Si pensa che la metafisica sia una conoscenza astrusa, lontana dal mondo, senza alcuna influenza sulla vita di ogni giorni. Eppure, fu il più grande metafisico della storia del pensiero a dar vita alla filosofia, alla scienza, alla politica, all'etica e, in generale, a ogni branca della cultura e della forma mentis occidentale così come la conosciamo oggi. Questo immenso pensatore fu Platone, la cui produzione filosofica e letteraria ebbe sulla cultura occidentale un impatto senza eguali.
E' questa la tesi di fondo de Il codice del mito. Il sogno di Platone e l'incubo dell'Occidente di Andrea Colamedici, filosofo, scrittore ed editore.
Come il mondo reale è un'ombra del mondo delle Idee, così l'Occidente è un'ombra di Platone; e così grande fu la statura del filosofo ateniese che la sua ombra si staglia ancora oggi, imponente, monumentale e sublime su ogni aspetto della nostra cultura.
Secondo Andrea Colamedici, Platone fu il demiurgo che plasmò l'anima dell'Occidente; volente o nolente siamo tutti platonici, anche quando cerchiamo di essere antiplatonici. Borges sostenne che ogni secolo si ripropone l'eterna disputa tra Platone e Aristotele; ma potremmo dire che Aristotele stesso non è altro se non un'ipostasi di Aristotele, poiché per opporsi al suo grande maestro deve necessariamente "maneggiare" linguaggio, concetti, idee, strutture filosofiche di cui Platone si servì, sviluppando così nuove prospettive ma pur sempre di matrice platonica. In questo senso, si potrebbe sostenere che ogni secolo si ripropone l'eterna disputa tra Platone e se stesso, visto che le stesse opere platoniche altro non sono che dialoghi aperti, il cui il filosofo non si limita a esporre le proprie teorie in maniera dogmatica, ma le rumina, le interroga, le mette alla prova continuamente per rilevarne le aporie, cosicché pare che non vi sia critica al pensiero di Platone che egli stesso non abbia già formulato. E questo dialogo platonico continua tutt'oggi.
Platone operò una grande summa del pensiero greco precedente, condensando e allo stesso tempo superando tutti i suoi predecessori, creando per la prima volta un sistema filosofico architettonico in grado non solo di collegare tra loro tutte le diverse conoscenze, ma addirittura di dar vita alle specifiche branche del sapere che verranno poi sviluppate nei millenni a seguire. Il tutto, paradossalmente, senza creare un sistema chiuso e rigido, ma un'incredibile macchina filosofica in continuo movimento, grazie alla forma dialogica dei suoi scritti in cui la verità non è mai fissata in formule fisse, ma è sempre celata e nascosta tra le righe dei dialoghi; o, forse, addirittura al di là di essi, come suggerisce la scuola Tubinga-Milano, che Colamedici analizza nel testo, secondo la quale il fulcro della filosofia Platonica fu affidata a dottrine non scritte. Da qui la perenne attualità del filosofo ateniese, che sembra rifiutare in qualsiasi modo di essere circoscritto e catturato nelle pagine di un manuale, ma che, scivoloso come una serpe, è sempre in grado di scappare, di restituire ai lettori sempre nuove sfaccettature.
Ma come è riuscito Platone non solo a conquistare, ma addirittura a creare lo spirito Occidentale? Secondo Colamedici, la conquista platonica è avvenuta attraverso la grande macchina del mito.
"Il mito è la narrazione del passato remoto compiuta dal passato prossimo, così che il presente possa intravedere il proprio futuro. [...] Il mito in Platone possedeva una funzione positiva, centrale, capitale; rappresentava l'unica possibilità di spiegare la vita, il culmine più autentico della metafisica. Il mito [...] serve a esplorare quei territori metafisici altrimenti irraggiungibili e impercorribili" (Andrea Colamedici, Il codice del mito, Mursia, p. 16).
Platone fu il più grande "mitografo" dell'occidente, non solo perché i suoi miti rimarranno nella memoria collettiva dei secoli a seguire, ma perché con essi fu in grado di meravigliare, istruire, sedurre ma anche condizionare la mente occidentale.
Il mito della biga alata, il mito della caverna, il mito di Er, il mito-utopia della città Ideale, sono tra i principali miti creati da Platone e qui analizzati da Colamedici, che ne ripercorre la costruzione e ne sfata alcune distorte reinterpretazioni. Dalla concezione dell'anima al suo rapporto con il corpo, dalla teoria della conoscenza a una nuova visione della vita ultraterrena e del libero arbitrio, fino a il più sublime e pericoloso Stato mai ideato, non vi è idea filosofica delineata in questi miti che non sia stata discussa, criticata, rielaborata nei secoli a venire, e tutti, almeno una volta nella vita, si sono imbattuti in essi o in una delle loro varianti.
Come evidenzia Colamedici, i miti di Platone hanno persuaso l'occidente instillandone il desiderio filosofico e allo stesso tempo indirizzandolo, persuadendolo verso certe prospettive. Ciò che noi oggi desideriamo e sogniamo, è ciò che Platone ha voluto farci desiderare e sognare. Esattamente come i legislatori del dialogo Le Leggi, che non si limitano a emanare le leggi ma devono persuadere il popolo circa la loro giustizia, il filosofo ateniese ci silenziosamente sedotto con i suoi miti, facendoci credere che quella è la direzione da seguire per andare a caccia della verità, e che quelle da lui delineate sono le verità da ricercare.
Da questo punto di vista, si può considerare Platone come il più grande esperto di marketing di tutti i tempi, se si pensa al marketing come alla capacità di instillare nel prossimo desideri di cui non era nemmeno a conoscenza.
Senza Platone non avremmo conosciuto filosofia, politica, biologia, fisica, cosmologia, metafisica, linguistica , epistemologia, etica e ogni altro sapere particolare così come lo conosciamo oggi, né saremmo stati ossessionati dall'idea di costruire immensi edifici teorici in grado di rendere conto della realtà in ogni suo aspetto. Il tutto con i suoi pro e con i suoi contro, poiché Platone fu così immenso da conciliare in sé quanto di più grande e quanto di più pericoloso la mente occidentale abbia mai partorito.
Con questa panoramica generale, ma allo stesso tempo approfondita, sul filosofo ateniese, Andrea Colamedici riesce in un compito estremamente difficile: toccare i punti salienti della filosofia platonica senza cadere nella pretesa di fissarli in teorie statiche, precise e dogmatiche, e da questo punto di vista è un testo adatto tanto a chi si approccia per la prima volta a Platone, quanto a chi pensa di essere ferrato in materia. Il codice del mito riesce infatti a mostrare tanto la grandezza quanto la pericolosità, quanto la genialità quanto la contraddizione, del più importante e influente pensatore dell'occidente, delineandone un ritratto in chiaroscuro, in cui ombra e luce si compenetrano per dar vita a una personalità filosofica complessa, a cui (purtroppo e per fortuna) dobbiamo tutto.
Come scrive Colamedici nel capitolo conclusivo del testo:
"Sono quasi sicuro che Platone abbia passato gli ultimi due millenni e mezzo a passeggiare tra i propri miti. Lo immagino curioso davanti ai paradigmi delle vite o a bordo della sua carrozza, intento a offrire avena e ambrosia ai cavalli. Me lo vedo passarsi tra le mani l'anello di Gige o assistere di nascosto all'eterno dialogo tra Theut e Thamus. Soprattutto, me lo immagino mentre si ostina a dire ai giudici dell'aldilà che lui è ben contento di essere considerato giusto e che d'altra parte lo sapeva benissimo da solo, ma che non ha nessuna intenzione di godersi i suoi mille anni di beatitudine. E' troppo legato all'umanità per perdersene le vicende per così tanto tempo. E ha lasciato troppo qui per potersene andare" (Andrea Colamedici, Il codice del mito. Il sogno di Platone e l'incubo dell'occidente, Mursia, pp. 193-194).
Daniele Palmieri
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