"Lo stato dei Greci. L'agóne omerico" è una raccolta, edita dalla Ar edizioni, di due brevi scritti che facevano parti un testo, Cinque prefazioni a cinque libri non scritti, che Freidrich Nietzsche aveva regalato ai coniugi Wagner nel 1873.
Pur essendo scritti del periodo giovanile, rivestono una grande importanza nella storia del pensiero dell'autore; sia perché in essi già si ritrovano, in potenza, le grandi idee che svilupperà negli anni a venire, sia perché proprio questi testi fanno da preludio alla nascita de La nascita della tragedia. Possono dunque essere definiti come il crepuscolo dei disvalori occidentali e l'alba della nascente epoca nichilista che Friedrich Nietzsche inaugurerà con la sua filosofia del martello.
Come già anticipato, Lo stato dei Greci e L'agóne omerico contengono in germe i principali temi che svilupperà, con la profondità di un abisso, nella sua produzione successiva.
La filosofia nicciana è sempre profondamente polemica e distruttrice, e anche questi testi sono inaugurati da una critica radicale ai concetti di "diritto al lavoro" e di "dignità del lavoro" dell'epoca a lui contemporanea. Per mostrare l'intrinseca contraddizione di questi ideali astratti e fumosi, Nietzsche oppone la concretezza dello spirito classico della Grecia arcaica.
Per l'uomo greco è quantomai assurdo conciliare la parola "lavoro" con le parole "diritto" e "dignità". Il lavoro, infatti, altro non è che espressione della schiavitù dell'uomo il quale, al contrario degli dèi che vivono sereni e beati, è costretto a guadagnarsi l'esistenza arando i campi, spezzandosi la schiena, lottando ogni giorno per sopravvivere; in altri termini, a vivere una vita tutt'altro che dignitosa: una vita da schiavo.
Il lavoro è l'espressione più profonda dello stato di schiavitù umana; "Senza ricorrere a siffatte allucinazioni concettuali, i greci affermano con spietata chiarezza che il lavoro è una vergogna - mentre una saggezza ovunque diffusa e rigogliosa, pur ascosa e taciturna, aggiunge che la stessa cosa-uomo è un nulla vergognoso perché l'esistere, in sé, non possiede alcun valore" scrive Nietzsche.
Chi parla di "dignità del lavoro" e di "diritto al lavoro" o è uno stolto o un truffatore che pensa ai propri interessi, che ha bisogno di manovalanza da sfruttare proprio per poter vivere la vita ideale degli antichi greci, quella libera dalla schiavitù del lavoro. Chi parla di dignità intrinseca sta rivestendo di un manto illusorio un'esistenza che, al contrario, sembra avere tutti i caratteri contrari alla dignità; il venire al mondo è una condanna alla sofferenza, non vi è nulla di dignitoso in tutto ciò e di questo i greci erano ben consapevoli.
L'età moderna non fa altro che gettare fumo negli occhi alle persone parlandogli di diritti e dignità, le sta ingannando a perpetrare la propria esistenza in maniera mediocre, contribuendo così a mantenerle schiave della più alta forma di schiavitù, il lavoro, facendo scattare per di più un meccanismo perverso: quello di farglielo agognare e di farle vergognare nel caso in cui non possiedono un lavoro - cosa che per i greci più nobili era invece un grande vanto.
In risposta a questo mondo piatto, mediocre e illusorio Nietzsche controbatte con l'antico agóne omerico, la potenza delle forze telluriche che animava l'uomo nobile, il Genio, in grado di smarcarsi dalla folla indistinta proprio grazie alla sua spinta irrefrenabile al conflitto, al dominio, alla forza, a quello che ne l'Anticristo Nietzsche definirà come il "grande sì alla vita", esemplificato in maniera metaforica, in questo testo, dalla duplice natura della dea Eris descritta da Esiodo: "Questi prima qualifica cattiva una Eris, ovvero la stessa Eris che induce gli uomini a una malevola lotta di reciproco annientamento, poi celebra come buona un'altra Eris che, nelle sembianze di gelosia, astio, invidia, desta gli uomini all'azione tipica non della lotta di annientamento ma di competizione. Invidioso è il Greco e percepisce questa qualità non come vizio, ma come opera di una divinità benevola". L'invidia è l'impulso fondamentale della vita, che spinge l'uomo di Genio a competere proprio perché sa che egli possiede, in potenza, tutte le doti per fare ancora meglio dei propri predecessori; se non esistesse questo impulso la vita sarebbe statica, gli uomini si crogiolerebbero nella mediocrità indistinta di un'uguaglianza che, in questo caso, non è sinonimo di "parità di diritti e di dignità" ma di "paura di emergere dalla massa", di smarcarsi per affermare la propria superiore individualità. "Il conflitto è il padre di tutte le cose, di tutte re" come sentenziò Eraclito.
In conclusione, vi sono due motivi per reperire e leggere Lo stato dei Greci. L'agóne omerico nell'edizione di Ar. Il primo, ovviamente, per il contenuto, che è quanto più distante dal comune modo di pensare e, proprio per la sua capacità di condurre il pensiero a quegli estremi a cui temiamo avvicinarci, è in grado di stimolare profonde e proficue riflessioni. Il secondo ha a che fare proprio con la cura editoriale riservata dalle edizioni di Ar nel pubblicare non solo questo testo, ma tutta la collana Alter Ego dedicata alle opere di Nietzsche, che dal testo al fronte, dalla qualità dell'impaginazione, della carta, delle note e dei commenti non ha nulla a che invidiare ad altre edizioni internazionali.
Lo stato dei Greci. L'agóne omerico - Friedrich Nietzsche, edizioni Ar
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Daniele Palmieri