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martedì 17 maggio 2016

Bisogna tollerare gli intolleranti? Marcuse e la critica della tolleranza

Bisogna tollerare gli intolleranti? Questa è la domanda fondamentale attorno alla quale ruota un breve pamphlet di Marcuse, Critica della tolleranza, in cui il filosofo tedesco descrive una forma di tolleranza "negativa", che spesso diventa uno strumento di oppressione invisibile in mano al potere.
Per trovare una risposta a questa domanda occorre, innanzitutto, stabilire cos'è la tolleranza e quale è il suo compito. 
Stando al ritratto che ne dà Marcuse, la tolleranza è un fine in sé, ossia l'eliminazione della violenza e la riduzione della soppressione per proteggere uomini e animali dalla crudeltà e dall'aggressione. Si tratta di una forma di tolleranza attiva, presente in una società utopica in cui essa è davvero universale, praticata quanto dai governanti quanto dai governati, con l'unico scopo di garantire la libertà comune e il dibattito democratico.
A questo modello positivo di tolleranza, Marcuse oppone, come anticipato in precedenza, un modello negativo, che si articola in due forme differenti.
La prima è la tolleranza conformistica delle idee consolidate. Si tratta di una tolleranza passiva, omologante, che porta l'individuo ad appiattirsi sul pensiero dominante e a tollerare ogni suo sopruso, anche le oppressioni violente o le guerre ingiuste. E' una forma di tolleranza che "è amministrata per manipolare e indottrinare gli individui, affinché ripetano pappagallescamente, come fossero proprie, le opinioni dei loro capi". Questo tipo di tolleranza è, in realtà, una forma di censura nei confronti delle idee eretiche; una censura infida poiché silenziosa, che si limita ad ascoltare le voci di dissenso, salvo poi girarsi dall'altra parte e non prenderle in considerazione nel momento della decisione.
"Quelle minoranze che lottano per un mutamento del tutto stesso, nelle condizioni più favorevoli che di rado prevalgono, saranno lasciate libere di deliberare e di discutere, di parlare e di riunirsi, e saranno rese inoffensive e impotenti nei confronti della maggioranza opprimente, che milita contro il mutamento sociale qualitativo"
Vi è poi una seconda forma di tolleranza, ancora più controversa e pericolosa: la tolleranza nei confronti dell'intolleranza e dei movimenti che, esplicitamente, militano a favore dell'oppressione, contro i diritti umani. Può uno stato democratico tollerare questa forma di intolleranza? La risposta di Marcuse è noi, poiché in questo modo la tolleranza va contro la sua stesso fine: la libertà individuale, all'interno di un'istituzione che sia in grado di garantire l'autonomia ai propri cittadini la possibilità di scegliere il loro governo e determinare la loro vita. Una condizione utopica, a cui però bisogna tendere in nome del progresso (umano, culturale, sociale) e, in tale contesto, la soppressione di idee xenofobe, razziste, violente, totalitarie è un requisito necessario per permettere questa forma di sviluppo e per diffondere la libertà. "La soppressione del regresso è un preliminare per il rafforzamento del progresso".
In contrasto con Mill, dunque, che sostiene la difesa a oltranza di ogni opinione, anche le più controverse (qui la sua analisi in On liberty), finché esse non sfociano nell'azione, Marcuse sostiene che bisogna sottrarre la tolleranza verso i movimenti regressivi prima che possano diventare attivi, per un motivo molto semplice: poiché essi puntano a diventarlo. Nessun uomo esprime un'opinione per il gusto di farlo. Anche la persona più ininfluente che sostiene posizioni razziste e xenofobe vorrebbe che la sua visione del mondo venga imposta alla realtà sociale, e farà di tutto per supportare le persone più influenti di lui con la possibilità di farlo. Allo stesso tempo, persone influenti, con grande risonanza, che esprimono pubblicamente opinioni intolleranti sono un pericolo per l'intera umanità, poiché contribuiscono a diffondere un clima d'odio. "In circostanze passate e differenti, i discorsi dei leaders fascisti e nazisti furono il prologo immediato del massacro. La distanza tra la propaganda e l'azione, tra l'organizzazione e i suoi effetti sulla gente si è fatta troppo corta. Ma la diffusione della parola sarebbe potuta essere arrestata prima che fosse troppo tardi: se la tolleranza democratica fosse stata ritirata quando i futuri capi cominciarono la loro campagna, l'umanità avrebbe avuto la possibilità di evitare Auschwitz e una guerra mondiale".

Cosa pensare della posizione di Marcuse? Non riesco ancora a prendere una posizione netta a riguardo, poiché la censura è pericolosa come il fuoco ed è difficile stabilirne dei confini precisi che riescano, in maniera chirurgica, a intervenire soltanto lì dove c'è davvero bisogno di farlo. Spesso la censura "motivata" si trasforma in strumento di oppressione anche nei confronti di pensieri, opinioni e idee che non dovrebbero rientrare nei suoi confini ma che, per qualche cavillo burocratico, vengono fatte rientrare in esse poiché funzionale al potere costituito. 
D'altro canto, è innegabile la forte considerazione marcusiana sui movimenti nazifascisti. Hitler aveva reso esplicito il proprio programma politico fin dalla pubblicazione de "La mia battaglia" e "La mia vita"; cosa sarebbe successo se le sue idee fossero state censurate sul nascere? Forse si sarebbero davvero salvate milioni di vite, oppure il problema sarebbe soltanto stato rimandato, visto che i malumori, l'odio e il sentimento di rivalsa che il popolo tedesco covava già dalla fine della prima guerra mondiale, e forse era necessario che l'Europa vi sbattesse la testa.

Daniele Palmieri

Marcuse, Critica della tolleranza, edito da Mimesi Edizioni
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2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. E da un po' che non mi rispondi non vorrei averti fatto arrabbiare perchè non è mia intenzione!

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