domenica 7 aprile 2019

Federigo Borromeo: Le manifestazioni demoniache

Il Cardinale Borromeo è, insieme ad Ambrogio, una delle personalità più illustri di Milano, grazie anche alla penna del Manzoni, che lo ha reso una delle figure iconiche de I Promessi Sposi. Come accaduto, tuttavia, per Ambrogio di Milano, anche il Cardinale Borromeo è diventato con il passare degli anni un personaggio idealizzato, più noto per il culto e il folklore (o la letteratura, in questo caso) che per le sue opere. Io stesso sono rimasto estremamente sorpreso quando, nella Libreria Esoterica di Milano, dove lavoro, mi è capitata quasi per caso una sua curiosa opera tra le mani: Le manifestazioni demoniache, edita in italia dal Gruppo Editoriale Castel Negrino.
A lettura conclusa sono rimasto ancor più sorpreso, poiché il "santo" e "candido" cardinale protagonista dei Promessi sposi ha scritto una delle opere di demonologia più interessanti in circolazione.
Le manifestazioni demoniache, infatti, è una vera e propria summa di informazioni sui demoni, tratte da diverse tradizioni, molte delle quali ancora vive al giorno d'oggi nell'immaginario collettivo, e risulta un testo estremamente interessante da leggere sia da un punto di vista storico, sia da un punto di vista esoterico.
Scritto nel 1600, il testo di Borromeo è un compendio di informazioni sui luoghi, le forme, le modalità in cui si manifestano i demoni, non solo in Europa ma anche nel resto del mondo. Le manifestazioni demoniache, infatti, testimonia la lenta apertura del mondo occidentale nei confronti di terre fino ad allora rimaste inesplorate, come si evince dalle ricorrenti citazioni, da parte del cardinale, di testi di esploratori, da Colombo a Marco Polo, passando per Olao Magno e i primi gesuiti recatisi in Cina. 
Dal punto di vista esoterico, invece, proprio per il suo tentativo di tracciare un profilo "universale" dei demoni, lo scritto del Cardinale raccoglie idee ricorrenti in diverse culture, che mostrano come l'uomo, in ogni parte del mondo, sia mosso, inquietato e attirato da energia profonde e oscure. Energia che la penna di Borromeo tende a distorcere e a fraintendere in senso esclusivamente negativo, come tipico della critica cristiana a partire dai primi pensatori tardoantichi e dalla loro trasformazione, che ho già analizzato nell'articolo Demoni e Dei, del termine greco "daimon" in "demone". Distinzione che Borromeo riprende fin dalle prime pagine del testo, con la sua suddivisione tra "Geni" benigni e "geni" maligni, che ricalca, appunto, la differenza introdotta dai pensatori cristiani tardoantichi tra "daimon", intesi come demoni inferi, e "anghelos", angeli, mediatori (positivi) tra divino e umano. 
Il demone, genio maligno, rappresenta per il Cardinale Borromeo l'incarnazione di una energia infera, a metà tra l'umano e la tenebra; una forza irrazionale che, nell'ottica cristiana, viene bollata come negativa poiché ricondotta al dominio luciferino, ma che in realtà intimorisce proprio per la sua natura selvaggia, indomabile, carnale, portavoce delle caratteristiche della vita che il cristianesimo cerca di sradicare e rimuovere. Caratteristiche che spaventano in quanto estreme e, dunque, estranee al dominio ponderato della ragione. Non a caso Borromeo ritiene patria di demoni tutto ciò che è senza limiti: 

"Gli Spiriti impuri aspirano con somma bramosia a tutto ciò che è estremo, e per estremo indichiamo la deformità e l'irregolarità a livelli eccessivi; e si potrà stabilire che i demoni amano tutte le situazioni estreme, e ne godono. Rientrano in questa categoria i luoghi caldissimi, i luoghi freddissimi, le zone vastissime, le zone aridissime, i precipizi inaccessibili, gli antri, le caverne, la roccia nuda. Inoltre cercano i baratri più profondi della terra, le voragini dei fiumi. Per questo Olao Magno riferisce che i fiumi molto profondi, al Nord, abbondano di demoni e altri scrittori raccontano che nelle selve del Nordland e della Norvegia gli stagni gelati risuonano di varie voci, che si ritiene essere dei demoni" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino, p. 48).


Egli stesso, pur ammettendo l'esistenza di tali forze demoniache, sembra essere spinto da uno spirito razionalizzante, tipico della sua epoca, che tende a ridimensionare l'effettiva diffusione di tali forze, riconducendo gran parte delle manifestazioni o alla superstizione o alla scarsa conoscenza della natura. Ne è intimorito ma allo stesso tempo attratto; nega, quando può, il potere dei demoni sugli elementi, sugli uomini, e sui luoghi, spesso sembra quasi dubitare dalle loro effettiva esistenza, ma in ultima analisi sembra spinto, se non attratto, ad ammettere il loro influsso sull'anima degli uomini e la loro abilità di nascondersi nelle zone d'ombra, disabitate e deserte, nelle terre di confine tanto fisiche quanto psichiche:

"La notte, più del giorno, è in effetti il tempo adatto per le loro scelleratezze; e proprio i verbali dei processi giudiziari dimostrano che all'alba le danze dei demoni si dissolvono con gran tumulto e strepito. Forse ciò serve a significare che i demoni non sono altro che tenebre e chi agisce scelleratamente odia la luce [...] La notte risulta di per sé più fascinosa e concentra meglio la mente per studiare e conoscere le ragioni delle cose. In effetti è stato tramandato che la filosofia e l'acume speculativo sorsero anche grazie a questo fascino. Inoltre, nell'oscurità della notte le percezioni visive o uditive assumono sempre modalità ingigantite e colpiscono di più dal punto di vista sia della bellezza, sia della bruttezza" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino, 32).


Nonostante il velo razionalizzante, Borromeo è dunque abile a cogliere e a descrivere l'oscurità psichica dalla quale sorgono i demoni interiori, sia a partire dalle suggestioni dell'ambiente sia evocati dalle passioni interiori. Scrive il Cardinale:

"Tutti i fenomeni più arcani hanno il potere e la forza di stimolare nel nostro animo quell'intima emozione che viene detta religione, ossia il culto delle cose che vengono ritenute sacre, siano esse false, siano esse vere. I luoghi solitari, le grotte o le selve ingenerano, fomentano e alimentano, perciò, le superstizioni con grande facilità, più dei luoghi abitati e conosciuti [...]. E gli stessi demoni, per motivi differenti, amano i luoghi deserti e solitari. In altri luoghi poi i demoni hanno un vigore e una forza particolari, e lì dominano. Ad esempio le streghe e i maghi non si riuniscono in un posto qualsiasi, ma vanno nei prati o campi, nelle valli e nei monti" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino, p. 39).

La molteplicità dei demoni nasce da questi due elementi: da un lato la varietà del mondo naturale e, dall'altro, la varietà degli uomini e delle passioni umane.  Pur essendo il mondo creato e retto da Dio, sembra quasi, dalle parole di Borromeo, che la sua luce non possa che generare le ombre nelle quali i demoni si nascondono. I demoni si celano tra le pieghe del mondo naturale; esistono demoni dell'aria, dell'acqua, della terra e del fuoco, ma anche delle pietre preziose e delle erbe dagli effetti velenosi, medicinali o psicotropi, come insegnava già l'antico paganesimo europeo per il quale il daimon era un'intelligenza a metà tra il divino e l'umano, in grado di catalizzare le forze naturali per manifestarsi all'uomo. 
Scrive Borromeo:

"Come vediamo essere stati distinti e descritti le cime dei monti e la distesa dei campi, le sorgenti e i laghi, le terre fredde e quelle calde, le regioni ubertose e quelle aride, secondo quanto richiedeva la varia configurazione del mondo, così i demoni hanno diversificato e distinto questo regno delle arti maligne, quest'arte infernale e tenebrosa non solo quanto a figure e forme, ma anche quanto a luoghi, tempi e persone [...]. Perciò per conoscere le operazioni dei demoni è molto importante tenere in conto le varie leggi circa la natura umana, le consuetudini comuni, le disposizioni del corpo e dell'animo" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino).


Lo stesso Borromeo ritiene lo spettacolo delle forze naturali come la fonte del timor sacro che stimola la fantasia dell'essere umano, evocando dal profondo della psiche immagini archetipiche, personificate e venerate, nel passare dei secoli, sotto forma di molteplici dèi, trasformati poi in demoni dal cristianesimo. Il demone è dunque da intendersi come una realtà di confine; non è un'entità "fisica", poiché non appartiene al mondo naturale. Tuttavia, pur essendo il prodotto di un'attività psichica, non è una mera allucinazione, in quanto dotato di una propria esistenza individuale, che l'uomo può cogliere solo con la fantasia e questo perché il demone è un'entità puramente intellettiva: una mente slegata dal corpo, un'entità metafisica, pura intelligenza.

Nel momento in cui la natura selvaggia si incontra con la tormentata interiorità umana, ecco che vengono evocati i demoni della psiche che, se Borromeo bolla a volte come superstizione e a volte come impotenti tirapiedi di Lucifero, possiamo invece intenderli come energie latenti e primordiali, che ci spaventano poiché non siamo in grado di dominarle ma con le quali dovremmo familiarizzare, anziché combattere, poiché testimonianza della nostra essenza più antica, atavica.
Come spesso sottolinea Borromeo, solitudine, silenzio, natura selvaggia, lontananza dal consorzio umano sono le condizioni ideali per le manifestazioni demoniache:

"Nelle campagne e in ogni luogo solitario, a differenze che nel consorzio umano e negli agglomerati affollati, la memoria del passato è meno disturbata e messa in crisi. I luoghi solitari sono come le regioni inattaccabili dai venti o come l'onda imperturbata: riproducono sempre la stessa immagine. Lì dunque, nell'animo della gente di campagna, le superstizioni religiose hanno messo radici profonde e le stesse persone agresti sono, generalmente parlando, ostinate, legate alle usanze antiche, restie ad ammettere razionalmente la forza della verità, meno arrendevoli alle sollecitazioni altrui" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino, p. 24)

Al di là della superstizione, nei luoghi agresti sono presenti altre forme di radici profonde: quelle che legano l'uomo alla terra, al suo ciclo, al suo respiro, alle sue forze ctonie celebrate durante gli antichi culti folklorici che, come dimostrò Carlo Ginzburg, furono trasformati proprio dall'Inquisizione Cristiana nello stereotipo del Sabba. 
La solitudine è spesso citata da Borromeo come condizione privilegiata dai demoni; una solitudine da intendere quanto come condizione esteriore e ambientale, quanto come condizione interiore e animica. Secondo il cardinale, i demoni si rifugiano nei luoghi solitari, come case abbandonate, cime delle colline, vasti deserti, vette dei mondi, prati in mezzo ai boschi poiché è nella solitudine di questi ampi spazi che si sentono padroni degli elementi. 
Scrive Borromeo:


"Sembra che i demoni amino i luoghi solitari. Ciò avviene per la loro superbia, perché, dato che lì si compiono di meno i riti divini, vogliono come tener diviso il mondo e avere per se stessi una propria separata sede, quella dei luoghi solitari appunto, per dominarvi e regnare con maggiore libertà e arbitrio. Certamente anche in odio al genere umano essi aspirano ai ruderi dei vecchi edifici umani, quasi godano delle disgrazie altrui e si impossessino proprio delle dimore che la gente ha dovuto abbandonare. [...] Nei posti solitari è come se essi si affliggano di meno, a causa dello sdegno che hanno contro il genere umano e dell'avversione verso tutte le cose buone e pie, come del resto anche gli invidiosi, gli iracondi e i malvagi non possono stare a vedere la felicità altrui ma, rintanati nel nascondimento e nell'ombra, si rodono il fegato in divoranti angosce" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino, pp. 39-42).


I demoni scappano dalla folla per sentirsi, nella solitudine, padroni del mondo e lo stesso accade agli uomini stessi che decidono di allontanarsi dal consorzio umano. Già Aristotele sosteneva che al di fuori della società possono sopravvivere soltanto le bestie e gli déi; allo stesso modo, potremmo considerare la manifestazione dei demoni nei luoghi solitari, che suscitano timore e reverenza, come l'incontro dell'uomo con la sua ombra; chi, sulla vetta di una montagna, non ha mai percepito l'oscura sensazione di sentirsi immortale, divino, padrone del paesaggio circostante? Chi non ha percepito, per un momento, la forza degli elementi penetrare nel proprio corpo, ad ogni respiro, rivelando la futilità di tutte le convenzioni, tutte le morali, tutta la finzione sociale nella quale viviamo immersi come pesci rossi in una boccia?

Ed è anche per questo che, paradossalmente, tra i luoghi più infestati dai demoni Borromeo cita anche i monasteri e i santuari lontani dalle città. "Possiamo affermare che le incursioni e le infestazioni dei demoni sono più manifeste proprio là dove si conduce una vita più santa e pura" (Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino, p. 40) scrive il cardinale; nella ricerca della santità e della solitudine, il demone appare come guardiano della soglia che nel suo apparente tentativo di ostacolarci, in realtà ci sta spronando ad andare oltre i nostri limiti, a convogliare e sfruttare le energie profonde che si sprigionano con la sua manifestazione.

Cardinale Borromeo, Le manifestazioni demoniache, Castel Negrino Edizioni