In Occidente, l'utilizzo visionario dell'Amanita Muscaria fu riscoperto soltanto in quella che Samorini chiama la fase pre-sovietica, quando cominciarono a filtrare le prime informazioni di quelle terre lontane dai diari dei viaggiatori o dei prigionieiri di guerra che entrarono in contatto con le popolazioni autoctone, che ancora tramandavano usi e riti antichi di secoli tra cui, appunto, l'utilizzo visionario dell'Amanita Muscaria, mangiata essiccata, sotto forma di bevanda inebriante o, addirittura, assunta per via indiretta attraverso l'urina delle renne o di sciamani che si erano precedentemente cibati delle cappelle di Amanita. Il principio attivo del fungo, infatti, possiede la peculiarità di rendere psicoattiva anche l'urina, addirittura in diversi cicli di ingestione ed espulsione, e secondo le tradizioni locali l'urina della renna o dello sciamano era perfino più potente del fungo ingerito.
martedì 20 settembre 2022
Amanita Muscaria. Etnografia di un fungo allucinogeno, Giorgio Samorini
In Occidente, l'utilizzo visionario dell'Amanita Muscaria fu riscoperto soltanto in quella che Samorini chiama la fase pre-sovietica, quando cominciarono a filtrare le prime informazioni di quelle terre lontane dai diari dei viaggiatori o dei prigionieiri di guerra che entrarono in contatto con le popolazioni autoctone, che ancora tramandavano usi e riti antichi di secoli tra cui, appunto, l'utilizzo visionario dell'Amanita Muscaria, mangiata essiccata, sotto forma di bevanda inebriante o, addirittura, assunta per via indiretta attraverso l'urina delle renne o di sciamani che si erano precedentemente cibati delle cappelle di Amanita. Il principio attivo del fungo, infatti, possiede la peculiarità di rendere psicoattiva anche l'urina, addirittura in diversi cicli di ingestione ed espulsione, e secondo le tradizioni locali l'urina della renna o dello sciamano era perfino più potente del fungo ingerito.
sabato 12 febbraio 2022
Rudolf Steiner: I Sei Esercizi per lo sviluppo dell'anima
Proseguiamo l'approfondimento del pensiero di Rudolf Steiner con questo terzo articolo, che va a completare Introduzione alla lettura di Rudolf Steiner e Rudolf Steiner e La Soglia del Mondo Spirituale.
In entrambi gli articoli abbiamo parlato dell'approccio esperienziale al sovrasensibile tracciato da Rudolf Steiner. Un approccio che lo pone a metà strada tra il mistico e lo scienziato. La sua idea, infatti, era quella di applicare il metodo della scienza sperimentale al mondo sovrasensibile, senza abbandonarsi a esso in preda all'estasi ma cercando di mantenere il controllo della coscienza per poter esplorare e analizzare le visioni e coglierne il loro profondo significato. Un approccio che, come potete immaginare, attirò critiche da entrambi i fronti. Da quello scientifico, per ovvi motivi epistemologici, ma anche da quello esoterico e spirituale. A dir poco spietati, nei suoi confronti, furono Guenon ed Evola, ma anche un altro autore in bilico tra mondo scientifico e mondo spirituale come Gustav Jung, che nelle sue opere non riusciva a vedere altro che visioni personali senza alcuna "profondità archetipica".
Pur non condividendo le derive visionarie di molte opere di Steiner, ritengo tuttavia che il suo pensiero abbia qualcosa di misterioso e affascinante e che la sua esperienza spirituale, al pari di quella di uno Swedenborg, sia da studiare e da comprendere proprio per la sua eccentricità.
Ciò che lo contraddistingue da altri autori simili, come Jakob Lorber, è il voler condividere come egli sia stato in grado di poter accedere a queste visioni. Le opere scritte di suo pugno sono testi essenzialmente pratici. Essi vogliono spiegare al lettore come immergersi in questi reami sovrasensibili. Da questo punto di vista, una agile introduzione è un breve libello redatto raccogliendo i molti cenni che lo stesso Steiner, in molte sue opere, fa in riferimento a Sei Esercizi Spirituali fondamentali per schiudere la Soglia del Mondo Spirituale. Questi esercizi, secondo l'autore, non hanno il compito di creare nuove forze ma di sviluppare quelle già esistenti nell'animo umano, poiché "da sole esse non si sviluppano, poiché trovano impedimenti interni ed esterni. Quelli esterni vengono rimossi con le regole di vita indicate qui; quelli interni grazie a particolari indicazioni sulla meditazione e la concentrazione" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, Editrice Antroposofica, p. 13).
In ordine progressivo, questi sei esercizi devono essere svolti per il periodo di un mese e sono così suddivisi:
1) L'esercizio del pensiero. "La prima condizione è l'acquisizione di un pensiero perfettamente chiaro. A tale scopo, sia pure per breve tempo, anche solo per cinque minuti al giorno, ci si deve rendere liberi dal confuso vagare dei pensieri. Bisogna divenire padroni del proprio mondo di pensiero. Non se ne è padroni se le condizioni esterne [...] determinano un nostro pensiero e il modo in cui si sviluppa" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, pp. 14-15). Un esercizio comune a molte scuole religiose, spirituali, filosofiche ed esoteriche, che consente alla coscienza di alienarsi dal mondo materiale per raccogliersi in se stessa e riscoprire ciò che ha davvero valore, in questa dimensione lontana dove non penetra il brusio della vita quotidiana che, quotidianamente, ci trascina verso il basso. Una sorta di "digiuno dell'anima", al quale, in seguito, deve subentrare la capacità di concentrarsi su un unico pensiero, a nostra scelta, senza mai distogliere lo sguardo interiore. Questo esercizio permette di sviluppare la "volontà del pensare", che consente all'animo di riprendere dominio sulla sua facoltà più importante. L'esercizio deve essere concluso pensando di riversare il pensiero dal capo alla linea mediana della schiena.
2) L'esercizio della iniziativa all'azione. "Si cerchi di immaginare un'azione qualsiasi che di certo non si compirebbe secondo le consuete abitudini di vita. Si trasformi questa azione i un dovere quotidiano" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, p. 15). Questo esercizio permette di espandere la volontà del pensiero sul corpo e, soprattutto, di infrangere gli automatismi che ci portano ad agire sempre nello stesso modo. Esso è in grado, allo stesso tempo, di rivelare la natura abitudinaria e automatica delle nostre azioni, ma anche di infrangerla con il potere della consapevolezza. Trascorsi un po' di giorni, occorre aggiungere una seconda azione alla prima, e poi una terza e così via, propria per evitare che subentri un nuovo automatismo e per abituare l'anima e il corpo a esperienze sempre nuove. Il tutto senza abbandonare il primo esercizio.
3) L'esercizio della superiorità nei confronti delle emozioni. "Si badi a non farsi trascinare da una gioia, o abbattere da un dolore, a non farsi trasportare dall'ira o alla collera smisurata da alcuna esperienza, a non farsi riempire d'angoscia o di paura da nessuna attesa, che nessuna situazione ti sconvolga e così via" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, p. 16). Questo esercizio non deve sfociare nell'aridità ma, oltre a estendere il dominio della volontà sulle emozioni, consente di veder sorgere nuovi sentimenti, purificati da un'anima non più in balìa degli eventi esterni ma che, al contrario, è in grado di gestire in maniera consapevole i propri moti interiori. Il sentimento che sorge deve essere irradiato in tutto il corpo, dalla testa ai piedi e almeno una volta al giorno si dovrà meditare su questa quiete interiore, come davanti a uno specchio.
4) L'esercizio della positività. "Consiste nel cercare ciò che vi è di buono, di eccellente, di bello, in tutte le esperienze, le entità e le cose" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, p. 16). Il mondo spirituale è un reame totalmente alieno rispetto al mondo materiale. Così, bisogna imparare a scorgere nel reale ciò che non si era mai stati in grado di notare prima, per sviluppare la capacità di stupirsi e, soprattutto, per riuscire a trovare la Soglia nascosta al mondo dello spirito. Esso inoltre permette di non farsi trascinare dalle catene della critica continua e di liberarsi dagli eccessivi giudizi nei confronti del mondo, ad accettare le cose che accadono distaccandosi da esse e usando la forza ascendente della positività. "Chi per un mese di seguito s'indirizza coscientemente in tutte le sue esperienze verso il positivo, osserverà a poco a poco che nella sua interiorità si insinua una sensazione come se tutta la sua pelle divenisse permeabile da ogni parte, come se la sua anima si aprisse ampiamente a tutti i processi sottili e occulti dell'ambiente che prima sfuggivano del tutto alla sua attenzione" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, p. 18)
5) L'esercizio della assenza dei pregiudizi. "Nel quinto mese si cerchi di educare in se stessi l'attitudine a porsi senza pregiudizi di fronte a ogni nuova esperienza. Il discepolo esoterico deve affrancarsi del tutto dal comune atteggiamento di chi dice, per ogni cosa appena vista o udita: Non l'ho mai udita, non l'ho mai vista, non ci credo, è un'illusione! Egli deve essere pronto in ogni momento ad affrontare esperienze completamente nuove" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, p. 18). Questo esercizio è strettamente collegato allo senso di stupore nei confronti del mondo dell'esercizio precedente ma consente anche di sviluppare quell'apertura, fondamentale, nei confronti delle realtà apparentemente incredibili del mondo spirituale. Esso consente il destarsi di un sentimento sottile, come se qualcosa di meraviglioso fosse sempre in agguato, come se tutto, in ogni momento, possa sempre accadere, come se non vi fosse nulla di impossibile, esattamente come nel mondo spirituale e nel suo divenire perpetuo di forme e visioni.
6) L'esercizio dell'equilibrio. "Nel sesto mese si deve tentare di intraprendere sistematicamente l'esecuzione di tutti e cinque gli esercizi, in regolare alternanza. Si formerà così, poco a poco un armonioso equilibrio dell'anima. Si noterà ad esempio come la scontentezza e l'insofferenza verso il manifestarsi e l'essere del mondo spariscano del tutto, per lasciare posto a una disposizione conciliante verso le esperienze. Non si tratta di indifferenza, ma di una nuova facoltà che ci rende capaci di lavorare nel mondo, migliorando e progredendo. Si schiude all'anima una calma comprensione di cose che prima erano del tutto celate" (Rudolf Steiner, I Sei Esercizi, pp. 18-19).
Credo che, indipendentemente dal giudizio che si può formulare nei confronti della persona e dell'esperienza intellettuale di Steiner, questi sei esercizi si possano integrare facilmente a molti sentieri spirituali, senza dover necessariamente sposare l'intero sistema di pensiero dell'autore. Si trattano, infatti, di inviti all'azione piuttosto che di inviti all'idea, in grado di smuovere le medesime forze che, sempre secondo Steiner, sono in grado di far sbocciare il fiore di loto.
Rudolf Steiner: La Soglia del Mondo Spirituale
Questi due discorsi, a un livello superficiale, non hanno nulla in comune. Nessun autore psichedelico, almeno quelli di cui mi sono occupato, ha mai mostrato né simpatie né il minimo interesse per la figura di Rudolf Steiner; e lo stesso Rudolf Steiner era molto critico nei confronti di qualsiasi forma di "droga materiale", prediligendo le visioni indotte dalla sua "scienza dello spirito", che prevedeva lunghi esercizi di pensiero, concentrazione, meditazione, visualizzazione, educazione delle emozioni e via dicendo per risvegliare nell'uomo i sensi spirituali.
Eppure, mi trovo spesso, per i miei interessi, ad accostare letture apparentemente in antitesi tra di loro, salvo poi scoprire peculiari punti di contatto che, piuttosto che esacerbare il conflitto, non fanno altro che rivelare l'intrinseca unità di ogni forma di sapere (mi era già successo leggendo in parallelo Iniziazione all'Ermetica di Franz Bardon e La tecnica dell'autoipnosi di Ronald Shone).
Un aspetto peculiare delle esperienze psichedeliche è di mettere in contatto l'uomo con un reame spirituale che non solo sembra dotato di vita propria, ma che trasmette un senso di realtà superiore alla realtà stessa. Le visioni indotte dalle sostanze psicoattive hanno una ontologia a se stante, totalmente differente dai sogni e dalle allucinazioni. Quando sogniamo crediamo nel sogno finché vi siamo immersi; ma quando il sogno finisce, per quanto vivide potessero essere le visioni, cessiamo di credervi. Allo stesso modo l'allucinazione si rivela in quanto tale all'allucinato nel momento in cui cessa questo stato mentale alterato, sempre che avrà modo di ricordarselo. Tutto questo non avviene con le visioni psichedeliche. Esse immergono la coscienza umana in una realtà la cui veridicità non è messa in dubbio né prima né dopo l'esperienza. Lo stesso avviene durante le visioni spirituali indotte dalle pratiche di meditazione, ascesi e visualizzazione, come se nella coscienza si schiudesse una soglia, un varco verso un altro mondo.
Ho trovato una descrizione perfetta di questo varco e delle sensazioni spirituali che contraddistinguono il passaggio proprio in un breve testo di Steiner: La soglia del mondo spirituale (Editrice Antroposofica), uno dei pochi testi scritti di suo pugno e che, dunque, come abbiamo visto nel precedente articolo, non peccano della ridondanza e della astrusità tipica dei suoi libri stenografati.
La soglia del mondo spirituale è un breve scritto che lo stesso Steiner aveva pensato come introduzione al suo pensiero. Ma ritengo che esso sia molto di più di una semplice introduzione. Nella sua linearità e concisione è in grado di descrivere in maniera magistrale le prime sensazioni che si provano quando si entra in contatto con "l'altro mondo", il reame che si nasconde al di là della materia, e qual è l'aspetto e la natura di questa soglia che si schiude solo a determinate condizioni. Gran parte delle descrizioni contenute in questo testo presentano molte affinità con le sensazioni del "passaggio" che si prova proprio all'insorgere dell'esperienza psichedelica, quando la coscienza abbandona i suoi orpelli contingenti e si abbandona alla totalità, entrando in contatto con un mondo dirompente.
Questo senso di totalità, secondo Steiner, è il primo requisito da acquisire quando ancora si è "al di qua" della soglia, partendo dalle base stessa della coscienza: il pensare. "Il pensare" scrive Steiner "offre all'anima il conforto che le è necessario di fronte al sentimento di essere abbandonata dal mondo. [...] Che cosa sono io, nell'infinito flusso degli eventi universali, col mio sentire, col mio desiderare e volere, che hanno importanza solo per me? [...] Il pensare, che è connesso con quegli eventi del mondo, accoglie te insieme con la tua anima; tu vivi entro questi eventi, quando pensando ne accogli l'essenza. Ci si può sentire accolti dal mondo [...] non soltanto io penso, ma si pensa in me; il divenire del mondo si esprime in me; la mia anima offre soltanto il campo d'azione nel quale il mondo si esplica sotto forma di pensiero" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 11).
Questa "esperienza di picco" nel mondo materiale permette alla coscienza di iniziare a dilatarsi, di allargare i propri confini al di là di quelli del proprio cranio e a riconoscersi non soltanto come spettatrice passiva del mondo, ma come palcoscenico in cui il mondo stesso si riversa, un agente attivo con il mondo. Il pensare stesso, da questa prospettiva, diventa un "essere accolti" dal mondo, insinuarsi nel flusso del suo divenire partecipandovi con una peculiarità della specie umana unica e per molti aspetti ancora inspiegata, quella organizzazione della materia che gli ha permesso di poter essere consapevole del mondo. Ma si tratta di uno stato di coscienza differente dalle semplici sensazioni del mondo e dalle emozioni suscitate dal mondo. Il sentire e il patire sono movimenti con cui l'anima si immerge in se stessa. Ma il pensiero del mondo è un movimento che procede verso se stesso; un balzo con cui l'anima si libera da se stessa e si espande verso l'altro. Con questo movimento liberatorio comincia la sua emancipazione verso il mondo spirituale. Ha messo il primo piede di fronte alla Soglia del mondo invisibile.
Su questa soglia incontra il più grande ostacolo: il Guardiano della Soglia. Nelle tradizioni religiose e mitologiche, il Guardiano della Soglia è una figura archetipica. Egli è colui che veglia i luoghi segreti e i tesori nascosti; da un lato è un ostacolo, una figura di intralcio. Ma dall'altro è anche un alleato dell'eroe: con la sua funzione di ostacolo, infatti, impedisce all'iniziato di accedere a reami a quali non sarebbe spiritualmente pronto. Nel momento in cui l'iniziato lo sconfigge, il Guardiano ha terminato la sua funzione e si scansa confermando all'iniziato di essere pronto a varcare l'accesso alla dimensione che stava difendendo.
Nel caso dei mondo soprasensibile, il primo e più importante guardiano della soglia siamo proprio noi stessi. Per Steiner, infatti, il nostro Guardiano è tutto ciò che compone la nostra coscienza egoica e contingente, che soffoca la coscienza cosmica impedendogli di accedere al mondo invisibile. La Soglia del Mondo Spirituale, infatti, è molto stretta ed è impossibile passarvi se prima non si è compiuto un lavoro di limatura su se stessi. Come scrive l'autore:
"Come in momenti particolari della vita ci si aggrappa a cari ricordi, così all'ingresso dei mondi soprasensibili vengono a galla necessariamente dalle profondità dell'anima tutte le inclinazioni di cui si è capaci. Ci si rende conto allora di quanto si sia in fondo attaccati alla vita che congiunge l'uomo col mondo dei sensi. Tale attaccamento si rivela allora nella sua piena verità, liberato da tutte le illusioni che di solito ci si fa in proposito. All'ingresso nel mondo soprasensibile [...] si realizza un frammento di autoconoscenza [...] e si rivela tutto ciò che bisogna abbandonare, se si vuole davvero penetrare con la conoscenza in quel mondo" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 47) e ancora: "Nell'uomo si annida un essere che vigila attentamente al confine che si deve superare, nel passaggio al mondo soprasensibile. Questa entità spirituale annidiata nell'uomo, questa entità che siamo noi stessi, ma che non possiamo riconoscere con la coscienza ordinaria [...] è il Guardiano della Soglia del mondo spirituale" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 48)
Ma quando si riesce a sgrossare tutto questo materiale in eccesso, la cui eliminazione risulta dolorosa, difficoltosa e paurosa, ecco che la Soglia si schiude (o, meglio, noi ci schiudiamo alla Soglia) e riusciamo a varcarla. Al momento dell'ingresso "Si scorge l'essere che si è sempre stati, ma ora non lo si vede dal mondo dei sensi, dal quale prima lo si era sempre osservato: lo si scorge senza illusioni, nella sua realtà, dal mondo spirituale. Lo si scorge, sentendosi pienamente compenetrati dalle forze di conoscenza che sono in grado di misurarne il valore spirituale" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 47)
Ecco che appaiono le visioni spirituali. Come per le visioni dell'esperienza psichedelica, le visioni di cui parla Steiner non sono mere allucinazioni. Sono immagini il cui valore, come per le lettere dell'alfabeto, non risiede nella loro forma, bensì nel loro significato.
Una medesima sensazione si verifica anche nell'esperienza psichedelica (o enteogena) quando la coscienza lentamente abbandona tutto ciò che le appartiene in quanto entità individuale, in un distacco doloroso che le permette però di espandersi.
In questo processo, tuttavia, la memoria di una propria individualità deve essere conservata. L'esperienza del mondo dello spirito è possibile esclusivamente alla condizione che un "io osservante" permanga, scevro però da tutte le componenti che prima lo appesantivano. In particolare, il mondo materiale è una fucina spirituale che permette all'anima di costruire una propria autonomia che essa deve conservare nel mondo in cui varca la Soglia, altrimenti non potrà fare esperienze delle forme del mondo spirituale ma vivrà esclusivamente uno stato di unione mistica, in cui però la visione è come "preclusa", sperimentando, la coscienza, una totale coincidenza con la totalità. Si tratta dunque di vivere un'esperienza visionaria accompagnata dalla permanenza di sé - e, anche in questo caso, è ciò che accade con la maggior parte delle droghe enteogene, dove, abbandonate le strutture individuali, permane però sempre la memoria e una certa consapevolezza della propria unità. Come scrive Steiner "ogni esperienza consiste nel portarsi a coscienza quanto segue: adesso tu sei trasformato in questo modo particolare, dunque sei collegato in modo vivente con un essere il quale, per la sua natura, trasforma la tua in "questo modo". Questo trasformarsi, questo immergersi col sentimento in altre entità è la vita nei mondi soprasensibili" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 53).
Altro punto di contatto tra le esperienze visionarie di Steiner e le esperienze psichedeliche è l'ingresso, con questa coscienza dilatata, in un mondo popolato da entità senzienti, composte però da una materia sottile. Vi è una somiglianza sorprendente tra le testimonianze di incontri con entità riportate, ad esempio, da Strassman in DMT. La molecola dello spirito e gli elementali descritti da Steiner in questa e altre sue opere. In particolare, come scrive Steiner, sembra che la coscienza in questa dimensione "impara a conoscere esseri più o meno affini a lei stessa; si accorge però anche di trovare nel mondo soprasensibile degli esseri [...] con i quali deve confrontarsi per imparare a conoscere se stesse" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 64) e uno dei racconti ricorrenti nelle testimonianze riportate da Strassman, ma anche da psiconauti come Terence McKenna, è che le entità incontrate nel mondo spirituale, per quanto strane, aliene e sconosciute, siano spesso in grado di intessere lunghi colloqui esistenziali dai quali si ritorna come trasformati, con una coscienza di sé molto più profonda. La natura di queste entità è ancora molto discussa nell'ambiente psichedelico, benché sia quasi impossibile entrarvi in contatto senza provare la sensazione che esse esistano come esseri indipendenti. Da questo punto di vista, secondo Steiner, le entità del mondo sottile non sarebbero altro che esseri elementali: l'essenza stessa di cui è composto il reame sottile, così come la realtà materiale è composta, appunto, dalla materia, con la differenza che gli elementali sarebbero una sorta di "materia cosciente" del mondo spirituale. Ognuno di essi, dunque, possiede la propria individualità ma concorre anche a creare la realtà spirituale in cui sono immersi.
L'ultima, e più importante, coincidenza tra l'esperienza sovrasensibile di Steiner e le esperienze psichedeliche risiede nell'ontologia stessa dell'esperienza. Anche per Steiner la visione spirituale lascia l'uomo con la sensazione che essa veicoli un messaggio ancor più vero e reale di quello colto dai sensi e dalle emozioni nel mondo materiale, nel momento in cui si riesce a scorgere al di là delle immagini in sé: "Le esperienze spirituali si presentano certo, in un primo momento, come immagini: e come tali emergono dai sostrati dell'anima che si sia preparata. Esse hanno valore per la percezione soprasensibile solo se, per tutto il loro modo di presentarsi, non abbiano alcuna pretesa di essere considerate per se stesse [...]. Esse devono presentarsi come lettere dell'alfabeto che si abbiano davanti agli occhi: non si presta attenzione alla forma di questi caratteri, ma vi si legge ciò che per loro mezzo si esprime" (Rudolf Steiner, La soglia del mondo spirituale, Editrice Antroposofica, p. 17).
In conclusione, non voglio che questo articolo possa essere frainteso. Di certo non ho voluto intendere che Steiner facesse uso di sostanze psichedeliche, tantomeno che le esperienze psichedeliche siano di "natura steineriana". Anzi, l'aspetto sorprendente risiede proprio nel fatto che questi due filoni culturali paralleli siano in grado di condurre l'uomo a esperienze spirituali di natura molto simile come se il reale spirituale fosse un luogo a sé stante, la cui soglia, pur essendo unica, è tuttavia raggiungibile attraverso diverse vie.
Rudolf Steiner, La Soglia del Mondo Spirituale
Immagine: Rudolf Steiner, Sigillo dell'Apocalisse, Wikimedia Commons
Daniele Palmieri
mercoledì 9 febbraio 2022
Quando il tabacco era psicoattivo e la lattuga afrodisiaca: Droghe tribali di Giorgio Samorini
sabato 22 gennaio 2022
Le Piante degli Dèi. La gnosi vegetale di Hofmann e Ratsch
La storia del libro si lega strettamente alla rivoluzione psichedelica avvenuta nel lungo arco di tempo che va dalla scoperta (involontaria) dei poteri visionari dell'LSD, compiuta dallo stesso Hofmann nel 1943, fino all'apoteosi della diffusione dei movimenti di "controcultura" del '68, sebbene il testo, pubblicato nel 1979, giunge ormai a coronamento di una rivoluzione volta al suo termine, quasi a farne da coronamento.
Quando Ratsch e Hofmann pubblicarono il testo, infatti, la morsa della legge si era abbattuta da tempo sulla molteplicità di sostanze psichedeliche che avevano contribuito a diffondere una differente visione del mondo e della coscienza, soprattutto negli Stati Uniti, ed erano state ormai bandite nei principali stati Occidentali, fatta eccezione alcune "concessioni" a scopo religioso.
Lo stesso Hofmann aveva avuto modo di riflettere in maniera critica su quanto era avvenuto nei decenni passati in un altro libro, forse il più noto dell'autore: LSD il mio bambino difficile (edito in Italia da Feltrinelli), anch'esso dato alle stampe nel 1979, da un lato riconoscendo le potenzialità dell'LSD e, in generale, delle sostanze psicoattive nell'espansione della coscienza umana, nonché nella storia delle religioni, ma dall'altro mettendo in guardia sull'uso sconsiderato che ne era stato fatto, soprattutto da figure come Timothy Leary, reo di averne "volgarizzato" l'utilizzo alle grandi masse, senza preoccuparsi delle possibili conseguenze legali e psicologiche.
Nonostante la "deriva" presa dalla rivoluzione psichedelica, non venne meno la consapevolezza di Hofmann sull'importanza delle sostanze psicotrope per la storia e l'evoluzione umana. Da qui la scelta di compilare una delle guide rivolte al grande pubblico più complete sull'argomento, in collaborazione con Christian Ratsch, antropologo ed etnobotanico tedesco che, fin dalla giovane età, si era occupato di studiare gli effetti delle piante allucinogene sulla psiche e la cultura dell'uomo. Similmente a studiosi come Wasson, infatti, era stato a stretto contatto con le popolazioni indigene del Sud America per studiare l'uso degli allucinogeni nelle tradizioni sciamaniche autoctone, vivendo con i Lacandòn nelle foreste del Chiapas (Messico).
Piante degli Dèi è un'opera coraggiosa e monumentale, volta a proseguire in maniera accademica gli studi antropologici e farmacologici sulle piante sacre e a compiere una summa delle scoperte (o, meglio, delle riscoperte) avvenute in materia fino al 1979, con la consapevolezza che dietro alle sostanze allucinogene vi fosse molto di più della deriva popolare e triviale presa dalla rivoluzione sessantottina. Come scrivono gli autori fin dall'introduzione del libro: "L'uso di piante allucinogene o che espandono la coscienza ha fatto parte dell'esperienza umana per molti millenni, tuttavia, solo di recente il mondo moderno occidentale si è reso conto dell'importanza che queste piante hanno avuto nel plasmare la storia, sia delle culture primitive che di quelle più sviluppate. Infatti, gli ultimi trent'anni hanno visto una vertiginosa crescita dell'interesse verso l'uso e il possibile valore degli allucinogeni nella nostra società moderna, industrializzata e urbanizzata. Le piante allucinogene sono complesse fabbriche chimiche, ma ancora pochi si rendono pienamente conto di quanto potrebbero contribuire alla soddisfazione dei bisogni profondi dell'uomo [...]. Non c'è dunque da stupirsi che esse abbiano giocato un ruolo importante nei riti religiosi delle prime civiltà, e che continuino a essere motivo di venerazione e timore presso alcune popolazioni" (Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni, p. 9).
Il filo conduttore del libro, molto più di un semplice dizionario, è l'idea che le piante sacre abbiano da sempre accompagnato l'uomo nel suo sviluppo religioso e spirituale e che il loro "bando", soprattutto nel mondo Occidentale (o a causa del mondo Occidentale) sia avvenuto in un'epoca relativamente recente della storia. Per millenni le piante sacre dagli effetti psicoattivi sono stati dei veri e propri portali vegetali in grado da fungere da collegamento tra il mondo materiale e il mondo degli spiriti. Lungi dall'essere un fenomeno isolato, la loro presenza e il loro utilizzo rituale è costante pressoché in tutto il mondo. A variare, chiaramente, è la sostanza utilizzata, in base alle piante "offerte" dalle regioni nel mondo. Ma la cosa sorprendente è che a diverse latitudini e longitudini del globo, in culture radicalmente differenti tra loro e mai entrate a contatto fino a determinati periodi storici, è sempre possibile rintracciare delle sostanze psicotrope che hanno accompagnato i riti e le pratiche sciamaniche, religiose o magiche. Così, per fare alcuni esempi, nell'Induismo delle origini si trovava il Soma, bevanda divina in grado di mettere in contatto l'uomo con la divinità, in cui Wasson identificò, come ingrediente principale, l'Amanita Muscaria; nel mondo Greco-Romano, per oltre 1500 anni, a farla da padrona fu il kikeon, il ciceone, nettare iniziatico a cui si abbeveravano gli iniziati ai misteri eleusini il quale, secondo Hofmann e anche secondo alcune scoperte archeologiche recenti, sarebbe stato preparato con la Claviceps Purpurea, o ergot, il fungo della segale cornuta; nell'estremo Nord-Ovest dell'America meridionale gli sciamani delle popolazioni autoctone hanno usato, e usano tutt'ora, una pozione inebriante e psicoattiva, chiamata in lingua quechua Ayahuasca (rampicante dell'anima), un decotto vegetale estremamente sofisticato dal punto di vista chimico, composto da piante di diverse famiglie, tra le quali le più importanti sono la Banisteriopsis caapi e le foglie di chacruna (Psychotria viridis); nel culto bwiti e di altri gruppi iniziati del Gabon è possibile trovare l'iboga (Tabernanthe iboga), radice dal colore giallastro utilizzata dagli sciamani per condurre l'iniziato nel mondo dei morti, facendo vagare la sua anima al di fuori dal corpo anche per diversi giorni; in Messico gli Aztechi svilupparono una grande devozione nei confronti della cosiddetta "carne divina", i funghi psicoattivi che usavano nelle loro cerimonie più solenni.
In Occidente il declino e la persecuzione di questa forma di iniziazione al mondo spirituale è avvenuto con l'avvento del Cristianesimo che, limitando esclusivamente alle pratiche ascetiche la possibilità di entrare in contatto con il divino e additando come pagane ed eretiche tutte le pratiche che coinvolgevano l'uso di sostanze psichedeliche, ne bandì l'utilizzo, interrompendo, dopo una eredità millenaria, il culto di Eleusi, sopravvissuto fino ad allora a ogni conquistatore. Un atteggiamento manifestatosi più volte nel corso della storia del Cristianesimo, identico a quello perpetrato sia nei confronti delle "streghe" ree di utilizzare unguenti dagli effetti psicoattivi (contenenti, infatti, piante analizzate dal testo di Hofmann e Ratsch) sia dai primi missionari cristiani che entrarono in contatto con le popolazioni autoctone del Sud America, che bandirono vere e proprie crociate per sradicare il culto e l'utilizzo delle piante sacre.
E' interessante, in questo caso, compiere una connessione con un altro testo sulle piante sacre, Pharmakognosis di Dale Pendell (Add Editore), in cui l'etnobotanico sottolinea come l'atteggiamento inquisitoriale nei confronti delle piante sacre sia stato ereditato, in maniera pressoché immutata, dalla mentalità sociale e giuridica contemporanea. Come avvenuto durante le persecuzioni religiose perpetrate dall'Inquisizione, lo stato alterato di coscienza viene percepito a priori come un tabù, anche quando indotto da sostanze che non presentano alcun effetto collaterale sulla salute, e perseguitato dalla legge in quanto tale - formalmente per le possibili azioni pericolose per sé e per gli altri che si potrebbero compiere, ma essenzialmente per la paura indotta dal cristianesimo nei confronti della dell'esperienza visionaria diretta e per la capacità dello stato alterato di coscienza di mettere in luce il non-senso di gran parte delle strutture sociali, e di sovvertire così l'ordine costituito. D'altronde, perfino l'esperienza diretta della divinità indotta dai mistici attraverso le pratiche ascetiche è sempre stata vista con sospetto anche dalla Chiesa e, in fin dei conti, ogni mistico sapeva di muoversi sul confine delicato e sottile tra santità ed eresia.
Ma questo sospetto è in gran parte immotivato e pregiudiziale. Come illustra in maniera estremamente dettagliata Piante degli Dèi, l'uomo ha sempre convissuto in simbiosi con le piante sacre. Il loro abuso è figlio esclusivamente della società moderna, proprio perché, a differenza delle civiltà tradizionali, ne è stato smantellato l'utilizzo rituale, che permetteva di avere esperienze mistiche guidate e in situazioni controllate, minimizzando il rischio di "eventi avversi". Come sottolinea Giorgio Samorini in un dialogo con Marco Maculotti su Axis Mundi dedicato proprio al libro (qui il dialogo), è incredibile constatare la capacità da parte di società erroneamente definite "primitive" di gestire piante sacre dagli effetti potenzialmente mortali, come l'iboga, che molti chimici esperti della società occidentale non si arrischierebbero a usare, data l'alta tossicità. E questo perché, ben prima dello sviluppo della chimica moderna, l'uomo era stato in grado di conoscere, sperimentare e utilizzare i principi attivi delle piante sacre, attirato dal fascino sacro dei loro effetti il cui significato, ancora oggi, resta un profondo mistero.
Come scrivono, infatti, Hofmann e Ratsch: "ancora non si conosce quale sia la funzione di queste sostanze speciali nella vita della pianta stessa [...]. Il motivo per cui alcune piante producono sostanze con effetti specifici sulle funzioni mentali ed emotive dell'uomo, e sulla sua capacità di percezione, persino di ste stesso, rimane quindi uno degli enigmi risolti della natura" (Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni, p. 20). Un mistero che, tuttavia, sembra essere intrinsecamente connesso con l'evoluzione umana - a tal punto che, secondo autori come McKenna, lo stesso salto evolutivo dell'uomo è stato possibile proprio grazie all'incontro con le sostanze allucinogene, che avrebbero contribuito allo sviluppo della coscienza (tesi avanzata ne Il cibo degli dèi, qui la recensione).
Se solo non fossero soffocate dal peso del pregiudizio e del sospetto, la scienza e la chimica moderne, in collaborazione con l'antropologia ma anche la religione e, in generale, le materie collegate ai reami dello spirito, potrebbero risolvere questo mistero. D'altronde, come scrivono Hofmann e Ratsch: "Si potrebbe pensare che con l'isolamento, l'analisi strutturale e la sintesi della psilocibina e della psilocina, i funghi messicani abbiano perso la loro magia. Per migliaia di anni gli Indios hanno creduto che nei funghi abitasse un dio, proprio a causa degli effetti sullo spirito di quelle sostanze che, ora, invece, possono essere prodotte sinteticamente in un pallone di vetro per reazioni chimiche. Ma non si deve dimenticare che la ricerca scientifica ha soltanto dimostrato che le proprietà magiche dei funghi coincidono con le proprietà dei due composti cristallini: il loro effetto sulla mente umana rimane tanto prodigioso e inspiegabile quanto quella dei funghi stessi. E questo vale anche per quanto riguarda i principi attivi isolati e purificati di altre piante degli dèi" (Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni, p. 23).
Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni
Daniele Palmieri
giovedì 20 gennaio 2022
Rivoluzione psichedelica: la storia, i protagonisti e i retroscena del 68 raccontati da Mario Iannaccone
Rivoluzione psichedelica è uno di quei libri che ti apre un mondo, in grado di entrare nelle pieghe della storia sia collettiva sia dei pionieri culturali che, più o meno volontariamente, con le loro vicende personali si adoperano per creare la storia, e riesce nel difficile compito di mostrare quanto le opere e i pensieri di un autore siano intrinsecamente connessi da un lato alle sue vicende di vita e, dall'altro, ai fermenti sociali della sua epoca.
Come mette in luce Iannaccone nel libro, il '68 è cominciato molto prima del 1968. La rivoluzione psichedelica della seconda metà del '900 aveva mostrato i primi germogli nelle visioni estatiche e decadenti di Baudelaire, De Quincey e Coleridge, per poi mettere solidi radici nelle scoperte e negli studi di Hofmann, primo sintetizzatore dell'LSD, crescere e dispiegarsi tra l'elite colta con le narrazioni di Aldous Huxley e Ernst Junger e infine sbocciare e approdare al grande pubblico con i folli esperimenti psicologici di Timothy Leary che, "iniziatore del nuovo millennio", rifondò una rinnovata Eleusi radunando attorno a sé tutta una nuova schiera di "fedeli", simili ai novizi accalcatisi attorni al templio descritti da Plutarco in uno dei suoi moralia.
Quasi si fosse manifestata nella forma di un imbuto cosmico, tra gli anni '40 e gli anni '70 la rivoluzione psichedelica accomunò, come scrive Iannaccone, "persone che non avevano niente in comune tra loro", ognuna con la propria visione, i propri scopi e i propri piani, ma tutte legate da un filo conduttore: gli effetti stupefacenti delle "nuove droghe" sulla mente umana. Tra essi, solo per citare alcuni dei principali protagonisti, vi furono, Hofmann, il chimico mistico, che fin dalla prima, involontaria, esperienza con LSD da lui sintetizzata si accorse del potenziale, ma anche del pericolo, rappresentato da questa sostanza. Aldous Huxley, l'intellettuale che si occupò di "convincere" l'elite culturale della scoperta rivoluzionaria fatta da Hofmann e delle possibilità che essa dischiudeva per la coscienza e l'evoluzione umana; ma anche la CIA e le trame occulte del potere, che presto tenderà i suoi tentacoli verso queste nuove droghe per inserirle nei propri progetti segreti, come l'MkUltra, per studiare nuove tecniche di interrogatorio, lavaggio del cervello (brainwashing) e condizionamento del comportamento; Infine, Timothy Leary, lo psicologo di cui, all'interno del libro, seguiamo la lenta ascesa (o discesa, dipende dai punti di vista) da rinomato professore dell'università di Harvard a messia della nuova religione psichedelica, che in pochi anni passerà da rigorosi studi psicologici nelle aule universitarie alla creazione di comuni volte a creare una nuova umanità, dedita all'esplorazione dei reami psichedelici.
Questo "gruppo eterogeneo" formò l'epicentro di un vero e proprio terremoto, che presto scatenò un'ondata di curiosità, seguita dalle successive esperienze psichedeliche, tra artisti, studenti, scienziati, gente comune, complice il ventennio per il quale queste droghe sperimentali erano ancora permesse dalla legge e spesso acquistabili in farmacia sotto ricetta medica, oppure ampiamente diffuse nei laboratori sperimentali dei dipartimenti di chimica e psicologia delle università.
Benché, come accennato, già i poeti decadenti di fine ottocento avessero iniziato a esplorare i reami delle visioni schiusi dalle droghe, la loro poetica e la loro vita rimase spesso relegata ai margini della società. Essi trasmettevano il fascino malinconico di una rovina erosa dai secoli; quel tipo di fascino di cui è possibile godere, esteticamente, soltanto rimanendo all'esterno dell'esperienza ma che, di certo, non si vuole provare sulla propria pelle.
La rivoluzione psichedelica che ebbe inizio con la scoperta dell'LSD fu di tutt'altra natura. Questa nuova droga non trascinava nella palude del decadentismo, ma sembrava riportare alla luce, dai reami nascosti della coscienza, l'atavico simbolismo dei misteri iniziatici, dei miti della creazioni, delle visione dei mistici e dei santi. La distruzione dell'ego non avveniva con un lento e progressivo avvelenamento, che portava il poeta ad autodistruggersi come una rovina lasciata alle intemperie, ma attraverso un'elevazione dello spirito che veniva letteralmente trascinato in un'altra dimensione: il lato nascosto delle cose descritto da mistici, iniziati e visionari di ogni secolo.
Questa esperienza, come quella della mescalina, sembrava indurre una iniziazione istantanea, in cui l'io non si sentiva spaesato nel labirinto delle visioni proiettate dal proprio inconscio ma, al contrario, sembrava cogliere con uno sguardo l'intrinseco significato dell'Universo.
Un esempio è l'esperienza con la mescalina avuta dal portavoce del Partito Laburista inglese Christopher Mayhew, ripresa dalle telecamere della BBC (è possibile vederla qui) che, nonostante il tentativo di mantenere l'autocontrollo, verrà sempre di più trascinato oltre le "porte della percezione" (come le definirà Huxley), fino ad ammettere: "Sono molto interessato al problema dell'adesso, qualunque cosa sia. E questo... esperimento, per me, è stato un grande successo. Al momento mi sto muovendo da un tempo a un altro e poi ancora indietro. Non sono molto consapevole di muovermi nello spazio [...] mentre lo sono... del muovermi nel tempo... e del fatto che non esiste il tempo assoluto... e nemmeno lo spazio... questo è ciò che imponiamo al mondo esterno... e più percepisco questo, più mi sento rilassato" (Cristopher Mayhew, citato in Rivoluzione psichedelica, Mario Arturo Iannaccone, Sugarco Edizioni, p. 57).
A un certo punto, tuttavia, la situazione sfuggì di mano. Mentre Huxley e Hofmann ritenevano di dover mantenere un atteggiamento più riservato, di diffondere, sì, le sostanze psichedeliche per trasformare radicalmente la civiltà ma di partire dalle elite, Leary adottò un approccio inizialmente più "democratico" che, presto, sfociò nel populismo e poi nel "messianismo". Autoproclamatosi Gran Sacerdote della nuova religione psichedelica, cadrà nell'errore di "dare perle ai porci" e diffondere a macchia d'olio la rivoluzione psichedelica senza preoccuparsi del grado di preparazione psicologica dei suoi nuovi adepti e fondando a più riprese e in luoghi disparati delle comuni indipendenti basate sulla psichedelia che, però, si trasformavano presto in covi di sbandati. Parallelamente, gli psichiatri cominciavano a moderare l'entusiasmo terapeutico nei confronti dell'LSD e la CIA stava perdendo interesse nei confronti di queste sostanze, ritenendole poco funzionali ai propri studi sul controllo della mente.
Ma quelle visioni ci sono state, così come il tentativo di sovvertire il comune modo di vedere la realtà; consiglio dunque di leggere Rivoluzione psichedelica di Mario Arturo Iannaccone per immergersi in un lungo viaggio nei reami dell'estasi. Un libro avvincente e scorrevole come un romanzo ma preciso e ricco di fonti come una degna ricerca accademica.
giovedì 6 gennaio 2022
Le tavole iguvine: il più antico documento rituale dell'Italia arcaica
Gubbio, 1444. Nel borgo medievale divenuto noto per le predicazioni di san Francesco e per l'episodio della "addomesticazione del lupo" raccontata nei Fioretti, riemergono, nei pressi dell'antico teatro romano, sette misteriose tavole di bronzo, ossidate dai millenni fino ad assumere una colorazione verdastra. Nell'atto notarile datato 1456 con cui il comune acquisì la proprietà delle tavole, il ritrovamento viene attribuito a un'abitante locale, una certa Presentina.