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sabato 22 gennaio 2022

Le Piante degli Dèi. La gnosi vegetale di Hofmann e Ratsch

Dopo l'ultimo articolo sulla Rivoluzione psichedelica, proseguiamo l'approfondimento sull'estasi indotta dalle piante sacre con un grande classico della materia: Piante degli Dèi, scritto a quattro mani da Albert Hofmann e Christian Ratsch e poi rivisto da Richard Evans Schultes, coraggiosamente ripubblicato di recente in Italia da Venexia Edizioni.

La storia del libro si lega strettamente alla rivoluzione psichedelica avvenuta nel lungo arco di tempo che va dalla scoperta (involontaria) dei poteri visionari dell'LSD, compiuta dallo stesso Hofmann nel 1943, fino all'apoteosi della diffusione dei movimenti di "controcultura" del '68, sebbene il testo, pubblicato nel 1979, giunge ormai a coronamento di una rivoluzione volta al suo termine, quasi a farne da coronamento. 

Quando Ratsch e Hofmann pubblicarono il testo, infatti, la morsa della legge si era abbattuta da tempo sulla molteplicità di sostanze psichedeliche che avevano contribuito a diffondere una differente visione del mondo e della coscienza, soprattutto negli Stati Uniti, ed erano state ormai bandite nei principali stati Occidentali, fatta eccezione alcune "concessioni" a scopo religioso.

Lo stesso Hofmann aveva avuto modo di riflettere in maniera critica su quanto era avvenuto nei decenni passati in un altro libro, forse il più noto dell'autore: LSD il mio bambino difficile (edito in Italia da Feltrinelli), anch'esso dato alle stampe nel 1979, da un lato riconoscendo le potenzialità dell'LSD e, in generale, delle sostanze psicoattive nell'espansione della coscienza umana, nonché nella storia delle religioni, ma dall'altro mettendo in guardia sull'uso sconsiderato che ne era stato fatto, soprattutto da figure come Timothy Leary, reo di averne "volgarizzato" l'utilizzo alle grandi masse, senza preoccuparsi delle possibili conseguenze legali e psicologiche.

Nonostante la "deriva" presa dalla rivoluzione psichedelica, non venne meno la consapevolezza di Hofmann sull'importanza delle sostanze psicotrope per la storia e l'evoluzione umana. Da qui la scelta di compilare una delle guide rivolte al grande pubblico più complete sull'argomento, in collaborazione con Christian Ratsch, antropologo ed etnobotanico tedesco che, fin dalla giovane età, si era occupato di studiare gli effetti delle piante allucinogene sulla psiche e la cultura dell'uomo. Similmente a studiosi come Wasson, infatti, era stato a stretto contatto con le popolazioni indigene del Sud America per studiare l'uso degli allucinogeni nelle tradizioni sciamaniche autoctone, vivendo con i Lacandòn nelle foreste del Chiapas (Messico).

Piante degli Dèi è un'opera coraggiosa e monumentale, volta a proseguire in maniera accademica gli studi antropologici e farmacologici sulle piante sacre e a compiere una summa delle scoperte (o, meglio, delle riscoperte) avvenute in materia fino al 1979, con la consapevolezza che dietro alle sostanze allucinogene vi fosse molto di più della deriva popolare e triviale presa dalla rivoluzione sessantottina. Come scrivono gli autori fin dall'introduzione del libro: "L'uso di piante allucinogene o che espandono la coscienza ha fatto parte dell'esperienza umana per molti millenni, tuttavia, solo di recente il mondo moderno occidentale si è reso conto dell'importanza che queste piante hanno avuto nel plasmare la storia, sia delle culture primitive che di quelle più sviluppate. Infatti, gli ultimi trent'anni hanno visto una vertiginosa crescita dell'interesse verso l'uso e il possibile valore degli allucinogeni nella nostra società moderna, industrializzata e urbanizzata. Le piante allucinogene sono complesse fabbriche chimiche, ma ancora pochi si rendono pienamente conto di quanto potrebbero contribuire alla soddisfazione dei bisogni profondi dell'uomo [...]. Non c'è dunque da stupirsi che esse abbiano giocato un ruolo importante nei riti religiosi delle prime civiltà, e che continuino a essere motivo di venerazione e timore presso alcune popolazioni" (Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni, p. 9).

Il filo conduttore del libro, molto più di un semplice dizionario, è l'idea che le piante sacre abbiano da sempre accompagnato l'uomo nel suo sviluppo religioso e spirituale e che il loro "bando", soprattutto nel mondo Occidentale (o a causa del mondo Occidentale) sia avvenuto in un'epoca relativamente recente della storia. Per millenni le piante sacre dagli effetti psicoattivi sono stati dei veri e propri portali vegetali in grado da fungere da collegamento tra il mondo materiale e il mondo degli spiriti. Lungi dall'essere un fenomeno isolato, la loro presenza e il loro utilizzo rituale è costante pressoché in tutto il mondo. A variare, chiaramente, è la sostanza utilizzata, in base alle piante "offerte" dalle regioni nel mondo. Ma la cosa sorprendente è che a diverse latitudini e longitudini del globo, in culture radicalmente differenti tra loro e mai entrate a contatto fino a determinati periodi storici, è sempre possibile rintracciare delle sostanze psicotrope che hanno accompagnato i riti e le pratiche sciamaniche, religiose o magiche. Così, per fare alcuni esempi, nell'Induismo delle origini si trovava il Soma, bevanda divina in grado di mettere in contatto l'uomo con la divinità, in cui Wasson identificò, come ingrediente principale, l'Amanita Muscaria; nel mondo Greco-Romano, per oltre 1500 anni, a farla da padrona fu il kikeon, il ciceone, nettare iniziatico a cui si abbeveravano gli iniziati ai misteri eleusini il quale, secondo Hofmann e anche secondo alcune scoperte archeologiche recenti, sarebbe stato preparato con la Claviceps Purpurea, o ergot, il fungo della segale cornuta; nell'estremo Nord-Ovest dell'America meridionale gli sciamani delle popolazioni autoctone hanno usato, e usano tutt'ora, una pozione inebriante e psicoattiva, chiamata in lingua quechua Ayahuasca (rampicante dell'anima), un decotto vegetale estremamente sofisticato dal punto di vista chimico, composto da piante di diverse famiglie, tra le quali le più importanti sono la Banisteriopsis caapi e le foglie di chacruna (Psychotria viridis); nel culto bwiti e di altri gruppi iniziati del Gabon è possibile trovare l'iboga (Tabernanthe iboga), radice dal colore giallastro utilizzata dagli sciamani per condurre l'iniziato nel mondo dei morti, facendo vagare la sua anima al di fuori dal corpo anche per diversi giorni; in Messico gli Aztechi svilupparono una grande devozione nei confronti della cosiddetta "carne divina", i funghi psicoattivi che usavano nelle loro cerimonie più solenni. 

In Occidente il declino e la persecuzione di questa forma di iniziazione al mondo spirituale è avvenuto con l'avvento del Cristianesimo che, limitando esclusivamente alle pratiche ascetiche la possibilità di entrare in contatto con il divino e additando come pagane ed eretiche tutte le pratiche che coinvolgevano l'uso di sostanze psichedeliche, ne bandì l'utilizzo, interrompendo, dopo una eredità millenaria, il culto di Eleusi, sopravvissuto fino ad allora a ogni conquistatore. Un atteggiamento manifestatosi più volte nel corso della storia del Cristianesimo, identico a quello perpetrato sia nei confronti delle "streghe" ree di utilizzare unguenti dagli effetti psicoattivi (contenenti, infatti, piante analizzate dal testo di Hofmann e Ratsch) sia dai primi missionari cristiani che entrarono in contatto con le popolazioni autoctone del Sud America, che bandirono vere e proprie crociate per sradicare il culto e l'utilizzo delle piante sacre. 

E' interessante, in questo caso, compiere una connessione con un altro testo sulle piante sacre, Pharmakognosis di Dale Pendell (Add Editore), in cui l'etnobotanico sottolinea come l'atteggiamento inquisitoriale nei confronti delle piante sacre sia stato ereditato, in maniera pressoché immutata, dalla mentalità sociale e giuridica contemporanea. Come avvenuto durante le persecuzioni religiose perpetrate dall'Inquisizione, lo stato alterato di coscienza viene percepito a priori come un tabù, anche quando indotto da sostanze che non presentano alcun effetto collaterale sulla salute, e perseguitato dalla legge in quanto tale - formalmente per le possibili azioni pericolose per sé e per gli altri che si potrebbero compiere, ma essenzialmente per la paura indotta dal cristianesimo nei confronti della dell'esperienza visionaria diretta e per la capacità dello stato alterato di coscienza di mettere in luce il non-senso di gran parte delle strutture sociali, e di sovvertire così l'ordine costituito. D'altronde, perfino l'esperienza diretta della divinità indotta dai mistici attraverso le pratiche ascetiche è sempre stata vista con sospetto anche dalla Chiesa e, in fin dei conti, ogni mistico sapeva di muoversi sul confine delicato e sottile tra santità ed eresia.

Ma questo sospetto è in gran parte immotivato e pregiudiziale. Come illustra in maniera estremamente dettagliata Piante degli Dèi, l'uomo ha sempre convissuto in simbiosi con le piante sacre. Il loro abuso è figlio esclusivamente della società moderna, proprio perché, a differenza delle civiltà tradizionali, ne è stato smantellato l'utilizzo rituale, che permetteva di avere esperienze mistiche guidate e in situazioni controllate, minimizzando il rischio di "eventi avversi". Come sottolinea Giorgio Samorini in un dialogo con Marco Maculotti su Axis Mundi dedicato proprio al libro (qui il dialogo), è incredibile constatare la capacità da parte di società erroneamente definite "primitive" di gestire piante sacre dagli effetti potenzialmente mortali, come l'iboga, che molti chimici esperti della società occidentale non si arrischierebbero a usare, data l'alta tossicità. E questo perché, ben prima dello sviluppo della chimica moderna, l'uomo era stato in grado di conoscere, sperimentare e utilizzare i principi attivi delle piante sacre, attirato dal fascino sacro dei loro effetti il cui significato, ancora oggi, resta un profondo mistero.

Come scrivono, infatti, Hofmann e Ratsch: "ancora non si conosce quale sia la funzione di queste sostanze speciali nella vita della pianta stessa [...]. Il motivo per cui alcune piante producono sostanze con effetti specifici sulle funzioni mentali ed emotive dell'uomo, e sulla sua capacità di percezione, persino di ste stesso, rimane quindi uno degli enigmi risolti della natura(Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni, p. 20). Un mistero che, tuttavia, sembra essere intrinsecamente connesso con l'evoluzione umana - a tal punto che, secondo autori come McKenna, lo stesso salto evolutivo dell'uomo è stato possibile proprio grazie all'incontro con le sostanze allucinogene, che avrebbero contribuito allo sviluppo della coscienza (tesi avanzata ne Il cibo degli dèi, qui la recensione).

Se solo non fossero soffocate dal peso del pregiudizio e del sospetto, la scienza e la chimica moderne, in collaborazione con l'antropologia ma anche la religione e, in generale, le materie collegate ai reami dello spirito, potrebbero risolvere questo mistero. D'altronde, come scrivono Hofmann e Ratsch: "Si potrebbe pensare che con l'isolamento, l'analisi strutturale e la sintesi della psilocibina e della psilocina, i funghi messicani abbiano perso la loro magia. Per migliaia di anni gli Indios hanno creduto che nei funghi abitasse un dio, proprio a causa degli effetti sullo spirito di quelle sostanze che, ora, invece, possono essere prodotte sinteticamente in un pallone di vetro per reazioni chimiche. Ma non si deve dimenticare che la ricerca scientifica ha soltanto dimostrato che le proprietà magiche dei funghi coincidono con le proprietà dei due composti cristallini: il loro effetto sulla mente umana rimane tanto prodigioso e inspiegabile quanto quella dei funghi stessi. E questo vale anche per quanto riguarda i principi attivi isolati e purificati di altre piante degli dèi" (Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni, p. 23).


Piante degli Dèi, Hofmann e Ratsch, Venexia Edizioni


Daniele Palmieri

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