Questo scritto è un’integrazione all’articolo pubblicato ieri su Franz Bardon e le pratiche di visualizzazione magica. Durante lo studio di Iniziazione all’ermetica, infatti, stavo leggendo in parallelo le Tecniche dell’autoipnosi di Ronald Shone e ho rilevato una forte affinità tra le pratiche di autoipnosi ericksoniana proposte da Shone e gli esercizi di visualizzazione e immaginazione magica di Franz Bardon. Le somiglianze erano così numerose che mi hanno indotto a pensare che le tecniche di autoipnosi moderna altro non siano che una riproposizione, in chiave psicologica, delle tecniche di meditazione, visualizzazione e contemplazione magica del passato. D’altronde non è un caso che l’ipnosi sia nata proprio dalle controverse teorie occulte di Mesmer e del “magnetismo” ottocentesco e, benché l’ipnosi contemporanea abbia rimosso queste radici esoteriche, per gli studiosi di occultismo pratico esse possono risultare un valido strumento di supporto, soprattutto se si intende praticare gli esercizi ermetici descritti da Bardon.
Partendo dalle definizioni teoriche, Shone parla dell’ipnosi come di uno “stato mentale” intermedio al sonno e alla veglia. Durante lo stato ipnotico, la coscienza non è né completamente desta né completamente assopita; data questa caratteristica, lo stato ipnotico rappresenta il terreno fertile ideale per sviluppare l’immaginazione e la visualizzazione creativa di cui abbiamo parlato nel precedente articolo. Difatti, soprattutto nel caso dell’autoipnosi, la coscienza ipnotizzata possiede la plasticità tipica del sogno e la lucidità tipica della veglia. In altri termini, le visioni nello stato autoipnotico risulteranno vivide come nei sogni ma su di esse si avrà un controllo maggiore come se, appunto, fossimo svegli. A ciò si aggiunga che, simbolicamente, le zone di confine tra due mondi possiedono una grande significato nelle diverse tradizioni sia folkloriche sia esoteriche, poiché è proprio situandosi al centro delle due dimensioni che è possibile cogliere nel loro complesso tanto la realtà quanto ciò che si nasconde dietro il reale. E’ in queste zone di confine che l’immaginazione magica si sprigiona in tutta la sua forza, poiché è l’immaginazione che permette il processo metamorfico che consente alla coscienza di passare da uno stato all’altro, di innalzarsi verso stati contemplativi o di inoltrarsi nell’oscura profondità dell’inconscio.
Contrariamente a quello che si crede, afferma Shone ne La tecnica dell’autoipnosi, lo stato ipnotico non è uno stato meramente passivo, poiché l’ipnotizzato o l’autoipnotizzato mantiene sempre un piede nella realtà e proprio per questo l’autoipnosi può essere un valido strumento per rafforzare, e non per abdicare, la propria volontà. Tutto risiede nell’apertura che la persona presenta nei confronti dello stato ipnotico, dalla sua motivazione e dalle sue finalità. Applicando dunque il discorso alle tecniche di Franz Bardon, l’autoipnosi può fungere da pratica di supporto per rafforzare la concentrazione, il rilassamento e la volontà necessari per eseguire gli esercizi descritti in Iniziazione all’ermetica ma, soprattutto, per esercitare la coscienza a produrre visualizzazioni sempre più vivide.
Proprio nella pratica di visualizzazione risiede il punto di contatto più stretto tra le pratiche magiche di Bardon e l’autoipnosi (non a caso, tra l’altro, lo stesso Shone ha scritto un testo dedicato al tema, intitolato Visualizzazione creativa, sempre edito da Astrolabio). Come gli esercizi magici di Bardon, l’autoipnosi e l’ipnosi fanno un ampio uso della visualizzazione creativa per indurre nella coscienza la visione di luoghi, situazioni, immagini, sensazioni che, nello stato ipnotico a metà tra il sogno e la veglia risultano ancora più vividi.
Per adattare le tecniche di autoipnosi alle pratiche magiche di Bardon, possiamo dunque suddividere il processo autoipnotico in due fasi. La prima, passiva e di rilassamento, e la seconda, attiva e di visualizzazione.
Durante la prima fase il fine è quello di entrare nello stato intermedio. Seguendo una delle tecniche proposte da Shone, occorre iniziare con un conto alla rovescia accompagnando ogni numero a una frase di induzione al rilassamento (che, sempre citando Shone, può essere “a ogni numero e respiro le mie palpebre si fanno sempre più pesanti/il mio corpo è sempre più rilassato). Secondariamente, come negli esercizi di Bardon, si passa a una fase di propriocezione. L’attenzione, che ora dovrebbe già essere stata spostata parzialmente in uno stato di dormiveglia, verrà posta su ogni singola parte del corpo e ogni parte dovrà essere rilassata con una frase/mantra simile a quella citata in precedenza (ad esempio “a ogni respiro il mio braccio/la mia mano/il mio piede/il mio viso si fa sempre più rilassato). Da notare come tale pratica sia estremamente affine alla tecnica meditativa di ripetizione di un mantra, come nelle pratiche orientali, o a quella della ripetizione di una preghiera, come nel caso dell’esicasmo e della preghiera del cuore.
Indotto lo stato di assoluto rilassamento, lo “schermo nero” di cui si è parlato nell’articolo su Bardon, la coscienza sarà ora pronta a produrre immagini e visualizzazioni sempre più vivide. Si tratta della fase attiva dell’autoipnosi, possibile proprio perché il nucleo essenziale e creativo della coscienza, rimasto sveglio, si è come separato dal corpo e dalla coscienza quotidiana e ordinaria mediante la pratica di rilassamento, e non è dunque oppresso dal sovraffollamento di pensieri, ricordi, emozioni.
Shone propone diversi scenari di visualizzazione. Similmente a quelli descritti da Bardon, si tratta di scenari in cui ogni senso viene stimolato per produrre l’immagine o la sensazione corrispettiva, affinché la visualizzazione si faccia sempre più cristallina. La mente di ciascuno può sbizzarrirsi con la fantasia, vagando in ogni luogo conosciuto o sconosciuto, reale o immaginario; non è dunque essenziale citare ogni esempio descritto da Shone. Citerò solo, per fare un esempio che possa fungere da base, uno “scenario di rilassamento” descritto dall'autore:
“Ti trovi in una foresta e ti stai dirigendo verso una sorgente minerale che ben conosci, ed ecco la raggiungi e ti trovi lì, del tutto solo. Ti spogli e scivoli nell’acqua tiepida. L’acqua è molto dolce e sta rilassando i tuoi muscoli. Puoi proprio sentire l’effetto benefico di tutti i minerali che attraversano i pori della pelle e penetrano nel corpo. E via via che i minerali penetrano nel corpo ecco che rilassano tutti i tuoi muscoli, piccoli e grandi. Senti proprio la freschezza sul tuo viso. Ora stai uscendo, lentamente, ti senti molto rilassato e non desideri altro che sdraiarti. Così ti sdrai sotto il tiepido solo, e i tiepidi raggi del sole si posano sul tuo corpo e si uniscono alle gocce d’acqua minerale e ti rilassano ancora di più. […] In tutto questo tempo sei sempre più rilassato e sempre più profondamente addormentato. Ogni cosa è totalmente calma e tranquilla” (Shone, La tecnica dell’autoipnosi, Astrolabio, p. 80).
Da notare che, come negli esercizi di Bardon, la tecnica autoipnotica e di visualizzazine proposta da Shone contenga non solo suggestioni visive, ma anche tattili e somatiche. Come scritto nell’articolo di ieri, ogni senso deve essere stimolato per rendere la visualizzazione sempre più vivida. Ci si deve inoltre sforzare a rendere la visualizzazione sempre meno “verbale/descrittiva” e sempre più “sensoriale”. In altri termini, si inizierà a indurre le prime visualizzazioni con descrizioni verbali simili, appunto, a quella di Shone per poi sforzarsi affinché la visualizzazione non nasca in conseguenza a discorsi e parole, ma che sorga direttamente come un’immagine dal nostro inconscio, in modo da tagliare ancora di più i vincoli con la mente razionale a cui il linguaggio è fortemente legato.
Per finire, si dovrà uscire dallo stato autoipnotico. L’uscita deve avvenire in maniera graduale, in modo da non interrompere la visualizzazione. Si comincerà dunque a “sfumare” sempre di più le immagini e le sensazioni della visualizzazione, per poi tornare allo stato di oscurità mentale preliminare a un secondo conto alla rovescia, in questo caso di “emersione” dall’inconscio, al termine del quale si apriranno gli occhi.
Shone, La tecnica dell’autoipnosi, Astrolabio Edizioni
Daniele Palmieri
Ti suggerisco di leggere “Le terapie immaginative” di Claudio Widmann
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