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martedì 15 maggio 2018

Ambrogio di Milano: Exameron. La natura maestra di verità

In una sua recente monografia su Ambrogio, Franco Cardini definisce l'esistenza del vescovo di Milano come una "sublime e tormentosa grandezza". 
Non si sarebbero potute condensare con definizione migliore la vita e il pensiero di Ambrogio che, lungi dall'essere un santo, fu un uomo grandioso e tormentato, dalle numerose sfaccettature e contraddizioni le quali, lungi dallo sminuirne la figura, contribuiscono a renderlo una delle personalità più importanti della storia, della teologia e della filosofia occidentale.
Purtroppo, al giorno d'oggi Ambrogio è conosciuto più per le leggende che circolano sul suo conto, per il folklore popolare milanese, per i riti ambrosiani che annualmente si celebrano in città, per le nozioni da "catechismo" sulla sua vita e sulla sua santità. Poco, invece, si sa dell'Ambrogio pensatore e politico, e lo scarso interesse nei suoi confronti, anche nel mondo accademico, è testimoniato dalla scarsità di testi su di lui e dalla difficoltà di reperirne gli scritti in traduzione italiana.
Eppure, Ambrogio fu un pensatore grandioso, nonché una delle personalità politiche e religiose più abili della storia. Fu Ambrogio a dare una svolta decisiva alla storia politica della Chiesa in età tardo-antica, e sempre Ambrogio contribuì, con le sue omelie, a diffondere l'insieme di simboli e credenze che influenzeranno l'immaginario collettivo dei secoli a seguire, tanto nell'architettura quanto nella teologia e nella letteratura, per tutto il medioevo.
Tra le sue opere più grandiose vi è l'Exameron, il Commento ai sei giorni della creazione, un ciclo di nove omelie tenute nei giorni precedenti alla pasqua, per celebrare la grandezza del creato in tutte le sue sfaccettature. Scritto sul calco dell'Exameron di Basilio di Cesarea, il testo di  Ambrogio è tuttavia una rielaborazione personale e creativa, che si ispira soltanto all'impianto dell'omonimo testo del padre orientale, arricchito con le doti letterarie e poetiche del vescovo di Milano e con numerosi riferimenti alle condizioni politiche a lui attuali. 
La straordinarietà di questo ciclo di omelie risiede nel loro essere un connubio di poesia, letteratura, teologia, biologia, filosofia. Esse non sono atte ad ammaestrare e ammansire il popolo, ma a istruirlo. Con la sua grande preparazione culturale, Ambrogio è in grado di intessere discorsi appassionati, che esortano alla virtù e alla fede a partire sia dall'esperienza quotidiana sia dall'esperienza del mondo circostante, oltre che, ovviamente, dalla conoscenza delle Sacre Scritture.  
Le parole di Ambrogio guidano attraverso la creazione di un mondo che brulica di vita, gioia, festa, felicità. Dio è paragonato a un ragno che silente tesse la sua tela, creando così una rete perfetta, armoniosa, in cui ogni parte è in armonia con il Tutto. "L'opera ti riempe di meraviglia" [Exameron, I,9] esclama il vescovo di Milano, contemplando la realtà che lo circonda ed esortando i fedeli riuniti all'ascolto a contemplarne la bellezza. Numerosi sono i passi in cui il vescovo di Milano esorta gli uomini a contemplare la realtà che li circonda, a colmarsi della bellezza divina che permea ogni cosa, sfatando così il mito della teologia cristiana "cupa", che vede nella materia una sorta di crogiolo del peccato. No, per Ambrogio ogni elemento porta il marchio divino e perfetto del suo Creatore; memorabili, ad esempio, le sue parole dedicate alla campagna in fiore:

"Ma che splendore è quello della campagna in fiore, che profumo, che incanto, che consolazione per i contadini! Se avessimo a disposizione soltanto le nostre parole, non potremmo potremmo descriverle degnamente, Però ci soccorrono le testimonianze della scrittura, da cui apprendiamo che l'incanto della campagna è il termine di paragone per la benedizione e i meriti dei santi, poiché Isacco dice: L'odore del mio figliuolo è come l'odore di una campagna fiorita. Perché dunque descrivere le mammole dal colore di viola, i gigli bianchissimi, le rose vermiglie, i campi dipinti di fiori giallo-dorati, ora screziati, ora arancio acceso, dei quali non sai se più ammirare la bellezza o il profumo penetrante? Gli occhi si saziano di uno spettacolo tanto piacevole, il profumo si effonde tutto all'intorno, colmandoci della sua fecondità [...] Osservate il giglio dei campi, com'è intenso il candore dei loro petali, e come questi, inoltre, strettamente congiunti, si aprono come sollevandosi dal basso in alto, formando un calice, ove dentro rifulge una preziosità simile all'oro, che però tutt'intorno è ben difesa dal fiore, che la ripara da ogni oltraggio!" (Ambrogio di Milano, Exameron, Tea Edizioni, pp. 93-94)

Dedicando ciascuna omelia a uno dei giorni della creazione, Ambrogio si sofferma a descrivere il cielo e la terra, il vento e l'acqua, il mondo nella sua complessità e nella geografia all'epoca conosciuta, gli esseri viventi che popolano il creato, dalle piante, ai rettili, ai pesci, ai mammiferi fino ad arrivare all'uomo. In questo modo, Ambrogio istruisce il popolo fornendogli gli strumenti conoscitivi di base, rendendo le sue omelie una vera e propria "scuola" di cultura generale, in cui nulla è lasciato al caso e in cui ogni fenomeno naturale viene analizzato, così come la sacra scrittura, tanto nel suo significato "letterale" e "materiale", tanto nel suo significato morale e anagogico. Alle omelie di Ambrogio si ispirerà la fiorente letteratura dei bestiari e dei lapidari medievali, in cui ogni in ogni elemento fisico e naturale viene rintracciato un significato morale, atto a istruire l'uomo e a elevarne la coscienza. 
Sviscerando la natura in ogni suo aspetto, ogni elemento diviene un simbolo, ossia una manifestazione del divino (o teofania) che permette di ricongiungersi a Dio e alla sua perfezione, innalzando l'uomo alla sua immensità. Anche in una semplice pigna, se osservata con l'occhio dell'intelletto, è possibile contemplare la perfezione del tutto. Dice Ambrogio:

"E chi, nel vedere la pigna, non stupirebbe che una così artistica simmetria si sia potuta sviluppare e imprimere nella natura per comando divino, formandosi da un unico centro con sporgenze tutte uguali, benché di diversa proporzione, con le quali proteggere il frutto? Sicché una stessa figura e regolare disposizione si mantiene identica in quella forma circolare, e nelle singole parti c'è come un nuovo prodotto che eccede per dimensione sugli altri, però l'aspetto elegante del frutto forma nell'insieme una rotondità perfetta. Direi perciò che nella pigna la natura ha come espresso un simbolo di se stessa, a partire dal primigenio comando celeste di Dio, essa conserva le prerogative ricevute, e ripresenta i suoi frutti nell'ordinaria successione delle stagioni, finché non sia perfettamente compiuto il ciclo degli anni" (Ambrogio, Exameron, Tea Edizioni, pp. 116-117)

Anticipando la grande filosofia della natura di filosofi come Rosseau, Thoreau ed Emerson, Ambrogio esorta l'uomo a ritornare alla semplicità della natura, a cogliere dalla sua bellezza e dalla sua meraviglia gli insegnamenti in grado di colmarlo di grazia divina, in grado di fargli recuperare la primordiale purezza dell'Eden, diffondendo così l'idea, che diventerà fondamentale nella filosofia medievale, secondo la quale è possibile conoscere Dio attraverso due libri: la Sacra Scrittura e il Libro della Natura, prima maestra di vita. Dice il vescovo di Milano:

"La sapienza divina penetra tutte le cose e tutte le riempie, e questo lo deduciamo molto più copiosamente dalle varie facoltà degli esseri viventi privi di ragione, che non dalle dispute di quelli dotati di ragione; in realtà, la testimonianza della natura è più efficace di tutte le argomentazioni della scuola [...] In realtà, la natura è la miglior maestra della verità" (Ambrogio, Exameron, Tea Edizioni, p. 234).

Ma oltre all'aspetto didattico e mistico, le omelie di Ambrogio sono anche un grande esempio di realismo politico, e posero le basi della concezione politica della chiesa dei secoli a seguire. La famiglia di Ambrogio era discendente dell'antica gens Aurelia, espressione dell'aristocrazia repubblicana latina ed ereditaria di quell'antico spirito repubblicano scavalcato da Cesare e da tutti gli imperatori a seguire. E il medesimo spirito permea anche il pensiero di Ambrogio, che delinea i tratti di una Chiesa di stampo repubblicano, in cui tutti i fedeli sono uguali sia dinnanzi a Dio sia dinnanzi alla legge, civile ed ecclesiastica, in cui non si fanno preferenze in base al ceto di origine e in cui, anzi, i ricchi sono tanto più lontani dalla beatitudine, tanto maggiore sarà la disuguaglianza sociale, l'oppressione dei poveri e dei deboli, l'avidità nei confronti delle risorse e dei beni terreni. Ambrogio stesso ebbe il coraggio di donare gli ori della chiesa per sfamare il popolo milanese in un momento di difficoltà.
Questo perché, erede anche della tradizione filosofica ellenistica, Ambrogio ripone le vere ricchezze non negli effimeri tesori materiali, ma nella ricchezza interiore dell'anima che ciascuna serba nel proprio scrigno corporeo. Un'anima creata a diretta immagine e somiglianza di Dio, e siccome tutte le anime portano impresso il sigillo del Creatore, allora non può esservene una migliore di un'altra, poiché tutte possiedono il tesoro più grande che può essere insozzato non dalla povertà, ma soltanto dal vizio. La virtù morale, che eleva l'uomo a Dio, è la ricchezza più preziosa che ciascun uomo può coltivare, e che rende anche il più povero dei contadini superiore al più ricco dei re. Allo stesso tempo, la più sontuosa delle dimore non è nulla in confronto al Creato, reggia sublime a disposizione di ogni uomo e nei confronti della quale nessun ricco può reclamare la prerogativa. Scrive Ambrogio:

"Gli elementi sono stati donati in società a tutti gli uomini, e gli ornamenti del mondo sono a disposizione dei ricchi come dei poveri. Forse i soffitti dorati delle abitazioni più lussuose sono più belli della volta del cielo, trapunta di stelle sfavillanti?  Forse i poderi dei ricchi sono più estesi della terra spaziosa? Per questo, ben a ragione è stato detto a quella gente che aggiunge palazzo a palazzo, podere a podere: Resterete forse soli ad abitare la terra? Tu, povero, possiedi una casa più grande [...] La casa di Dio è aperta al ricco e al povero; però è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli. Ma forse ti rammarichi di non avere nessun lampadario d'oro che ti faccia lume: però, ben più raggiante, la luna ti rischiara, diffondendo d'attorno il suo chiarore. [...] O pensi che siano felici coloro che escono stipati da turbe di schiavi accodati? Ma se hanno bisogno di piedi altrui, è segno che non sono capaci di servirsi dei propri [...]. Credi che sia splendido dormire su letti d'avorio, e non pensi quanto sia più splendida la terra, che distende sotto il povero erbosi giacigli, ove è dolce il riposo, gradevole il sonno che quell'altro invoca e non può prendere, rimanendo sveglio tutta la notte, pur accomodato in mezzo a sponde dorate" (Ambrogio, Exameron, Tea Edizioni, pp. 262-263)

Per saperne di più su Ambrogio, il 19 maggio 2018 terrò, a Milano, la prima Passeggiata di  Meraviglia in collaborazione con la Tlon, in cui a partire dai simboli della basilica di Sant'Ambrogio esporrò la vita e il pensiero di  Ambrogio e Agostino: https://www.facebook.com/events/2083199308590214/

Ambrogio di Milano, Exameron. Commento ai sei giorni della creazione, Tea Edizioni.

Daniele Palmieri

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