lunedì 28 dicembre 2015

Una città senza automobili: riflessioni sul blocco delle auto a Milano

Il blocco totale delle auto a Milano, un'occasione per vedere un diverso volto della città


Milano con il blocco totale delle auto.
Silenzio, pace e tranquillità. La mobilità in bici è più efficiente almeno del doppio; niente stress, niente traffico, niente clacson, niente tubi di scappamento. Alcune persone si lamentano dicendo che tre giorni di blocco son troppi; io mi lamento perché sono troppo pochi.
Altre si lamentano perché dicono che il blocco delle auto non serve a nulla; ma è davvero così?
Io mi lamento perché la gente non dovrebbe lamentarsi ma approfittarne per prendere la bici per scoprire una città che ha molto da dare e che in giorni come questi ha un volto ancora più splendido.
Capisco le esigenze delle persone che lavorano, soprattutto di quelle che abitano in provincia, in paesi con collegamenti pubblici molto scarsi se non del tutto carenti. Ma non posso credere che il 100% dei lavoratori di Milano si trovi in queste condizioni e non posso giustificare le persone che ritengono l'automobile l'unico mezzo per recarsi al lavoro ma che non fanno nulla né per trovare alternative né per far sì che le cose cambino. Così come non giustifico i residenti che lavorano in città ma che scelgono comunque l'automobile per muoversi.
In questo modo si entra in un circolo vizioso; tutte le persone usano l'automobile e non si sente l'esigenza di creare nuove infrastrutture per permettergli di muoversi diversamente. E parlo sia di nuovo mezzi pubblici sia di piste ciclabili sicure per muoversi in bicicletta (veicolo snobbato da molti, ma ho già parlato in questo articolo dell'efficienza della bicicletta in un raggio di 20 km).
In questo caso però non voglio prendere in considerazione la situazione dei paesi di provincia, ma voglio concentrarmi soltanto sulla città di Milano, per parlarvi della città senza automobili che oggi ho potuto vedere e vivere, partendo da qui per allargare la prospettiva.
Difatti, mi sono bastate soltanto poche ore in bicicletta in giro per le strade deserte per rendermi conto di tutti gli aspetti positivi di una città in cui si vieta la circolazione di veicoli a motore (eccezion fatta per taxi e mezzi pubblici).


Blocco auto a Milano
Punto primo: Meno smog. E' l'aspetto più importante, che ha a che fare con la nostra salute. E' vero, tre giorni di blocco delle auto non servono di certo ad abbassare il livello delle polveri sottili e a migliorare la situazione; ma una settimana, un mese, uno , dieci, vent'anni di blocco delle auto nelle grandi città? Pensate al traffico urbano, ai centinaia di tubi di scappamento che quotidianamente immettono nell'atmosfera polveri sottili per trecentosessantacinque giorni l'anno; tre giorni non fanno la differenza, ed è per questo che bisogna pensare a provvedimenti a lungo termine e non limitarsi a mettere pezze quando l'inquinamento atmosferico raggiunge livelli drastici.
Inoltre, liberare le strade permetterebbe di ampliare gli spazi verdi a disposizione dei cittadini, altro fattore molto importante per migliorare la qualità dell'aria.

Blocco auto a Milano
Punto secondo: Maggiore efficienza dei mezzi pubblici di superficie.
Molte persone usano l'automobile perché ritengono i mezzi pubblici inaffidabili, soprattutto sotto l'aspetto della puntualità. Ma parlando soltanto dei mezzi pubblici di superficie presenti in città, autobus, filobus e tram, si può notare come una delle cause principale dei ritardi sia proprio il traffico causato da chi sceglie di muoversi in automobile. Se non ci fosse il traffico urbano i mezzi di pubblici non correrebbero più il rischio di rimanere imbottigliati e sarebbero molto più veloci ed efficienti. Inoltre, a fronte di un maggiore utilizzo da parte dei cittadini aumenterebbero i fondi da investire in queste reti di trasporto.



Blocco auto a Milano
Punto terzo: Maggiore efficienza della mobilità in bicicletta.
In tanti considerano la bici un semplice veicolo di intrattenimento, con il quale fare la scampagnata domenicale in primavera. In pochi sanno che c'è un traffico silenzioso di ciclisti che si muovono in bici in città per studio e per lavoro. Io lo chiamo "traffico parallelo" e lo vedo ogni volta che mi muovo in città sulle due ruote a pedali. Anche questo tipo di traffico è soggetto a "ingorghi" causati, guarda caso, dal traffico automobilistico. Difatti, in assenza di piste ciclabili noi ciclisti siamo costretti a muoverci in strada, e in quelle vie dove il traffico è denso, così come il numero di macchine parcheggiate, si creano degli ingorghi causati dal poco spazio a nostra disposizione. A meno che non siamo intenzionati a fare strage di specchietti, o se non vogliamo finire schiacciati tra un'automobile in movimento e una parcheggiata, siamo costretti a rallentare di fronte a queste situazioni "a imbuto".
Inutile dire che senza il traffico urbano la viabilità in bici è decisamente maggiore; oggi stesso ho avuto la possibilità di constatarlo con una rilevazione empirica. Cologno Monzese - Milano Centro, circa 14 km che mediamente percorro in 45/50 minuti; senza automobili ne ho impiegati 30 e mi sono potuto muovere liberamente per tutta la città, provando una sensazione di libertà indescrivibile.


Blocco auto a Milano
Punto quarto: Maggiore sicurezza.
Bandire la circolazione delle auto nei grandi centri urbani significherebbe maggiore sicurezza per i pedoni, per i ciclisti e per gli automobilisti stessi. Milano, per fortuna, è una delle città italiane con il minor numero di incidenti stradali, ma è chiaro che questi numeri del 2013 e del 2014 presentati dall'Istat calerebbero drasticamente. Inoltre, se Milano è un'eccellenza, non si può dire lo stesso di molte altre città italiane, dato che nell'ultimo anno si è visto un incremento del 5,4% delle vittime di incidenti stradali nelle metropoli (fonte).


Blocco auto a Milano
Punto quinto: Meno stress.
Il traffico, il trambusto dei clacson e dei tubi di scappamento, gli incidenti evitati per un soffio, i parcheggi introvabili, le manovre sporche degli automobilisti poco prudenti, sono tutti elementi che contribuiscono a stressare sia i guidatori sia ciclisti e pedoni.
Potrebbe sembrare un elemento da poco, ma lo stress è un fattore che incide molto sulla nostra salute psicofisica
Come ho accennato a inizio articolo, la Milano senza automobili che ho potuto vivere oggi era una Milano completamente diversa; il silenzio, la quiete quasi assoluta che si respirava per le strade infondeva un senso di tranquillità e benessere che raramente si riesce a vivere tra il caotico traffico quotidiano.


Blocco auto a Milano
Punto sesto: Conoscenza più approfondita della città e aumento dei consumi.
Da quando mi muovo a Milano con i mezzi pubblici, ma soprattutto in bicicletta, ho sviluppato un rapporto più stretto con la città. Un rapporto diretto, che non potrebbe mai svilupparsi da dietro i muri di vetro dell'automobile. Un conto è doversi muovere in città guidando ed essendo costretti a mantenere una concentrazione costante sulla strada, un altro conto è avere la possibilità di osservare il paesaggio intorno a noi dal finestrino di un mezzo pubblico o, ancora meglio, dal sellino di una bicicletta. Pedalando per le vie di Milano ho imparato a conoscere questa città magnifica, ho scoperto angoli nascosti e musei di cui ignoravo l'esistenza, ma soprattutto nuovi negozi, diversi dalle solite grandi catene del centro. Sì, perché questo è un altro grande mito da sfatare: "con il blocco delle auto si riducono i consumi". E' una gran baggianata, basta fare ricorso all'esperienza personale per rendersene conto. Se si prende l'automobile si passa davanti a una serie di negozi che non degniamo nemmeno di uno sguardo. Inoltre, quando si guida in città difficilmente ci si ferma appositamente per visitare un negozio, a meno che quella non fosse già la destinazione di partenza, al contrario di quello che avviene quando ci si muove a piedi o in bicicletta, senza il problema di dover trovare un introvabile parcheggio vicino.


Blocco auto a Milano
Punto settimo: La bellezza.
Se avete guardato con attenzione gli scatti che accompagnavano i punti elencati in precedenza vi sarete accorti di un particolare non da poco: una città senza auto per le strade è dannatamente bella.
Il fattore estetico potrebbe sembrare secondario, ma non lo è affatto. 
L'Italia è uno dei paesi più belli del mondo; siamo la patria dell'arte e della bellezza, ma facciamo di tutto per non valorizzarla. Il traffico urbano è esteticamente orribile, oltre a essere un elemento di disturbo, e non permette alle persone di godersi il vero volto della città, e spesso lo sfregia con l'inquinamento (basti pensare al colore grigiastro del Duomo prima che venisse restaurato). La bellezza estetica di una città senza traffico sarebbe inoltre un richiamo irresistibile per i turisti, nonché un elemento che incrementerebbe il grado di benessere degli abitanti.

Questi sono i principali aspetti positivi del proibire la circolazione delle auto nei grandi centri urbani.
Potrebbero venire in mente una serie di problematiche, soprattutto per i residenti proprietari di un'automobile, che si troverebbero impossibilitati a usarla. A fronte di ciò si dovrebbero porre delle limitazioni al blocco delle auto, permettendo l'utilizzo soltanto ai residenti, ma credo che proprio loro dovrebbero essere i primi ad adottare un diversa mobilità, approfittando dei mezzi pubblici disponibili e delle biciclette. 
Una città senza automobili potrebbe sembrare un'utopia, ma non è così. E' un'idea concreta, realizzabile e necessaria per ridurre la drastica situazione dell'inquinamento ambientale. Solo alle persone troppo pigre per cambiare il proprio stile di vita tutto questo può sembrare irrealizzabile; ma, come ho già scritto in un altro articolo, la pigrizia sta lentamente uccidendo il pianeta, e noi con lui.

Daniele Palmieri

lunedì 21 dicembre 2015

Cattolicesimo in Italia ovvero: la religione del luogo comune


C'è un motivo per cui il Cattolicesimo è la religione più diffusa in Italia, al di là delle diverse peripezie storiche.
Il Cattolicesimo (nella sua declinazione volgare, s'intende) è la religione adottata dagli italiani perché non richiede alcuno sforzo, né intellettuale né spirituale né fisico. Non a caso, chiedendo a quell'86% di cattolici che vivono in italia se credono, la maggior parte delle volte si sentirà dire: "sì, ma non pratico" oppure "sì, ma a modo mio":
Perché questo è il Cattolicesimo in Italia: la religione del luogo comune e del lavaggio della coscienza.
Mentre l'Islam, l'Ebraismo, il Buddhismo e l'Induismo prescrivono determinati stili di vita e di culto, con regole e privazioni da seguire (e che, generalmente, vengono seguite con severità dai fedeli) il Cattolicesimo, benché dotato di un proprio catechismo, lungi dall'applicarlo concretamente lo lascia in balia della casistica. La messa domenicale è frequentata giusto da qualche anziano fedele, in chiesa ci si reca solo per chiedere al Signore un guadagno personale, per il resto della giornata ci si comporta come comanda il proprio istinto, salvo poi lavarsi la coscienza con la confessione - tre ave maria, quattro pater noster ed è tutto a posto. Il Nuovo Testamento, in teoria il Testo Sacro da conoscere alla lettera, è un mero ornamento sul comodino, con la copertina ricoperta dalla polvere e le pagine ancora nuove (e non aggiungo anche il Vecchio, altrimenti la mole del libro paventata sarebbe troppo spaventosa).
Le restanti cerimonie sacre e festività sono soltanto macchiette ormai perpetrate per abitudine o perché conquistate dallo sfrenato consumismo; battesimo, catechismo, cresima, matrimonio in chiesa, passaggi di vita fossilizzati dalla tradizione, a tal punto che pochi cattolici ne conosco il reale significato, ma li perpetrano o per non deludere la famiglia o per appioppare a qualcuno i propri figli al pomeriggio (nel caso del catechismo).
Per non parlare delle festività come il Natale e la Pasqua, ridotte a mere campagne consumistiche per vendere regali, uova di pasqua e lasciare la mancetta alla chiesa o al parroco che deambula per il paese benedicendo casa per casa.
Per il resto della sua vita quotidiana, il Cattolico si comporta esattamente da "persona comune", spesso infrangendo l'unico comandamento dato da Cristo, "ama il prossimo tuo come te stesso", e ridimensionandolo in base alle proprie esigenze, ossia amando soltanto il prossimo che sente proprio simile. 
Difatti, soltanto in alcune occasioni lo spirito del cattolico medio si risveglia, quasi il "fedele" si ricordasse all'improvviso della propria confessione religiosa. Solitamente quando deve difendere il presepe, i canti di natale e il crocifisso nelle scuole, quando deve combattere per l'Italia contro "l'invasione" degli stranieri e quando vuole proibire agli omosessuali di sposarsi e avere una famiglia, tutto in nome di una "Cultura" che nemmeno conosce.
Guarda caso, tutte occasioni in cui vuole far prevaricare la propria morale del luogo comune sulla vita altrui.

Daniele Palmieri

giovedì 17 dicembre 2015

Ripensare la mobilità

Pigrizia e mobilità: come la comodità sta distruggendo il pianeta


Ha fatto molto discutere in questi giorni il blocco del traffico a Milano (ormai revocato) e quello a Roma, ancora attivo.
Premetto che sono consapevole che un semplice blocco del traffico non serva a nulla per migliorare la situazione ambientale; non è fermando la circolazione per due/tre giorni che si risolve il problema dello smog, la cui cappa si crea in mesi e mesi di continui inquinamento.
Tuttavia, credo che misure come queste debbano servire per meditare sugli effetti della nostra mobilità, che da 50/60 anni a questa parte sta avendo effetti devastanti sulla salute del pianeta.
Si è concluso poco tempo fa il vertice sul clima di Parigi, che rispetto al altre facezie di cui si discute quotidianamente è passato in sordina, nonostante da quel vertice dipenderanno le sorti dell'intera umanità (e non è mero catastrofismo, è un dato scientifico; per chi voglia approfondire, consiglio questo articolo); ciò la dice lunga sul menefreghismo comune in merito a una questione d'importanza vitale.
Se pensiamo soltanto al nostro piccolo, i dati sono davvero disastrosi; l'Italia è al primo posto tra i paesi UE per le morti premature a causa dell'inquinamento ambientale (vedere qui). Lo smog a Milano è da 25 giorni superiore ai limite di legge (qui) e, in tutto ciò, le persone ancora se ne fregano di tutto e continuano a lamentarsi pensando ai piccoli problemi del presente senza meditare ai grandi problemi che arriveranno in futuro, se non ci decideremo a cambiare atteggiamento (a dirla tutta, problemi che già ora ci stanno colpendo, basti rileggersi i dati citati in precedenza e il riscaldamento globale che ormai è una terribile realtà).
A fronte di tutto ciò, credo che sia necessario ripensare la mobilità. Le proposte che muovo sono inevitabilmente riguardanti la città di Milano, quella in cui mi sposto quasi quotidianamente e quella che "vivo" da studente e lavoratore.
Per chi abita in città e dintorni, andare a studiare o lavorare a Milano in macchina altro non è se non una questione di pigrizia.
Tutto sommato, la rete di trasporti pubblici è ramificata ed efficiente, sia quella sotterranea sia quella stradale, rete che riesce a collegare tutti i punti della città.
Ma per come vorrei ripensare il concetto di mobilità, la mia proposta è ancora più radicale: la bicicletta. Usare i mezzi pubblici è sempre preferibile rispetto all'usare la propria automobile, ma è pur sempre un rimandare il problema; l'energia che usano è pur sempre derivata da combustibili fossili. La bicicletta, ad ora, è il mezzo di trasporto più efficienti in termine di mobilità ed emissioni.
Con un allenamento discreto (e non certo professionistico) è possibile raggiungere distanze elevate in un buon margine di tempo, senza alcuna emissione dannosa.
Non parlo per partito preso ma per esperienza personale; abito a Cologno Monzese ma studio e lavoro (part time) a Milano; tra il mio paese e il centro ci sono circa 15 km, che copro esattamente in 45/50 minuti di tempo. Se sommo i dieci minuti a piedi per arrivare al capolinea di Cologno Nord, i dieci minuti di tempo per arrivare dalla fermata di Duomo alla Statale in Festa del perdono ai 30 minuti di percorso metropolitano, andare in bici e andare in metropolitana richiede esattamente lo stesso tempo. Oltre a non inquinare, risparmio sul biglietto della metro e, una volta in città, ho una mobilità assoluta, svincolata dai mezzi pubblici.
Oltre all'aspetto ambientale, c'è anche quello personale; il lavoro aerobico (come quello che permette di svolgere una buon biciclettata) permette la prevenzione di malattie cardiovascolari (qui) ed è essenziale per mantenersi in forma.
Quando gli si paventa la possibilità di andare al lavoro in bicicletta, spesso le persone si lamentano dicendo che non hanno tempo da perdere per muoversi in questo modo. In realtà, come detto in precedenza, in un raggio di 15/20 km, a una velocità media di 20 km/h, il discrimine tra il muoversi in bicicletta e in automobile/mezzo pubblico non è molto elevato. Inoltre, l'aspetto ancor più paradossale è che queste stesse persone, la sera, si fanno altri 10 minuti di macchina per chiudersi per un'ora in una palestra (pagando quindi altra benzina e un altro abbonamento) per fare... la cyclette! Andando in bicicletta si risparmia quell'ora di tempo che si dedicherebbe, al rientro dal lavoro, alla palestra, poiché l'andare al lavoro diventa così un'ottima opportunità per mantenersi in forma (senza mettere mano al portafoglio).
E' chiaro che per muoversi in bicicletta occorre un requisito essenziale: le piste ciclabili. Purtroppo in Italia sono male ramificate; per fortuna, per quanto riguarda Cologno e le zone limitrofe, c'è una rete di piste ciclabili ben ramificata, ma so che non è così in molte altre zone d'Italia.
Se la strada da percorrere non è eccessivamente pericolosa, la bicicletta resta comunque un ottimo mezzo; se le piste ciclabili sono invece assenti, limitarsi a prendere la macchina senza dire nulla significa non avere la volontà di cambiare le cose. Se non ci sono piste ciclabili significa che la popolazione non ha interesse a far sì che vengano costruite, e finché (in massa) non ci si lamenterà dell'assenza, le cose resteranno come sono.
Finisco le mie brevi considerazioni spendendo un ultimo elogio della bicicletta; anche in inverno, se non piove o non nevica, nonostante il freddo, preferisco pedalare che chiudermi nei sotterranei della metropolitana. All'arrivo (o al rientro) mi sento molto più felice, più in forma e meno frustrato dallo stress derivante dal caos dei mezzi pubblici. Pedalare richiede una certa fatica, quello è indubitabile; ma credo che la nostra società sta collassando sotto il peso della pigrizia. Facciamo sempre in modo di evitare ogni sforzo, cerchiamo prima di ogni cosa la comodità. Ma la comodità dei sedili delle automobili finirà per ucciderci; distruggerà prima l'ambiente in cui viviamo e poi noi, troppo pigri per cambiare le cose.

Daniele Palmieri

p.s.

Nella foto, la mia amata/odiata (quando foro o si scassa) bicicletta.

giovedì 3 dicembre 2015

Il suffragio universale sta fallendo?

Cerco in tutti modi di convincermi della validità del suffragio universale; "è giusto che tutti abbiano il diritto di votare", "non si può negare a una persona una libertà fondamentale come quella di esprimere la propria decisione politica" et similia.
Eppure... Facebook ti pone tutti i giorni di fronte alla cruda realtà. Persone che condividono notizie senza alcuna fonte dandole per vere soltanto perché sono state condivise da altri, persone che appagano le proprie frustrazioni represse di fronte a ulteriori notizie false di matrice razzista invocando genocidi di particolari etnie, persone che credono ciecamente a ogni boiata che leggono su Facebook soltanto perché l'hanno letta su Facebook, persone che sentono il dovere di dire la propria in merito ad argomenti che non hanno mai studiato e sui quali non hanno mai riflettuto, persone con la mente a tenuta stagna chiusa a ogni novità e a ogni tipo di dialogo costruttivo, persone che come un branco di pecore sentono il bisogno di omologarsi ad ogni costo, persone che "‪#‎jesuischarlie‬" o "‪#‎jesuisparis‬" ma che sono le prime a insultare/censurare/odiare chi non si comporta o non la pensa come loro, persone che nel giorno della memoria condividono i post lacrimosi su Auschwitz ma che se ne fregano dei genocidi e dei crimini contro l'umanità attualmente in corso.
Oggettivamente, come può questa massa di persone che infesta i social network avere la preparazione culturale necessaria per esprimere un voto consapevole? Perché questo è il discrimine principale: avere la consapevolezza di ciò che si sta facendo. Una persona che vota un politico fidandosi di ogni cosa che dice, senza verificare la veridicità e l'attendibilità delle sue parole, non sta adottando un comportamento razionale ma sta seguendo la propria pancia. E questo voto "incosciente" non è una cosa da nulla, non è la semplice condivisione di un post di Facebook: il voto di una, due, tre, 10, 100, 1000 persone che (s)ragionano in questo modo si riflette poi sulla collettività, sul futuro di un'intera nazione. Sono mine vaganti che nella loro semi-incapacità di intendere ma nella loro fin troppo sviluppata capacità di volere condannano altre persone a soffrire.
Votare è un atto delicato, come un'operazione chirurgica, non può essere lasciato al caso e al luogo comune senza pericolose conseguenze.
D'altro canto, non c'è (e non ci può essere) un discrimine oggettivo per privare delle persone del voto senza cadere nella dittatura o nell'oligarchia. Ma i problemi elencati in precedenza ci sono e non sono problemi di poco conto.

Trovare una soluzione alla questione non è semplice, poiché spesso sono le stesse persone "intelligenti" che usano le loro doti più per trarre profitto per se stesse piuttosto che per aiutare gli altri.
Credo sia fondamentale, per arginare il problema, introdurre un'adeguata preparazione civica nelle scuole, per insegnare non solo i fondamenti del funzionamento dello stato e l'importanza del voto, ma anche per diffondere la cultura dell'analisi approfondita delle fonti. Difatti, non è accettabile che un ragazzo diciottenne voti per la prima volta senza sapere: 1) quali sono gli organi dello stato e come operano; 2) come si discerne una notizia vera da una falsa.
Questi sono due pilastri imprescindibili che se vacillano compromettono l'intera struttura di una democrazia, trasformando il voto popolare in una lotteria dove vince il candidato più fortunato.

Daniele Palmieri

mercoledì 2 dicembre 2015

Moschee e libertà di culto


Le persone che sono contro la costruzione delle moschee perché equiparano l'Islam al terrorismo non hanno chiari due semplici concetti:

1) In Italia c'è libertà di culto; ciò significa che i grandi gruppi religiosi devono avere un luogo "istituzionale" di ritrovo per poter praticare la propria religione in libertà.
2) Impedire la costruzione di moschee significa costringere le persone ad aggregarsi nelle molto diffuse "moschee abusive", luoghi di aggregazione e di culto impro...vvisati (spesso in case private e nelle periferie) che, volendo vedere, sono molto più difficili da controllare e monitorare per evitare l'insorgere di sottogruppi fanatici.


Di conseguenza, non solo impedire la costruzione di Moschee è un vincolo alla libertà altrui, ma è controproducente per fermare il fanatismo religioso. Anzi, crea il terreno fertile per farlo nascere.
 
Daniele Palmieri