martedì 13 giugno 2017

Come il fascismo ha distorto il concetto di autarchia

Autarchia deriva dalla parola greca autarkheia, che letteralmente significa “bastare a se stessi”. Questa parola non indica un concetto filosofico astratto, bensì quello che potremmo definire un determinato approccio spirituale all’esistenza, dove con “spirituale” non bisogna intendere qualcosa di misterioso o spiritistico, ma in maniera molto concreta tutti i fenomeni della nostra interiorità (come le emozioni e gli stati d’animo). In particolare, l’autarchia è una condizione dell’animo del filosofo di assoluta imperturbabilità, che nulla o nessuno può strappargli, poiché egli sente che non ha bisogno d’altro al di là di se stesso.
Come tento di mostrare nel mio libro, Autarchia spirituale, edito da Anima edizioni, è un concetto di libertà in grado di trascendere sia la libertà contemporanea, intesa come mero appagamento delle proprie passioni, sia il concetto di libertà totalizzante e totalitario dell'individuo in balìa dei valori del proprio gruppo sociale.
Tuttavia, fu proprio uno dei grandi totalitarismi del XX secolo a riprendere il concetto di autarchia, addirittura per utilizzarlo nei propri poster di propaganda: il fascismo. Cosa c'entra il fascismo con l'autarchia se, come detto in precedenza, tale concetto filosofico va al di là di qualsiasi opprimente sistema politico e, anzi, tenta di liberare il soggetto da qualsiasi condizionamento, tanto interiore quanto esteriore?
Vi è stato quello che potremmo definire un “errore di percorso” a cui è stato soggetto il passaggio di testimone della parola “autarchia”, che ha portato tale concetto in maniera così distorta fino al fascismo da permettere alla propaganda di utilizzare questa parola per i propri poster. Ma cosa c’entra, dunque, il fascismo con l’autarchia e qual è stato questo errore di percorso?
Il “colpevole” di tale travisamento filosofico è stato un pensatore tedesco del XIX secolo, Fichte. Nel suo Lo stato commerciale chiuso, il filosofo applica infatti quello che è un concetto prettamente individuale, e che può darsi nella sua autenticità soltanto al singolo individuo, al mondo della collettività, ossia lo Stato. Secondo Fichte, lo Stato ideale è lo Stato autarchico, in grado di raggiungere l’assoluta indipendenza economica dagli stati circostanti e che, dunque, come sottolinea anche in Machiavelli scrittore, è in grado così di raggiungere una potenza tale non solo da non rischiare di essere invaso dagli stati circostanti, ma che può permettergi di dettar loro legge o attraverso l’esportazione dei propri prodotti o attraverso la guerra (con la consapevolezza che ogni Stato confinante sarà sempre una minaccia). Ma non solo; lo stesso concetto di “dominio di sé”, che nella filosofia antica è fondamentale al filosofo per raggiungere la libertà ma, al tempo stesso, è una scelta unicamente personale che non viene mai imposta al prossimo, in Fichte diventa prerogativa dello Stato. Lo Stato ha il diritto, l’obbligo e il dovere di educare i propri cittadini; è una grande potenza etica che, inevitabilmente, cade nel totalitarismo e nel governo forzato del prossimo, appiattendo ogni differenza ed eliminando chi non vuole allinearsi come un membro incancrenito, giacché lo Stato dev’essere un unico corpo sano.
Il fascismo, così come il nazismo, attinsero a piene mani da tale concezione e tentarono di raggiungere l’autarchia statale e il dominio etico del popolo, con risultati disastrosi. Difatti i concetti di autarchia e di dominio di sé sono, se scelti in autonomia e con consapevolezza, una via verso la liberazione, ma se imposti dallo Stato sono invece una costrizione; soffocano ogni forma di autentica libertà, forzando la vita privata delle persone e impedendo loro di scegliere consapevolmente la propria condotta di vita.

Come si è visto in precedenza, nessun filosofo antico avrebbe mai costretto un’altra persona ad assumere la sua condotta di vita; questo perché, pur possedendo una grande tensione verso il prossimo e una profonda sensibilità etica, era consapevole che soltanto l’autentica vocazione filosofica personale potesse condurre ai risultati ricercati, e che al contrario la costrizione avrebbe portato alla nascita di pessimi filosofi, poco convinti della propria condotta di vita e che, dunque, messi alla prova avrebbero tradito gli insegnamenti appresi.

Per approfondire il concetto di Autarchia, è possibile leggere Autarchia spirituale, edito da Anima edizioni

Daniele Palmieri

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