Daniel von Czepko è stata una personalità poliedrica dell'umanesimo seicentesco. Umanista, filosofo, teologo, poeta, giurista, medico, politico e, non ultimo, mistico tedesco, il suo amore per la conoscenza non conobbe limiti e la sua figura rappresenta magistralmente l'ideale del Sapiente antico, che non si limita a specializzarsi in un'unica materia ma che riconosce l'intrinseca connessione tra tutti gli ambiti del sapere.
La sua vasta produzione, così come la sua figura, è poco nota in Italia e tra i pochi testi tradotti vi è il Seicento distici di sapienti, recentemente edito da Lorenzo de' medici press, promettente casa editrice fiorentina.
Seicento distici di sapienti di Daniel von Czepko è un testo straordinario, che unisce la mistica di Meister Eckart al rigore dei distici morali attribuiti a Catone il Censore e alla poesia delle quartine di Omar Khayyam. Non a caso ispirarono la fiammante poesia di Angelo Silesio.
Come suggerisce il titolo, il testo è una raccolta di distici, brevi componimenti poetici formati da una coppia di versi che, come le sentenze di Eraclito o come i koan zen, sono incisivi, taglienti, fulminanti e illuminanti, in grado di colpire con la rapidità e la forza di un martello, con tanto di scintille.
La raccolta è divisa in sei centurie, sei libri ciascuno dei quali formato da cento distici e a ciascun libro è dedicata una sfumatura dell'esperienza mistica, tracciando così un sentiero spirituale che, in sei gradini, eleva il lettore attraverso la poesia. Una poesia che allude e che, proprio per la brevità dell'espressione letteraria del distico, non svela mai i segreti che nasconde ma, anzi, li cela, riservandoli esclusivamente all'iniziato in grado di cogliere il nesso tra le righe. Ma è proprio celando che il distico, allo stesso tempo, è in grado di svelare la propria sapienza nascosta, innestando la volontà di conoscere e il sentimento che, dietro il paradosso, vi è qualcosa di più profondo, che non può essere conosciuto con la razionalità o l'irrazionalità, ma che può essere carpito soltanto trascendendo gli ordinari limiti mentali.
Ogni centuria è introdotta da un richiamo, ciascuno dei quali introduce la sfumatura mistica del libro successivo, dando al lettore una chiave di volta per interpretare i distici e per cogliere l'insegnamento spirituale che si cela dietro di essi. In ordine, i sei richiami (già di per sé un insegnamento) sono:
Richiamo a chi legge/più pensare che leggere
Richiamo a chi cerca a fondo/L'Uno-Tutto nell'Uno.
Richiamo a chi ha sguardo penetrante/Il più bello è lassù.
Richiamo ai liberati/Non secondo le parole, ma secondo il senso.
Richiamo agli spirituali/In interiorità e umiltà.
Richiamo ai beati/Santifica il sabato.
Come si può notare già a partire dai lapidari richiami, ritornano i temi e gli insegnamenti cari alla mistica tedesca di Eckhart e Boheme, che a partire dalla rivolta protestante inaugurata da Lutero ha sempre prediletto un approccio personale, individuale, emotivo e senza mediazioni alla rivelazione divina, piuttosto che l'approccio "letterario" ed "erudito" che passa per le sacre scritture. Ne nasce così una mistica viva, infervorata di passione e poesia, che si volge non tanto alla scrittura quanto al silenzio, all'intimità, alla contemplazione del mondo circostante, a una ricerca frenetica di Dio non nella lettera morta, ma nella vita e nel mondo.
Il silenzio, come dimensione dell'interiorità, si fa portatore di grandi verità, molto più del vaniloquio dei teologi, poiché pone l'anima a diretto colloquio con un Dio che si nasconde proprio nelle sue profondità. Scrive Czepko:
"Tacendo ho imparato di me stesso assai più/Che da cent'anni di chiacchiere di molti saggi" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 38).
Questa mistica interiore, a tratti spregiudicata, che vede l'ordine divino che si nasconde in ogni cosa, giunge perfino a mettere in dubbio l'esistenza concreta di Paradiso e Inferno, considerati alla stregua di condizioni dello spirito piuttosto che di luoghi concreti, di salvazione o dannazione eterna. Paradiso è lo stato di eterna quiete, distacco e atarassia proprio dell'anima illuminata, ricongiuntasi in Vita con Dio ed elevatasi spiritualmente al suo rango, fino a divenirne un tutt'uno. Inferno, al contrario, è intorno a noi, in ogni momento in cui ci facciamo rapire dai turbamenti dell'esistenza. Ma in ogni caso Dio è sempre presente, come forza creante e ordinatrice, come spirito divino che infonde il proprio Lògos in ogni cosa e che dunque è sempre manifesto anche quando occulto. Scrive von Czepko:
"Qui paradiso, là inferno: non darti pena di loro,/sopra quello, sii certo, e sotto questo c'è Dio" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 46).
Se Dio è il Lògos onnipervasivo, l'alfa e l'omega che si estende dall'Inferno al Paradiso, ne consegue che il suo Verbo non si trova soltanto nella lettera delle Sacre Scritture, ma soprattutto nel meraviglioso mondo che ci circonda. Anzi, volendo vedere le Scritture ne sono un'ipostasi inferiore, una sorta di testimonianza di seconda mano, giacché la realtà stessa porta impresso il sigillo del creatore che l'ha plasmata. Dice il mistico tedesco:
"L'erba stessa è un libro: se cerchi di aprirlo,/puoi conoscere il creato e avere ogni sapienza" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 68).
La via della conoscenza divina passa anche per lo studio meditato e attendo dell'opera del creatore, a tal punto che la ricerca spirituale viene da Czepko assimilata all'arte alchemica. L'alchimia mostra infatti non solo l'eterna trasmutazione delle cose, ma i meccanismi che soggiacciono dietro la natura e che, una volta compresi e riprodotti, elevano l'uomo alla potenza creatrice di Dio:
"Scomponi metallo ed erbe, contempla la loro essenza/Sperimenterai quanto possa la seconda creazione" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 91).
L'uomo stesso deve compiere verso se stesso una trasmutazione alchemica, per distillare la propria anima dalle impurità, scomporla dal corpo e ricongiungersi a Dio, in un'operazione per nulla semplice, che passa anche per la sofferenza e per il dolore, una vera e propria lotta come quella del legno e del fuoco:
"La fiamma avvolge il legno e ne fa tutto un fuoco,/e lì no vedi pace finché i due non sian uno" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 47).
Ma è proprio superando il conflitto che l'uomo deve dimostrarsi degno della divinità, pari al suo rango, poiché:
"Chi Dio vuol vedere, deve elevarsi alla sua essenza:/Poiché Dio vuol mostrarsi solo a Dio e null'altro" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 119).
Un conflitto che non si conclude con la vittoria e la sconfitta di nessuno, ma con l'eterna conoscenza del mistico oblio. L'uomo si ricongiunge a Dio elevandosi al suo rango soltanto nella misura si dimentica non soltanto di Dio, ma perfino di se stesso, annichilendosi nella tenebra divina in cui non vi è più alcuna distinzione né tra uomo e Dio, né tra Dio e mondo, né tra Dio e se stesso, ma solo un abisso di "ignoranza eterna", assimilabile per certi versi al Nirvana Buddhista:
"Se in Dio vuoi sprofondare, e nel suo abisso/Non devi ricordarti di Lui, e neanche di te" (Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press, p. 90).
In conclusione, Seicento distici di sapienti è un testo imprescindibile non solo per chi si occupa di mistica tedesca, ma per qualsiasi ricercatore spirituale che voglia comprendere l'essenza della tensione mistica.
Da lodare l'iniziativa della Lorenzo de' Medici Press e il suo coraggio di proporre al pubblico italiano una perla dimenticata della cultura occidentale, tradotta da Giovanna Fozzer e magistralmente curata da Marco Vannini (massimo esperto e traduttore di Mesiter Eckhart, a cui è stato dedicato un altro volume della collana).
Daniel von Czepko, Seicento Distici di Sapienti, Lorenzo de Medici Press
Per ulteriori informazioni: http://lorenzodemedicipress.it/
Daniele Palmieri