metodo adatto a ciascuna forma di conoscenza; le cose che ricadono sotto il dominio dei sensi devono essere indagate secondo il metodo scientifico. Ma per Levi esiste un dominio sovrasensibile, che per sua stessa natura non può essere indagato con gli esperimenti empirici. Ed è questo il campo di indagine delle cosiddette Scienze Occulte
Le scienze da approfondire, come la cabala, l’alchimia, la divinazione, la teologia e anche la religione, permettono alla mente di abbattere le barriere dell’esperienza quotidiana e di ampliare, così, i confini ordinari della mente, che se fossilizzata esclusivamente sul mondo dei sensi rischia di atrofizzarsi e di precludersi la conoscenza del mondo sovrasensibile.
Da questo punto di vista, secondo Levi, scienza e fede non sono due principi opposti, ma due volti del Giano Bifronte che compongono l’unica testa della Sapienza. Sono due polarità complementari; la scienza è necessaria per scacciare la superstizione e arrivare ai fatti, la fede per raggiungere la certezza e cacciare lo scetticismo assoluto. L’unità dei due principi dà vita alla Sapienza, che riconosce le leggi universali soggiacenti all’intero cosmo, la cui unità testimonia l’esistenza di un unico intelletto ordinatore, “l’unità dell’intelligenza legislativa” secondo le parole di Levi.
La visione della religione da parte di Levi è degna di interesse e mostra la sua grande apertura mentale. Anzitutto, essa è vista dall’autore come una forma velata di magia; i dogmi, i riti, le credenze, le preghiere e simili non sono altro che antiche pratiche di magia nascoste e canonizzate dietro il fitto strato di simboli delle molteplice esperienze religiose.
Così, dopo uno studio attento delle diverse religioni è possibile risalire alla fonte e accorgersi che: “La verità è che la religione è una, come la umanità, come questa progressiva, e che rimane sempre la stessa, pur trasformandosi sempre” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 145).
Un concetto che anticipa di mezzo secolo i futuri studi Tradizionali e che permette di trovare le chiavi della realizzazione in ogni grande esperienza religiosa. Sempre citando le parole di Levi:
“Gesù ha detto che il lievito deve essere nascosto al fondo del vaso che contiene la pasta, per agire giorno e notte in silenzio, fino a che la fermentazione abbia impregnato a poco a poco tutto il rimpasto che deve diventare pane. Un iniziato può, dunque, con semplicità e sincerità, praticare la religione nella quale è nato, perché tutti i riti rappresentano in modo diverso un solo e stesso dogma, ma non deve aprire il fondo della sua coscienza che a Dio, e non deve rendere conto a nessuno nelle sue credenze più intime” (p. 148).
Come scrive Andrea Pellegrino: “Nel Libro Rosso, che nella sua versione originale è scomparso da diversi decenni e del quale esistono solo due esemplari censiti, Flamel ha tracciato un piccolo compendio di scienze occulte alla luce della filosofia di Levi, inserendovi una sua selezione di segreti ammirevoli”.
A distanza di oltre cento anni, è finalmente disponibile una nuova edizione del testo, edita da Libraio Editore e curata proprio da Andrea Pellegrino, che ne ha inoltre ampliato le pagine con altri estratti importanti delle opere di Levi, come il Dogma e rituale dell’alta magia, le Lettere Cabalistiche al Barone Spedalieri e le istruzioni di Levi per le evocazioni degli spiriti, la costruzione di talismani e la raffigurazione di pentacoli magici e, infine, le sue biografie dei principali esponenti dell’occultismo, dall’antichità al XIX secolo.
In questa nuova edizione ampliata, commentata e arricchita (anche da meravigliose illustrazioni), Il Libro Rosso è un’ottima introduzione per avvicinarsi al mondo delle cosiddette “scienze occulte”, in grado di sfiorare ogni ambito del loro dominio: dalla storia ai presupposti dottrinali, dall’alchimia, alla cabala, alla massoneria, alla magia teorica e pratica.
Partendo dai principi, la prima parte del testo offre un’ottima panoramica sulla storia e sui principi teorici alla base del pensiero magico. La vera magia, dice Levi, non è da confondersi con la superstizione; essa è la forma più profonda di conoscenza il cui scopo è quello di ricondurre l’uomo alla potenza divina:
“Se apriamo un istante il grande libro dell’umanità e vi gettiamo un colpo d’occhio, vedremo che in ogni luogo e in tutti i tempi, l’uomo ha continuamente cercato di estendere i limiti della sua potenza. E’ questo il destino o meglio la legge alla quale egli deve obbedire e che Carlo Fourier, uno dei nostri grandi filosofi, ha formulato con queste parole: Le attrazioni sono proporzionali ai destini. E poiché è così, l’uomo, emanazione della divinità, doveva dunque cercare tutti i mezzi per avvicinarvisi” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 15).
L’opera magica è un’opera di auto-realizzazione, il recupero pratico e operativo della condizione divina dell’Età dell’Oro che presuppone, appunto, un intervento attivo dell’uomo su se stesso. Ma come può avvenire questa realizzazione? Rispondere a questa domanda significa trovare il fondamento dell’intera opera magica; un segreto che era conosciuto e custodito dai più grandi sapienti dell’antichità. Pitagora, Mosé, Zoroastro, Apollonio di Tiana, saggi dalla diversa estradizione culturale ma a cui sono attribuiti sempre le stesse potenze leggendarie, le medesime opere magiche e gli stessi miracoli, quasi fossero entrati in contatto con una forza segreta, il mistero stesso della magia. Tale fondamento, secondo Levi, risiede in un’energia che scorre latente nell’anima dell’uomo:
“Ci è d’obbligo convenire con tutti i grandi filosofi che l’uomo ha un certo potere di modificare le cose per l’energia della sua virtualità personale. Si vede in effetti che, ingrandita dall’entusiasmo di una passione potentemente sovraeccitata, l’uomo trattiene e domina tutto ciò che lo circonda e cambia di conseguenza le condizioni e i rapporti abituali della vita e si può constatare che la potenza della volontà dell’uomo, portata alla sua più alta energia, cagiona dei fenomeni inesplicabili se l’uomo non ammette con i maghi, i più dotti e i più abili necromanti, che volontà dell’uomo, come la sua potenza superiore, è la sola causa e il principio essenziale di tutti i fenomeni” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 2)
La casa di un malinconico, dice Levi, riflette la sua condizione psicologica e, dunque, la sua volontà, nella disposizione degli oggetti e nella trascuratezza delle cose; è come se, con il proprio riflesso involontario, il malinconico imprimesse la propria volontà “depotenziata” nell’ambiente circostante, e le persona che entrano nell’aurea di influenza della sua bolla psicologica non possono che uscirne contagiati.
“Nella medesima serie di osservazioni” dice Levi “voi rileverete che il frequentare uomini giulivi, gioviali, voluttuosi, violenti, sobri, spirituali vi dispone e vi porta alla gioia, alla gentilezza, alla voluttà, alla violenza, alla sobrietà o alla spiritualità. Poste queste prime basi […] entreremo in un mondo immateriale la cui conoscenza approfondita costruisce la scienza occulta. Per noi la scienza psicologica non è altro che il primo gradino dell’immensa scala che l’uomo deve accingersi a salire” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, pp. 20-21).
Il mago deve essere in grado di incanalare questa energia occulta e di condensarla nella propria Volontà, per poterla controllare a proprio piacimento e poterla poi sprigionare, con azioni e parole, nei confronti della realtà circostante, ampliando così l’area di potere della sua “psicosfera”.
Quest’opera di raccoglimento delle energie si riflette nell’azione stessa del mago e nella sua preparazione. “Le scienze occulte” scrive Levi “furono in tutti i tempi appannaggio delle intelligenze privilegiate; i primi filosofi che le hanno studiate avevano compreso che era nel silenzio e nel raccoglimento, lungi dagli intrighi politici e religiosi che esse richiedevano di essere coltivate. Così i preti egiziani avevano posto alle porte dei loro santuari i grifi e le sfingi, simboli del silenzio e dell’impenetrabilità di cui i loro misteri dovevano essere avvolti” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 24).
Avevo già approfondito il tema della Volontà magica negli articoli dedicati ad Aleister Crowley e all'Idealismo Magico di Evola. La Volontà è il fondamento della magia, laddove con Volontà bisogna intendere una forza psichica intangibile e immateriale, in grado di estendere la sua aurea di influenza anche al di fuori delle pareti della mente dell’uomo, nel momento in cui quest’ultimo è in grado di concentrare dentro di sé le energie necessarie attraverso una lunga preparazione psicofisica, che passa per l’ascetismo, il silenzio, la concentrazione, la meditazione e lo studio delle principali scienze legate al mondo magico.
L’occultismo, scrive Levi in una delle lettere al Barone Spedalieri, è una “fatica di Ercole che assomiglia ad un gioco da bambini”. Requisiti fondamentali sono, allo stesso tempo, il rigore e la libertà: il rigore del metodo e dell’applicazione costante, la libertà di abbattere i pregiudizi e sondare l’inesplorato.
Ogni conoscenza ha il suo metodo, ed è dunque fondamentale applicare il metodo adatto a ciascuna forma di conoscenza; le cose che ricadono sotto il dominio dei sensi devono essere indagate secondo il metodo scientifico. Ma per Levi esiste un dominio sovrasensibile, che per sua stessa natura non può essere indagato con gli esperimenti empirici. Ed è questo il campo di indagine delle cosiddette Scienze Occulte
Le scienze da approfondire, come la cabala, l’alchimia, la divinazione, la teologia e anche la religione, permettono alla mente di abbattere le barriere dell’esperienza quotidiana e di ampliare, così, i confini ordinari della mente, che se fossilizzata esclusivamente sul mondo dei sensi rischia di atrofizzarsi e di precludersi la conoscenza del mondo sovrasensibile.
Da questo punto di vista, secondo Levi, scienza e fede non sono due principi opposti, ma due volti del Giano Bifronte che compongono l’unica testa della Sapienza. Sono due polarità complementari; la scienza è necessaria per scacciare la superstizione e arrivare ai fatti, la fede per raggiungere la certezza e cacciare lo scetticismo assoluto. L’unità dei due principi dà vita alla Sapienza, che riconosce le leggi universali soggiacenti all’intero cosmo, la cui unità testimonia l’esistenza di un unico intelletto ordinatore, “l’unità dell’intelligenza legislativa” secondo le parole di Levi.
La visione della religione da parte di Levi è degna di interesse e mostra la sua grande apertura mentale. Anzitutto, essa è vista dall’autore come una forma velata di magia; i dogmi, i riti, le credenze, le preghiere e simili non sono altro che antiche pratiche di magia nascoste e canonizzate dietro il fitto strato di simboli delle molteplice esperienze religiose.
Così, dopo uno studio attento delle diverse religioni è possibile risalire alla fonte e accorgersi che: “La verità è che la religione è una, come la umanità, come questa progressiva, e che rimane sempre la stessa, pur trasformandosi sempre” (Eliphas Levi, Il Libro Rosso, Libraio Editore, p. 145).
Un concetto che anticipa di mezzo secolo i futuri studi Tradizionali e che permette di trovare le chiavi della realizzazione in ogni grande esperienza religiosa. Sempre citando le parole di Levi:
“Gesù ha detto che il lievito deve essere nascosto al fondo del vaso che contiene la pasta, per agire giorno e notte in silenzio, fino a che la fermentazione abbia impregnato a poco a poco tutto il rimpasto che deve diventare pane. Un iniziato può, dunque, con semplicità e sincerità, praticare la religione nella quale è nato, perché tutti i riti rappresentano in modo diverso un solo e stesso dogma, ma non deve aprire il fondo della sua coscienza che a Dio, e non deve rendere conto a nessuno nelle sue credenze più intime” (p. 148).
Il Libro Rosso, Eliphas Levi e Ortensio Flamel, a cura di Andrea Pellegrino, Libraio Editore
Daniele Palmieri
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