Il richiamo della foresta è, insieme a Zanna Bianca, il libro più famoso dello scrittore americano Jack London. La storia è apparentemente semplice. Un cane, dopo essere stato rapito e venduto come cane da slitta, recupera lentamente i propri istinti selvaggi. Come ogni grande opera letteraria, tuttavia, è proprio nei piccoli particolari che bisogna scavare per trovare l'oro.
La vicenda si apre con Buck, il cane protagonista della storia, e quello che potremmo definire il suo inerme stato di ignoranza.
"Buck non leggeva i giornali, così non poteva sapere i guai che si preparavano non solo per lui ma per tutti i cani di grandi dimensioni, di forte muscolatura e di lungo e caldo pelo fra lo stretto di Puget e San Diego. Perché gli uomini scavando nelle buie profondità dell'Artico, avevano trovato un biondo metallo [...]. Questi uomini avevano bisogno di cani, e i cani che cercavano dovevano essere forti, di robusta muscolatura per sopportare le fatiche e con folte pellicce che li proteggessero dal freddo".
Buck è ignaro di quello che sta per accadergli, non solo perché non è in grado di leggere il linguaggio degli umani ma, soprattutto, perché ancora non sa come gira il mondo. Da quando è nato, per i successivi quattro anni, ha sempre vissuto in una campana di vetro: la tenuta di famiglia, in cui dominava indisturbato non grazie allo sforzo, la fatica, la lotta, ma semplicemente perché quella era la sua tenuta e non aveva rivali che potessero sfidarlo e metterlo alla prova. Di conseguenza, aveva sempre dato tutto per scontato e, cosa più pericolosa, non aveva mai conosciuto il volto subdolo e menzognero del mondo.
Sarà Manuel, l'aiutante del giardiniere, a farglielo scoprire. Al contrario di Buck, Manuel sa della corsa all'oro e, soprattutto, sa che può sfruttare la propria conoscenza per ottenerne un profitto, alle spalle di chi è troppo ingenuo per accorgersene. Così, una sera in cui il padrone di casa era assente, Manuel approfitta dell'incondizionata fiducia di Buck per rapirlo e venderlo ai cercatori d'oro. La sicurezza della magione domestica è solo apparente; Manuel è la crepa che la manda in frantumi. Così, Buck impara a sue spese la prima regola dell'esistenza: la regola della menzogna. Dare assoluta fiducia al prossimo, senza precauzione, significa porgere ingenuamente il collo al cappio.
Ed è proprio il cappio della corda di Manuel a stringersi, letteralmente, attorno al suo collo; non è soffice e comodo come il collare, ma ne rappresenta l'evoluzione inevitabile. Basta abituarsi alla schiavitù della comodità, con l'illusorietà di essere liberi, e presto il collare d'oro si stringerà mostrando il suo vero volto.
Dopo essere stato caricato su un treno merci, come un mero oggetto di scambio, Buck viene venduto a un cercatore d'oro e affidato a un addestratore di cani senza scrupoli "l'uomo con il maglione rosso".
Da lui Buck apprende la seconda legge della vita: la legge del bastone e della zanna.
"Il primo giorno che Buck trascorse sulla spiaggia di Dyea fu come un incubo. Ad ogni momento erano scosse e sorprese. Era stato strappato a un tratto dal cuore della civiltà e gettato nel vivo di un ambiente primordiale. Non era più la vita oziosa e baciata dal sole, senza altro da fare se non andare a zonzo e annoiarsi. Qui non c'era né pace, né riposo, né un momento di tranquillità. Tutto era confusione e movimento, e ad ogni istante le membra e la vita erano in pericolo. Bisognava stare sempre all'erta perché non si aveva più a che fare con cani e uomini di città: eran tutti selvaggi e non conoscevano altra legge se non quella del bastone e della zanna".
In tale contesto ostile, lontano dalla civiltà a cui era abituato, chi ha un bastone ed è in grado di usarlo, anche per perpetrare il male, è colui che comanda fino a quando non vi è qualcuno in grado di fermarlo; chi è in grado di azzannare l'avversario prima di essere azzannato è colui che ha il diritto di appropriarsi delle risorse. Buck comprese presto queste regole non solo prendendo le bastonate e le zannate sulla propria pelle, ma soprattutto osservando le dinamiche sociali a lui circostanti. I cani che eseguivano gli ordini non prendevano bastonate; quelli che non li seguivano prendevano bastonate fino a quando non si piegavano e li eseguivano contro la loro volontà; quelli che decidevano di non seguirli a ogni costo (solo uno in realtà) venivano bastonati fino alla morte. Allo stesso modo, i cani che non erano in grado di resistere alle zanne degli altri cani erano i primi a perire.
Inizialmente, questa legge severa lo logora e lo fa deperire, ma con il tempo comincia invece a temprarlo.
Inizialmente, questa legge severa lo logora e lo fa deperire, ma con il tempo comincia invece a temprarlo.
"Il suo sviluppo, o la sua regressione, fu rapido. I suoi muscoli divennero duri come acciaio, si abituò a tutte le sofferenze quotidiane e riuscì a formarsi un'economia interna come una esterna. Poteva mangiare qualunque cosa anche se ripugnante e indigeribile; e quando l'aveva mangiata, i succhi del suo stomaco ne traevano ogni minima particella di nutrimento; e il sangue la portava nei più reconditi angoli del suo corpo trasformandola in forti e solidi tessuti. La vista e l'odorato divennero acutissimi, e l'udito gli si sviluppò tanto, che nel sonno poteva udire i rumori più deboli e capire se annunciavano pace o pericolo. Imparò a strapparsi con i denti il ghiaccio che gli impastava le dita; e quando aveva sete e uno strato di ghiaccio ricopriva una pozza, egli sapeva spezzarlo drizzandosi e colpendolo con le zampe davanti. La sua più notevole abilità era quella di fiutare il vento e di prevederlo anche con una notte di anticipo. [...] E non solo imparò per propria esperienza, ma si risvegliarono in lui gli istinti da molto tempo sopiti. Le generazioni domestiche scomparivano via via dal suo ricordo. In modo confuso egli riandava con la memoria alla gioventù del mondo, ai tempi in cui i cani selvaggi si riunivano in branchi nelle foreste primordiali e uccidevano la loro preda facendo scorrerie. Non fu difficile per lui imparare a combattere lacerando e azzannando al modo dei lupi, perché così avevano combattuto i suoi avi dimenticati. Essi ravvivavano in lui l'antica vita, e le antiche astuzie da loro lasciate in eredità all'esistenza erano le sue stesse astuzie. Apparivano in lui senza sforzo e senza meraviglia, come se fossero sempre state sue; e quando nelle lunghe notti gelate levava il muso alle stelle gettando lunghi ululati al modo dei lupi, erano i suoi antenati morti e ridotti in polvere, che levavano il muso alle stelle e ululavano nei secoli attraverso di lui [...]. Così, prova evidente di quale lieve cosa sia la vita, l'antico canto tornava in lui, ed egli tornò nel suo antico essere".
A riaffiorare in lui è l'antica anima del lupo, che la tranquilla vita cittadina aveva contribuito a sedare. Quella che a prima vista potrebbe sembrare una regressione, in realtà è un'evoluzione. Sarà l'anima del lupo, infatti, a permettergli di conquistare con la sofferenza una libertà autentica, che nulla ha da spartire con l'illusoria libertà della quiete domestica, la quale altro non è se non un sedativo. Un'evoluzione che gli permette di sconfiggere il suo rivale Spitz e diventare il capobranco.
L'evoluzione, però, non è ancora terminata. Seppur a capo della slitta, Buck ha ancora dei padroni umani e rimane ancora un oggetto di scambio, proprio in virtù della sua nuova forza acquisita. Egli infatti viene venduto a degli incapaci cercatori d'oro, venuti nell'estremo Nord a cercar fortuna ma, al contrario di Buck, incapaci di comprendere la vera essenza di queste terre ostili e dunque incapaci di adattarsi, carichi delle comodità della vita cittadina che non fanno altro che ingombrarli e rallentarli. I nuovi padroni si rivelano ancora più crudeli dell'uomo con il maglione rosso, proprio perché incapaci di gestire la forza virtuosa di Buck e, per poco, non lo riducono alla morte con i loro maltrattamenti. E' uno dei loro accompagnatori, Thornton, a salvarlo dalle loro bastonate che lo avevano ridotto in fin di vita, acquistandolo e portandolo con sé (poco prima che la slitta degli altri cercatori venga inghiottita nel terreno, sprofondata in una lastra di ghiaccio che aveva ceduto sotto il loro peso).
Thornton si rivela essere l'unico padrone di Buck in grado di riconoscere in lui la sua virtù e la sua forza e di riservare nei suoi confronti un trattamento amorevole, facendogli scoprire per la prima volta l'amore. Da un lato, ciò nobilita l'interiorità di Buck; Thornton, infatti, è in grado di agire da maieuta nei suoi confronti e di fargli controllare, in maniera consapevole, la propria forza d'animo. Allo stesso tempo, però, anche tale rapporto diventa un ostacolo (o, meglio, l'ultimo gradino) sulla scala della libertà. Buck, infatti, inizia a provare una sorta di amore reverenziale e contemplativo nei confronti del suo nuovo padrone, l'unico che l'ha realmente rispettato da quando è venuto al mondo, e questo amore contemplativo lo ammansisce. Ma non per molto. Dopo essersi trasferiti in un'altra zona del paese, anch'essa indomita e selvaggia, Buck comincia a sentire il richiamo della foresta.
Tornato alla capanna di Thornton, Buck intravede una spira di fumo. Tutto è distrutto, i cani tutti uccisi, così come il suo padrone: gli indiani, che hanno assaltato l'insediamento, stanno ancora festeggiando sui corpi. Ed ecco che avviene l'ultimo, grande, movimento di liberazione. La belva che è in Buck è sciolta dalle sue catene; uccide tutti gli indiani, metafora della schiavitù umana che aveva sempre vissuto; dà l'ultimo tributo a Thornton vegliando sul suo corpo, l'unico maestro che era stato in grado di riconoscere e incoraggiare la sua forza, ma da cui doveva necessariamente separarsi per essere libero. Infine, torna nella foresta, la sua nuova casa, e presto incontra il medesimo branco di cui faceva parte il lupo che aveva incontrato. Anche in questo caso deve conquistarsi il proprio posto con la lotta, ma ormai è temprato da ogni sorta di avversità e non gli riesce difficile affrontare e sconfiggere i molti lupi che tentano di cacciarlo, per poi essere riconosciuto dal maschio alfa come un membro del branco. L'ultima prova che gli consente di conquistare, con la lotta, l'agognata libertà.
Jack London, Il richiamo della foresta (citazioni tratte dall'edizione Bur del 1975)
Daniele Palmieri
L'evoluzione, però, non è ancora terminata. Seppur a capo della slitta, Buck ha ancora dei padroni umani e rimane ancora un oggetto di scambio, proprio in virtù della sua nuova forza acquisita. Egli infatti viene venduto a degli incapaci cercatori d'oro, venuti nell'estremo Nord a cercar fortuna ma, al contrario di Buck, incapaci di comprendere la vera essenza di queste terre ostili e dunque incapaci di adattarsi, carichi delle comodità della vita cittadina che non fanno altro che ingombrarli e rallentarli. I nuovi padroni si rivelano ancora più crudeli dell'uomo con il maglione rosso, proprio perché incapaci di gestire la forza virtuosa di Buck e, per poco, non lo riducono alla morte con i loro maltrattamenti. E' uno dei loro accompagnatori, Thornton, a salvarlo dalle loro bastonate che lo avevano ridotto in fin di vita, acquistandolo e portandolo con sé (poco prima che la slitta degli altri cercatori venga inghiottita nel terreno, sprofondata in una lastra di ghiaccio che aveva ceduto sotto il loro peso).
Thornton si rivela essere l'unico padrone di Buck in grado di riconoscere in lui la sua virtù e la sua forza e di riservare nei suoi confronti un trattamento amorevole, facendogli scoprire per la prima volta l'amore. Da un lato, ciò nobilita l'interiorità di Buck; Thornton, infatti, è in grado di agire da maieuta nei suoi confronti e di fargli controllare, in maniera consapevole, la propria forza d'animo. Allo stesso tempo, però, anche tale rapporto diventa un ostacolo (o, meglio, l'ultimo gradino) sulla scala della libertà. Buck, infatti, inizia a provare una sorta di amore reverenziale e contemplativo nei confronti del suo nuovo padrone, l'unico che l'ha realmente rispettato da quando è venuto al mondo, e questo amore contemplativo lo ammansisce. Ma non per molto. Dopo essersi trasferiti in un'altra zona del paese, anch'essa indomita e selvaggia, Buck comincia a sentire il richiamo della foresta.
"Quell'appello lo colmava di una grande irrequietudine e di strani desideri, provocava in lui una vaga, dolce felicità, ed egli si rendeva conto di selvaggi desideri e impulsi per le cose che non conosceva. Qualche volta seguiva il richiamo nella foresta, cercandolo come se fosse una cosa tangibile, latrando dolcemente o a sfida, a seconda dell'umore. Cacciava il naso nel fresco muschio del bosco, o nella nera terra dove crescevano alte erbe, e fiutava con gioia i grassi odori del terreno; oppure stava acquattato per ore, come se si nascondesse, dietro i tronchi ricoperti di funghi o gli alberi abbattuti, con gli occhi e gli orecchi tesi a tutto ciò che si muoveva o risuonava intorno a lui. Forse, standosene così, sperava di sorprendere quel richiamo che non riusciva a capire. Ma non sapeva perché faceva tutto ciò. Era costretto a farlo, ma non poteva afferrarlo con il pensiero".Il richiamo si fa sempre più forte, i suoi vagabondaggi tra i territori selvaggi sempre più lunghi. Passa interi giorni fuori, a caccia, ad annusare gli odori e i sapori di quelle terre indomite, trascorre addirittura una settimana prima che faccia il suo rientro alla capanna di Thornton. Tra le ombre del sottobosco intravede anche il suo riflesso: un lupo. L'incontro inizialmente lo spiazza. Quell'essere vivente è così simile a lui, eppure nei suoi occhi brilla una scintilla primordiale, indomabile, assolutamente libera. Giocano insieme per un po' di tempo finché il lupo, così come è comparso, svanisce.
Tornato alla capanna di Thornton, Buck intravede una spira di fumo. Tutto è distrutto, i cani tutti uccisi, così come il suo padrone: gli indiani, che hanno assaltato l'insediamento, stanno ancora festeggiando sui corpi. Ed ecco che avviene l'ultimo, grande, movimento di liberazione. La belva che è in Buck è sciolta dalle sue catene; uccide tutti gli indiani, metafora della schiavitù umana che aveva sempre vissuto; dà l'ultimo tributo a Thornton vegliando sul suo corpo, l'unico maestro che era stato in grado di riconoscere e incoraggiare la sua forza, ma da cui doveva necessariamente separarsi per essere libero. Infine, torna nella foresta, la sua nuova casa, e presto incontra il medesimo branco di cui faceva parte il lupo che aveva incontrato. Anche in questo caso deve conquistarsi il proprio posto con la lotta, ma ormai è temprato da ogni sorta di avversità e non gli riesce difficile affrontare e sconfiggere i molti lupi che tentano di cacciarlo, per poi essere riconosciuto dal maschio alfa come un membro del branco. L'ultima prova che gli consente di conquistare, con la lotta, l'agognata libertà.
Jack London, Il richiamo della foresta (citazioni tratte dall'edizione Bur del 1975)
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Daniele Palmieri