L'iperico può diventare l'esempio per eccellenza di come simbolo, rito, tradizione e religione possano fondersi per divenire un tutt'uno con botanica, scienza, medicina ed erboristeria. La pianta è infatti un vero e proprio crocevia di culture ed usi differenti, in cui però è possibile rilevare un continuo in cui perfino gli usi terapeutici, dimostrati scientificamente, sembrano strettamente collegati a ciò che la pianta ha sempre rappresentato da un punto di vista simbolico. Andremo ora ad analizzare, da diversi punti di vista, i miti, i riti e gli usi magici che si intrecciano in maniera indissolubile con le proprietà erboristiche dell'Erba di San Giovanni.
Già a partire dal nome, la pianta mostra la sua intrinseca connessione con il mondo invisibile. Come scrive Rossella Omicciolo Valentini ne Le erbe delle streghe nel medioevo: "Il nome iperico deriva del greco ipèr, sopra, e eicòn, immagine, dove la parola immagine vuol dire "spettro, fantasma, demone e ogni altra creatura incorporea. Lo stare al di sopra dell'immagine, quindi, indica la facoltà di dominare tutte le creature incorporee e di allontanarle dagli umani. Così, già nel nome, l'iperico è consacrato a erba cacciadiavoli, capace di respingere soprattutto gli spiriti infernali e tutte quelle creature diaboliche, comprese le streghe, che nella notte di San Giovanni invadevano le strade per recarsi al convegno annuale" (Rossella Omicciolo Valentini, Le erbe delle streghe nel medioevo, Edizioni Penne e Papiri, pp. 107-108). E, similmente, Giuseppe Chia ne L'iperico: "Etimologicamente il nome Hypericum deriva da hyper (sotto) e eikon (immagine). Linneo lo spiega con l'immagine che appare sui petali. Per altri autori il nome deriva dal verbo upereidofal (vedo oltre, mostro me stesso) come riferimento ai puntini trasparenti sulle foglie. Secondo altri autori, il nome deriva da hypo (sotto) e erikin o ereikn (erica), indicando una pianta che cresce sotto l'erica. Infine, secondo altri botanici, l'origine viene da hyper (sopra) e eikon (immagine, spettr) e significa magico, quasi al di soptra degli spettri, perché la gente credeva nelle sue misteriose proprietà erboristiche, oppure perché mette radici su vecchi monumenti" (Giuseppe Chia, L'iperico, Macro Edizioni, p. 32).
E' interessante notare come tutte le etimologie, benché contrastanti e contraddittorie, vedano però l'iperico come una pianta mediatrice tra il mondo inferiore e il mondo superiore, una sorta di portale botanico in grado di connettere l'uomo con il mondo invisibile e il significato spirituale dei raggi solari.
Come accennato in precedenza, fiorendo in concomitanza con il giorno dedicato al santo Giovanni Battista, tutt'altro che morto durante il Medioevo l'interessa per questa pianta miracolosa, essa cambiò nome e venne soprannominata Erba di San Giovanni. Sempre citando Rossella Valentini: "L'iperico è l'erba per eccellenza dedicata a San Giovanni Battista, il martire cristiano messo a baluardo delle streghe e dei demoni che affollano i cieli nella notte solstiziale. In molti paesi, danzando attorno ai falò di San Giovanni, si portavano sul capo corone di iperico, che poi o venivano gettate tra le fiamme per propiziare i raccolti e la salute del bestiame, oppure, spenti i fuochi, si lanciavano sui tetti per proteggere le case da fulmini, incendi e fatture stregonesche" (Rossella Omicciolo Valentini, Le erbe delle streghe nel medioevo, Edizioni Penne e Papiri, pp. 107-108). Immagini, quelle delle danze, dei fuochi e dei riti propiziatori che continueranno a rimanere vivi anche sotto il cristianesimo, benché non sia difficile scorgere al di sotto del velo la loro radice pagana. Non a caso, come scrive anche Giuseppe Chia, lo stesso Giovanni Battista "può essere ritenuto il più pagano dei santi e il santo più legato alla natura selvaggia" (Giuseppe Chia, L'iperico, Macro Edizioni, p. 18). Basti pensare, ad esempio, che viene rappresentato indossando pelli di cammello, stretta soltanto da una cintura di pelle, appoggiato a un bastone rudimentale, e che nei Vangeli viene descritto nutrirsi di insetti e miele selvatico, unico ristoro nella sua vita eremitica, nel deserto, al margine della società - tutte caratteristiche che lo legano all'Homo Selvaticus. Inoltre, venendo egli prima di Cristo rappresenta ancora il mondo pre-cristiano e il suo battesimo di Cristo sembra assumere, dal punto di vista simbolico, una sorta di "passaggio di consegne" tra la vecchia e la nuova religione, la quale, tuttavia, non potrà mai far meno delle sue radici.
Ma non è solo il giorno di fioritura a donarle le virtù che, nei secoli, hanno reso l'iperico l'erba solare per eccellenza. Una miriade di segnature simboliche la legano al Dio Helios.
Il fiore dell'iperico, come il Sole, si erge nel cielo grazie all'altezza del suo stelo; il suo giallo intenso ricorda la luce dell'astro così come i suoi petali, che irrompono dal centro, sembrano un riflesso cosmico dei raggi che si irradiano nel cosmo e, come vedremo a breve, le sue stesse proprietà metaforiche, simboliche ma anche fisiche sono strettamente legate a virtù solari.
Non a caso, come scrive Giuseppe Chia ne L'iperico (Macro Edizioni), la pianta è sempre stata considerata una sorta di "magazzino di energia solare", ad esempio come da autori e medici come Galeno e Paracelso. "Il fatto che l'inizio della sua fioritura coincida con l'inizio dell'estate" scrive lo studioso "ha creato nelle tradizioni di molti popoli un'associazione tra il mistico e il religioso fra le feste di inizio estate e l'iperico" (Giuseppe Chia, L'iperico, Macro Edizioni, p. 18).
Questo intrico di connessioni botaniche, religiose, simboliche è descritto, con una certa poeticità, da Wilhelm Pelikan, medico, erborista e antroposofo, nella sua immensa opera scientifico-simbolica Le piante medicinali: "E' certo che questa nobile pianta appartiene proprio al lato luminoso della vita terrestre. Le sementi germinano soltanto alla luminosità; nei luoghi oscuri, nell'umidità, possono soggiornare per anni senza produrre nulla. L'iperico o Erba di San Giovanni predilige i luoghi secchi e magri; cresce spontaneo nei campi abbandonati, lungo i bordi delle strade e dei boschi, fra i cespugli chiari, i tagli rasi, sopra i mucchi di sassi ricoperti di muschio. La sua radice è vivace e vigorosa; in primavera il suo germoglio sale verticalmente, si allarga verso l'alto a parasole, simula un po' una piramide posata sulla sua punta. Si corona di un ricco mazzo di fiori gialli, ordinati in falsa ombrella. Le foglie, piccole e serrate contro gli steli, hanno una forma ellittica-aguzza. [...] In questa pianta tutto tende verso l'alto, verso la luce. Il fiore annuncia il solstizio d'estate, il tempo di San Giovanni, e la forza totale del sole vi si incarna [...]. L'iperico, consacrato senza freni ai processi luminosi del solstizio, li ha fissati, ha depositato le loro eccedenze nel colorante rosso che secernono le sue piccole ghiande, in apparenza nerastre" (Wilhelm Pelikan, Le piante medicinali, Natura e cultura, pp. 39-41).
Conosciuta anche come erba scaccia diavoli, l'iperico veniva reputato in grado di scacciare le creature che popolavano le tenebre e gli incubi notturni, come demoni, streghe e stregoni ed è interessante notare come, anche in epoca moderna, sia utilizzata per scacciare un altro tipo di demone interiore: la depressione. Come si legge nel trattato di farmacognosia di Francesco Capasso: "All'iperico sono state attribuite proprietà ipotensive e diuretiche, ma studi più recenti concordano nel ritenere l'iperico un antidepressivo al punto da considerarlo un prozac naturale. L'azione antidepressiva è la conseguenza di una inibizione delle MAO (enzimi che catalizzano la conversione dei neurotrasmettitori in cataboliti inattivi) ed un blocco della ricaptazione di neurotrasmettitori. Questo comporta un amento dei livelli di neurotrasmettitori nello spazio sinaptico con conseguente adattamento neuronale [...]. L'efficacia dell'iperico negli stati depressivi lievi e moderati è stata riportata in diversi studi clinici. In alcuni di questi l'iperico si è mostrato efficace quanto gli antidepressivi convenzionali o addirittura superiore. L'iperico risulta invece del tutto inefficace nei casi di depressione grave" (Capasso Francesco, Farmacognosia. Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali, Springer, p. 205). Una connessione, quella tra demoni e depressione, forse non del tutto casuale, giacché da secoli il demone rappresenta la zona d'ombra, l'inquietudine interiore, la personificazione di paure e malattie e, non per nulla, Aleister Crowley sostiene, sia nella sua prefazione al Lemegeton sia ne Il Testamento di Magdalen Blair, che i demoni non siano altro che porzioni del cervello umano o entità simboliche evocate dai tormenti delle malattie interiori.
Ma questo non è l'unico utilizzo dell'iperico a legarlo simbolicamente al Sole. Fin dall'antichità l'iperico veniva utilizzato come olio o unguento sulla pelle per curare le scottature causate dai raggi solari - ma, allo stesso tempo, un sovradosaggio dell'iperico può causare una ipersensibilità ai raggi solari. E' interessante notare, dunque, come anche questa controindicazione sia strettamente legata alla connessione con il Sole che, negli animali da pascolo con il mantello o il pelo chiaro, può addirittura causare gravi danni cutanei o addirittura la morte nel caso di intossicazione - causando, quest'ultima, una eccessiva fotosensibilità che, a sua volta, provoca nell'animale fenomeno dell'ipericismo con la comparsa, sulla pelle, di bolle, piaghe e ustioni.
Rispetto ad altre "erbe magiche" utilizzate nell'antichità, come, ad esempio, la mandragora, l'iperico è piuttosto comune e semplice da trovare; esso popola i prati soleggiati, i ruderi, i bordi delle strade. Da qui l'ampia diffusione che ebbe sia in medicina sia nel folklore popolare - anche se, paradossalmente, a fronte della sua funzione "scaccia diavoli" e "scaccia streghe", molte donne furono viste con sospetto tra il 1500 e il 1600 per essersi recate nei campi a raccogliere tale erbe nel giorno di San Giovanni e non è raro imbattersi in processi inquisitoriali in cui, tra i capi di accusa, vi era proprio l'essersi recati nei campi, nel Giorno di San Giovanni, a raccogliere erbe utilizzate per "stregherie". Questa contraddittorietà potrebbe lasciare interdetti ma si ricordi che il mito, come il sacro, è sempre duplice e, benché l'Erba di San Giovanni fosse ritenuta in grado di cacciare le streghe, la stessa leggenda delle tregende e dei sabba nelle notte di San Giovanni nacque, paradossalmente, dalla grande quantità di uomini e donne dediti a raccogliere fiori di iperico, nel bosco e nei campi, per gli scopi più disparati.
Daniele Palmieri
Davvero molto interessante la storia di questa pianta!
RispondiEliminaGrazie per averla proposta.