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sabato 8 aprile 2017

Bernardo di Chiaravalle e i Templari. La Lode alla nuova milizia

Bernardo di Chiaravalle è stata una delle figure più poliedriche e attive del medioevo, dal punto di vista culturale, politico, filosofico e religioso. Monaco votato non solo alla vita contemplativa ma soprattutto a quella attiva, fu il primo a sdoganare il dogma della vita monastica di clausura e aprirsi al mondo laico, muovendosi per tutta Europa e fondando, insieme ai monaci del suo ordine, abbazie in Francia, Italia, Austria, Germania.
Famoso in tutta Europa, tanto da avere un grande influsso su Papi, politici e intellettuali, nelle correnti del pensiero esoterico Bernardo di Chiaravalle è conosciuto per essere la guida spirituale di uno degli ordini cavallereschi tanto famosi quanto misteriosi e incompresi: i Templari.
Siamo nel XII secolo, epoca travagliata che ha appena visto lo svolgersi della prima crociata e la riconquista di Gerusalemme da parte delle forze d'Occidente; una Gerusalemme che, tuttavia, era costretta nelle sue stesse mura, circondata da ogni dove dalle forze musulmane. E' il 1118 quando il cavaliere Hugo de Payns, insieme ad altri otto cavalieri, parte alla volta della Terra Santa, per fondare un nuovo ordine con lo scopo di difendere i pellegrini che si recavano nella città riconquistata. Baldovino II, re di Gerusalemme, ufficializza la loro missione e stabilisce la loro residenza nel luogo dove si dice sorgesse il Tempio di Salomone. Da qui il leggendario nome: Cavalieri del Tempio, Templari.
Nel 1128 arriva il riconoscimento ufficiale della Chiesa al termine del Concilio di Troyes, grazie anche alle pressioni di San Bernardo che aveva preso con grande entusiasmo la fondazione di questo nuovo Ordine, tanto da scrivere una missiva direttamente al fondatore, Ugo de Payns, nel 1135.
Nasce così il testo che è considerato la base teorica e spirituale dell'Ordine dei Templari, il De laude novae militiae: Lode alla nuova milizia.
La lettera si apre, paradossalmente, con una forte critica nei confronti della guerra e delle milizie. In un'Europa sconvolta da conflitti bellici di ogni tipo, Bernardo critica la Cavalleria e i principi di essere succubi della brama di denaro, di combattere non per la giustizia ma per l'arricchimento personale e per l'avidità. Allo stesso tempo, Bernardo critica l'atteggiamento con cui i Cavalieri profani affrontano il conflitto, di per sé già evento terribile.
Scrive Bernardo: "Tutte le volte che entrerai in combattimento, tu che fai parte della milizia profana, dovrai temere, mentre uccidi il tuo nemico nel corpo, di uccidere anche te stesso, nello spirito: o nel momento in cui sarai da lui ucciso, di esserlo nello stesso tempo nel corpo e nell'anima. Dai sentimenti del cuore e non dall'esito del combattimento si valuta il pericolo o la vittoria del cristiano. Se il motivo dello scontro sarà stato valido, il risultato della battaglia non potrà essere negativo; ma l'esito non potrà essere che cattivo, se la causa che lo aveva preceduto non era stata buona e l'intenzione non era stata giusta. Ma se avverrà che tu venga ucciso mentre volevi uccidere un altro, sarai morto come omicida. Nel caso invece che tu vinca e che, spinto dalla volontà di essere vittorioso o di vendetta, tu uccida il tuo avversario, vivrai da omicida".
Uccidere un'altra persona è sempre un evento funesto, e lo è anche in battaglia dove si è costretti a farlo se si è spinti dal desiderio di vendetta o dal piacere della vittoria. Cavalieri siffatti non hanno nulla di nobile; sulla loro anima è impresso il marchio di Caino.
Qual è, dunque, la grande novità introdotta dall'Ordine dei Templari? I Cavalieri Templari non nascono come milizia di conquista, non sono al servizio dell'avidità di un sovrano, non ricercano ricchezze né riconoscimenti, ma nascono esclusivamente per proteggere il prossimo. Quando sono costretti a uccidere un nemico, non possono essere chiamati assassini perché hanno vinto in partenza la più fondamentale delle battaglie: la battaglia con se stessi. In loro non alberga odio, bramosia, vendetta o timore. Non uccidono per piacere o per accrescere le loro ricchezze, ma esclusivamente per proteggere il prossimo e solo se non vi è altro modo per dirimere il conflitto. Scrive infatti Bernardo: "Ma certamente neppure i pagani dovrebbero essere uccisi, se in qualche altro modo fosse possibile impedire loro di opprimere eccessivamente e di sopprimere i fedeli". Ciò che i Templari compiono è definito da Bernardo un "malicidio", l'estirpazione del male dal mondo, quanto quello interiore quanto quello esteriore. La loro spada non deve portare la guerra, ma la pace, sia nell'animo sia in terra.
Per giungere a tale livello di consapevolezza e per estirpare il male anzitutto da se stessi occorre, però, un rigido tenore di vita, ed è in quest'ottica che rientrano le regole di vita monastiche e ascetiche dei cavalieri dell'ordine.
Essi "tengono in massimo conto l'obbedienza [...], vanno e vengono ad un cenno del loro superiore, indossano ciò che questi aveva loro assegnato, ed in nessun altro luogo si procurano cibo e abiti. Nel vestire e nel mangiare rifiutano tutto ciò che è superfluo, accontentandosi solo del necessario. Vivono interamente in comunità, comportandosi con gioia e sobrietà, senza moglie e senza figli. [...] per meglio aderire alla perfezione evangelica, tutti abitano nella medesima casa, adeguandosi ad un unico stile di vita, tutti solleciti a mantenere l'unità dello spirito nel vincolo della pace. Si direbbe che tutta la comunità è un cuore solo e un'anima sola [...]. In nessuna occasione si riposano in preda all'ozio o si muovono per soddisfare la loro curiosità; ma sempre, quando non combattono, per non mangiare immediatamente il pane, riparano i danni che presentano le armi, i vestiti, restaurano quello che è vecchio e mettono in ordine quello che è in disordine ed infine eseguono tutto quello che la volontà del Maestro o la necessità comune indicano che si debba fare. Tra loro non si fanno preferenze secondo la personalità; ci si affida al migliore e non al più nobile per nascita. [...] Mai eleganti ed acconciati, di rado lavati, si presentano piuttosto con i capelli trasandati o ispidi, sporchi di polvere, scuri di pelle per la corazza ed il calore intenso del sole. Nel prepararsi al momento del combattimento si armano interiormente con la fede ed esteriormente con il ferro, non con l'oro; in modo da incutere terrore ai nemici per le loro armi, piuttosto che provocarne l'avidità con l'abbigliamento. Vogliono avere cavalli forti e veloci, ma non con colori sgargianti con ricchi finimenti: poiché si preparano alla battaglia e non alla parata, alla vittoria, ma non alla gloria, impegnati più a incutere paura che ammirazione. Quindi si ordinano e si dispongono in schiere, non in modo caotico o impetuoso [...] ma con prudenza, pur tenendosi concentrati con riflessione e con ogni precauzione. [...] Affrontano il combattimento come veri Israeliti che amano la pace. Ma quando stanno per affrontare lo scontro, e solo allora, viene abbandonata ogni leggerezza e tranquillità [...] allora irrompono contro gli avversari, considerando i nemici come pecore e mai, anche se sono pochissimi, si lasciano intimorire dalla loro crudele barbaria o dal numero eccessivo. Per sperare nella vittoria hanno infatti imparato a tener conto non delle proprie forze, ma della potenza del Signore".
La tempra spirituale di questo Ordine Cavalleresco è del tutto nuova; mai fino ad allora erano esistiti dei guerrieri che lottavano con così tanta foga non per la gloria, per il denaro o per un principe ma per un ideale e per la salvezza del prossimo. Tant'è che lo stesso Bernardo, dopo questa poetica descrizione, arriva ad affermare: "Così, cosa degna di meraviglia ed unica, si vede che essi sono nello stesso tempo più miti degli agnelli e più feroci dei leoni, per cui non saprei se è preferibile definirli monaci oppure guerrieri; ma forse è opportuno chiamarli nell'uno e nell'altro modo, in quanto non manca loro né la mansuetudine del monaco, né la forza del guerriero".
A partire dall'approvazione di Bernardo, "luce della cristianità", fu così vasta la fama dei Templari che si creò un inedito sodalizio tra il loro ordine e la Cavalleria Musulmana, mossa in quel periodo da ideali del tutto simili. Come sottolinea Evola ne Il Mistero del Graal, infatti, anche nella tradizione esoterica musulmana si ritrova la medesima distinzione tra grande guerra santa (la guerra contro il male interiore) e la piccola guerra santa (guerra contro il male esteriore) e, da nemici, Templari e Musulmani si ritrovarono presto a specchiarsi gli uni negli ideali e nell'onore degli altri, tant'è che tali simpatie furono presto invise alle alte cariche politiche ed ecclesiastiche.
Alla rapida ascesa dell'Ordine seguì un declino altrettanto vertiginoso, che si concluse nel sangue con le feroci persecuzioni da parte di Filippo il Bello che, parallelamente, sancirono la fine dell'ideale di milizia sacra al servizio del prossimo in favore delle milizie laiche al servizio dei sovrani (e delle loro brame). E' certo, tuttavia, che il fascino suscitato da questo Ordine fu così grande che ancora oggi ne riecheggiano le gesta e i misteri.
San Bernardo - Lode alla nuova milizia, citazioni tratte dall'edizioni critica de Argonautiche Edizioni


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Daniele Palmieri

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