mercoledì 29 aprile 2020

La terrificante bellezza degli Angeli

Vi è una certa propensione nella spiritualità, nell'esoterismo ma anche nella religione collettiva contemporanea a epurare gli elementi simbolici della cultura tradizionale, svuotandoli dallo loro sfumature scabrose, spaventose, perturbanti, per restituire immagini piatte ed edificanti, che siano in grado di adattarsi al senso comune collettivo.
Il fenomeno è evidente soprattutto con il folklore fiabesco e le tradizioni legate al Piccolo Popolo, che nella narrativa, nei racconti, nelle storie e nelle fiabe contemporanei hanno ormai raggiunto un aspetto totalmente benevolo, leggiadro, innocente. Pensando alle Fate o agli Gnomi, ad esempio, vengono subito in mente le fatine felici, che volano e danzano nel cielo, o ai giocondi piccoli uomini che vivono nei funghi con il loro cappello rosso. Pochi sanno che, in realtà, sia le Fate sia gli Gnomi nel folklore classico erano temuti per rapire bambini e persone, per sostituirli con "doppi" mostruosi (nel cosiddetto fenomeno del changeling) o per cercare di convincere gli sprovveduti viandanti a seguirli nel loro mondo etereo dal quale, però, non avrebbero più potuto fare ritorno.
Lo stesso lavoro di epurazione e semplificazione simbolica sta avvenendo, soprattutto nel mondo dell'esoterismo, nei confronti di entità strettamente legate alla religione: gli Angeli.
Numerose pubblicazioni li dipingono come buoni e pacifici esseri di luce, che vegliano sulle nostre vite e le nostre coscienze, sempre pronti ad aiutarci sopraggiungendo fino a noi sotto l'aspetto di affascinanti fusti muscolosi e alati.
E' il caso, ad esempio, delle opere commerciali della Doreen Virtue, in cui Angeli e esseri fatati ritornano spesso, tanto nei libri quanto nei mazzi di carte, come creature gioiose, il cui unico scopo è quella di portar luce nelle nostre vite.
Anche in questo caso, simili concezioni attingono soltanto a una sfaccettatura di una simbologia molto più complessa e perturbante; guarda caso, quel lato in grado di renderli facilmente integrabili alla vita quotidiana comune. L'Angelo, come il Piccolo Popolo, deve essere addomesticato se vuole entrare nelle porte delle case di città, imbevute di logica, positività, buoni sentimenti; tutto ciò che può scuotere questa bolla deve rimanere al di fuori, poiché non può conciliarsi con la tranquillità borghese e cittadina.
Così, come nel caso del Piccolo Popolo, anche per l'odierna simbologia angelica si attinge agli elementi a noi più confacenti, distorcendo alcuni concetti.
Partiamo dal primo e più comune: la luce. Gli Angeli vengono spesso definiti come "esseri di luce" e perciò descritti come vere e proprie infusioni in endovena di positività, gioia, benessere, buoni sentimenti, amore indiscriminato. In realtà, la questione è molto più complessa. Nella tradizione classica, ad esempio nelle opere di Tommaso d'Aquino, l'Angelo viene definito come una pura Intelligenza che può sussistere senza il substrato materiale e corporeo, la cui natura è assimilabile a quella della luce. I filosofi medievali, prima ancora della fisica moderna, avevano colto la natura intermedia della luce; essa, pur non essendo materiale, agisce provocando moto, calore e mutamenti nel mondo fisico, tal punto che Roberto Grossatesta nel De Luce sostiene che la luce fu "la prima forma della materia creata" e che, da essa e dalla sua irradiazione per cerchi concentrici si espanse e si generà l'intero cosmo, in tutte le sue manifestazioni. Gli Angeli, avendo il ruolo di messaggeri della divinità, sono entità mediante tra uomo e Dio che, dunque, devono possedere una natura che non sia né puramente materiale né puramente immateriale. La luce è, per analogia, quanto più si avvicina a questo stato mediano. Di conseguenza, essi sono come Intelligenze che si muovo e irradiano come raggi luminosi - una luce che, però, non è un tenue riverbero edificante ma è assimilabile all'irradiazione esplosiva di una bomba atomica, che sarebbe in grado di accecare o incenerire l'uomo con un solo battito d'ali. Perciò gli Angeli, per entrare in contatto con l'uomo, sono costretti a celarsi.
Da ciò deriva l'altro grande fraintendimento, legato alla loro iconografia, spesso fatta coincidere con quella di figure umane dotate di candide ali, o di gioiosi putti. Anche in questo caso, pur essendoci una copiosa iconografia precedente affine a quella descritta, l'errore che si compie è credere che quello sia il reale aspetto degli Angeli, ossia far coincidere la loro immagine illusoria con la loro natura.
Pur rappresentandolo in quel modo, gli antichi erano consapevoli che quando l'Angelo appare sotto forma umana in realtà veste mentite spoglie e lo dimostra il fatto che, nei racconti biblici, viene riconosciuto come tale soltanto in seguito alla sua dipartita, quando si realizzano i suoi vaticini o altri fenomeni miracolosi.
Anche in tal caso la loro presenza suscita emozioni contrastanti, a fronte delle loro parole enigmatiche o dell'inspiegabilità della loro apparizione.
In generale, questo aspetto è da loro assunto come una maschera, indossata per assumere una forma concepibile dalla mente umana che, per la sua limitatezza, perderebbe altrimenti il senno di fronte a una visione per essa inconcepibile, che soltanto in grandi mistici, dopo lunghi esercizi spirituali e ascetici, sono in grado di tollerare - ma non di spiegare nella sua interezza, complessità e intensità emotiva. Difatti, quando gli uomini riescono a contemplarli spogliati dalle loro vesti fittizie, lungi dal contemplare semplici globi di luce si trovano di fronte a visioni meravigliose e terribili.
Scrive ad esempio l'Abate Calmet nelle sue Dissertazioni sopra le apparizione de' spiriti"I Cherubini, di cui spesso parlasi nella Scrittura, e che sono dipinti come serventi di Trono alla Maestà di Dio, erano figure jeroglifiche, appresso poco come le Sfingi Egiziane; que che sono descritti in Ezechiele sono come animali di figura umana, con le ali d'aquila, i piedi di bue, d'un lione, e dun'aquila, due delle loro ali si spiegavano l'una con l'altra, e due altre coprivano loro tutto il corpo; risplendevano come ardenti carboni, come lampade accese, come il Cielo infiammato quando lampeggia. Questo era veramente uno spettacolo orribile" (Abate Calmet, Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti, Arktos, p. 5).
Una visione "orribile a vedersi", tutt'altro che edificante, generata dal fatto che, di per sé, l'Angelo racchiude una totalità che l'uomo non può concepire e che la mente umana trasforma in un crogiuolo di forme mostruose, non avendo le categorie intellettuali per poterla concepire. E' come se si verificasse un "errore di sistema" all'interno della mente umana che si trova a processare informazioni inconcepibili e, nel tentativo di dargli una forma, crea immagini mostruose mettendo insieme immagini a essa note.
Perfino quando l'Angelo sopraggiunge a trascinare il mistico verso i Cieli più elevati esso scuote lo spazio, il tempo e la psiche con la manifestazione di una forza indescrivibile. Una ricorrenza che si trova tanto nella mistica cristiana quanto in quella islamica. Ad esempio, l'ascensione paradisiaca narrata da Najm Al-Din Kubra, mistico sufi del XII secolo, ne Gli schiudimenti della bellezza e i profumi della maestà è accompagnata da un senso di timor panico di fronte alla potenza dei cori angelici, che si fa sempre più intensa man mano che si avvicina a Dio. "Sappi che quattro angeli ascendono con il viandante" scrive il mistico sufi "uno alla sua destra, uno alla sua sinistra, l'altro sotto di lui e l'altro ancora alle sue spalle. Una volta arrivato a questa stazione, scorrerà sulla sua lingua l'impotenza dello stato di servitù adorativa [...] e avrà paura dell'intensità dell'energia e della violenza verso cui va incontro. Supplicherà di essere privato del proprio spirito, e a quel punto verrà lasciato da esso, e sentirà come avviene la privazione dello spirito o dell'anima" (Najm Al-Din Bubra, Gli schiudimenti della bellezza e i profumi della maestà, Mimesis, p.92). Il rapimento mistico è inoltre accompagnato da una sensazione di paralisi, alla perdita della volontà e del desiderio di muoversi o parlare, esperienza del tutto simile all'immobilità e al senso di impotenza provocati dal terrore.
Soltanto in seguito a queste sensazioni subentra la pace interiore, o perché infusa dagli Angeli stessi o perché, come nelle esperienze di premorte, l'anima, scossa dalle emozioni e dalle sensazioni limite, si è ormai distaccata dal corpo fisico, innalzandosi nella dimensione eterica libera dai condizionamenti della materia e della carne.
Anche nell'Apocalisse cristiana il ruolo degli Angeli è tutto fuorché edificante e la loro presenza non è meno spaventosa di quella dei Cavalieri dell'Apocalisse, dei corpi dei morti o delle bestie che si innalzano dalle acque. Come scrive l'Abate Calmet: "Giovanni nell'Apocalisse vide quattro animali d'intorno al Trono dell'Altissimo, i quali erano certamente quattro Angeli coperti di quantità d'occhi dinanzi e di dietro. Il primo rassomigliava a un lione; il secondo ad un bue; il terzo aveva la forma quasi d'uomo; e il quarto rassomigliava ad un'aquila, con le ali spiegate; ognun di loro avea sei ale, e non lasciavano di gridar notte e giorno. Santo, Santo, Santo, il Signor Iddio Onnipotente, che era, che è, e che deve venire" (Abate Calmet, Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti, Arktos, p. 5). Essi assistono dunque alla distruzione cosmica, assumendo forme mostruose affine a quelle dei Cherubini e gridando lodi alla divinità, preannunciando il tempo venturo.
Come accennato in precedenza, l'epurazione simbolica che sta avvenendo nei confronti non solo degli Angeli ma, in generale, delle entità delle religioni e del folklore classico trae origine da un'impossibilità, da parte dell'uomo moderno, di concepire la complessità antitetica e paradossale delle forme divine. Questa scissione logica e razionale è confacente alla spiritualità semplicistica ormai diffusa capillarmente, che tende a ricondurre gli elementi più complessi e sfaccettati della simbologia tradizionale a forme semplici, sfruttate in maniera utilitaristica per ottenere quel tanto di appoggio per affrontare la vita quotidiana, o per dare un po' di colore alla grigia routine. Tuttavia, le entità metafisiche e le esperienze mistiche trascendono, per la loro stessa natura, la vita ordinaria - da ciò l'esigenza della vita monastica di allontanarsi dal trambusto civile -  spesso sopraggiungono in concomitanza al suo sovvertimento. Restituire agli Angeli la loro terribile bellezza significa ridare sostanza a una spiritualità sempre più svuotata dai suoi contenuti e piegata alle esigenze delle vita temporale.
Immagine: Cherubino tetramorfo, Miniatura del XVI secolo, Wikimedia Commons
Daniele Palmieri


martedì 28 aprile 2020

UFO e Alieni: le ipotesi fisiche e metafisiche di un mistero moderno


Fenomeno celeste di Norimberga, Wikimedia commons
Complice la quarantena, ho avuto tempo e modo per approfondire un tema che avevo sempre guardato da lontano, con una certa vena di sospetto: l'Ufologia. Avevo sempre avuto l'impressione che gran parte delle discussioni e dei testi sull'argomento scadessero nel complottismo, nell'analisi ossessiva di foto e video sgranati, nell'utilizzo spropositato e inadeguato dell'ipnosi regressiva e in una sorta allucinazione collettiva, dovuta alla facoltà innata della mente di creare sempre nuovi simboli e nuovi miti.
Per fortuna, sono riuscito a imbattermi in alcuni autori che hanno sfatato gran parte di questi pregiudizi. E' vero che gran parte degli articoli e dei libri sul tema, sull'onda del facile sensazionalismo, si lanciano su ogni tipo di avvistamento, senza verificare le fonti e l'accaduto ma la vera storia di questa branca di studi moderna è stata portata avanti da autori, scienziati e pensatori di tutto rispetto. E il quadro che emerge dalla loro analisi, anche se divergenti, è che qualcosa di misterioso sta avvenendo nei nostri Cieli (a volte anche sotto le nostre acque o nelle nostre menti) e che questi fenomeni sono ben più antichi di quanto possiamo immaginare.
Nel presente articolo, dunque, ho intenzione di suggerire una bibliografia ragionata con la quale avvicinare all'argomento anche i più sospettosi e reticenti, che allo stesso tempo possa mostrare le diverse sfumature di un fenomeno tanto ineffabile quanto intrigante.
 
Un mito moderno. Il primo testo è di un autore molto letto, conosciuto e stimato per le sue conoscenze eclettiche: Carl Gustav Jung. Sono ben noti i suoi scritti di psicologia, simbologia e analisi degli archetipi del profondo. Meno conosciuto è, invece, il fatto che lo psicologo svizzero si occupò anche di Ufologia, pubblicando una delle prime analisi dettagliata del fenomeno proprio negli anni in cui esso stava venendo alla ribalta. Un mito moderno. Le cose che si vedono in cielo è il titolo dell'illuminante saggio junghiano che, per la prima volta, inquadrò la fenomenologia ufologica in un contesto più ampio.
Uno dei motivi per cui mi ero sempre tenuto lontano dalla materia, infatti, era un pregiudizio che molti condividono: possibile che in tutti i millenni di sviluppo della storia, della cultura e del pensiero umano, non si siano mai manifestati prima fatti analoghi?
In Un mito moderno , pubblicato nel 1958 ed edito, in Italia, dalla Bollati Boringhieri, Jung risponde esattamente a questa domanda, mostrando come il fenomeno ufologico sia, appunto, un mito contemporaneo. Non in senso dispregiativo ma nel significato più profondo della parola "mito", legato alla produzione simbolica inconscia della mente che, in ogni epoca, partorisce miti e simboli che riflettono le paure, le inquietudini, le emozioni, le idee, le speranze del momento storico ma sempre attingendo agli antichi archetipi dell'inconscio.
L'UFO, dunque, è un mito e, come ogni mito, un oggetto di studio di tutto rispetto, in grado di permettere alla psicologia del profondo di accedere all'inconscio collettivo dell'epoca presente. Paragonando i racconti degli incontri ravvicinati con i sogni dei suoi pazienti, infatti, si accorse di come molti simboli fossero estremamente ricorrenti e che entrambe le simbologie fossero, a loro volta, strettamente collegate con i racconti del passato di incontri o rapimenti da parte di Angeli, Demoni e altre entità divine. Come l'Angelo o il Demone, l'UFO appare insieme a una luce intensa, proveniente da una dimensione-altra, mostra un comportamento inspiegabile che fa percepire all'uomo la sua piccolezza e gli induce un senso di impotenza; allo stesso tempo, in molti racconti di abdotti (rapiti dagli UFO) ritorna la medesima sublimazione della pulsione erotica. Le sonde e le operazioni di invasione fisica che gli UFO compiono nei confronti del corpo umano, inerme e paralizzato, sono del tutto affini alle possessioni sessuali da parte dai demoni o ai sogni erotici di alcuni suoi pazienti. La forma rotonda, sferica o a disco, inoltre, del disco volante sarebbe una proiezione del Sé inconscio e sembra addirittura collegata alla visione dei mandala cosmici, così come l'osservazione dall'alto degli UFO risulta estremamente affine all'Occhio Divino inscritto nel triangolo, che tutto vede e tutto osserva dall'alto dei Cieli.
Tutti questi elementi simbolici sono sempre stati presenti nell'inconscio umano. Ciò che è mutato è il paradigma culturale dominante. La visione sacralizzata dell'universo delle epoche passate proiettava questi archetipi interiori in visioni metafisiche; il mondo moderno, invece, dominato dalla scienza e dalla tecnologia crea una simbologia affine alla modernità tecnologizzata. L'entità che viene dall'alto non è più superiore spiritualmente e metafisicamente, ma scientificamente; allo stesso modo, il cielo da cui l'UFO proviene non è più il Paradiso o il cielo ultraterreno, bensì il cielo fisico, concreto: lo spazio profondo, altrettanto indicibile e inconcepibile e, dunque, spaventoso.
Secondo Jung la paura stessa gioca un ruolo determinante nella simbologia ufologica moderna; l'isteria collettiva del pericolo che viene dall'altro sarebbe infatti, secondo lo psicologo, il trauma comune seguente ai bombardamenti tanto della prima quanto della seconda guerra mondiale.
Benché dunque Jung neghi la fisicità del fenomeno, rigettando l'ipotesi extraterrestre, pur rimanendo aperto al dubbio, non ne sminuisce l'importanza e, anzi, la molteplicità degli avvistamenti dimostrano quanto sia importante investigare e indagare sul fenomeno per comprendere l'uomo contemporaneo.
 
Il Blue Book e le indagini governative. Benché la prospettiva di Jung sia estremamente interessante, essa non risponde a tutti i dubbi di un fenomeno che, al di là delle evidenti ricorrenze simboliche e psicologiche con il passato, sembra tuttavia caratterizzato da elementi ricorrenti che non possono essere spiegati unicamente con il ricorso alla psicologia del profondo. A ulteriore dimostrazione di ciò, il fatto che gran parte degli avvistamenti della prima "ondata UFO" mondiale videro come protagonisti esperti membri dell'aereonautica militare oppure persone comuni, che non avevano mai né visto né sentito parlare di UFO e che, tuttavia, riportavano racconti sempre coerenti con gli altri avvistamenti. Per far fronte a questa situazione, il governo degli Stati Uniti avviò addirittura un'inchiesta ufficiale: il Blue Book, una delle prime grandi operazioni di raccolta e analisi dati, che cercò di compendiare e spiegare tutti gli avvistamenti avvenuti sul suolo americano. Tra i principali collaboratori di questo progetto vi fu Allen Hynek, astrofisico di fama internazionale che aveva il compito di spiegare quali avvistamenti di "luci" potessero essere ricondotti a fenomeni fisici e astronomici. Hynek si avvicinò al progetto con estremo scetticismo; come Jung, era convinto che nulla di fisico e tangibile solcasse i nostri cieli. Eppure, presto si dovette ricredere per due motivi: l'inspiegabilità di molti casi e, allo stesso tempo, la superficialità e la noncuranza con cui gli "specialisti" scelti dal governo si limitavano a liquidarli, quasi fosse una grande operazione di copertura, spesso andando contro i pareri da lui espressi. Hynek proseguì dunque le investigazioni sul fenomeno privatamente, con la collaborazione di altri studiosi, e tanto la vicenda del Blue Book quanto i risultati a cui lo portarono i suoi studi sono spiegati con perizia di dettagli in L'esperienza Ufo, edito in Italia da Venexia Edizioni. L'aspetto più interessante del testo è che esso non ha la pretesa di fornire alcuna spiegazione sulla natura degli UFO, ma si limita a mostrare e ad analizzare i dati oggettivi di cui siamo in possesso. L'unica cosa che possiamo dedurre da questi dati è che i fenomeni UFO, per quanto inspiegabili, sono degni di uno studio scientifico e che non è possibile liquidarli come mere allucinazioni, soprattutto a fronte sia delle descrizioni, sia degli effetti e dei materiali che accompagnano le numerose testimonianze a oggi rimaste inspiegate. Ad Hynek si deve inoltre la note suddivisione degli incontri UFO in: Incontri del primo tipo, avvistamenti di luci o movimenti nel cielo senza interazioni diretti; Incontri del secondo tipo, ossia avvistamenti di atterraggi o partenze di oggetti insoliti che, in alcuni casi, lasciano anche tracce rilevabili sul terreno; infine Incontri del terzo tipo, in cui avviene un'interazione diretta tra l'avvistatore e i piloti dei dischi volanti. Soprattutto negli ultimi due casi, non è più sostenibile nella sua interezza l'opinione di Jung, giacché una spiegazione meramente psicologica non può rendere conto degli effetti fisici e materiali sul terreno o sulle persone - che, in molti casi, in seguito a un incontro ravvicinato hanno manifestato effetti fisici come congiuntiviti o imbrunimento della pelle.
 
L'ipotesi Parafisica. Mentre tra il grande pubblico si faceva strada l'ipotesi "canonica" degli Alieni visti come Extraterrestri a bordo di dischi volanti, provenienti da un altro pianeta, alcuni autori proposero una teoria "eretica" alternativa, che lasciò basiti tanto gli scettici quanto gli ufologi tradizionali. Si tratta della cosiddetta "ipotesi parafisica". I principali fautori di questa ipotesi furono Jacques Valee e John Keel. Jacques Valee lavorò a stretto contatto con Allen Hynek e a lui si deve il merito di aver raccolto i suoi dati, di averli messi insieme con gli avvistamenti avvenuti in Francia, e di aver formulato un'ipotesi "sconcertante". Come Jung, Valee si accorse che i racconti di incontri ravvicinati sono estremamente affini alla mitologia del passato, soprattutto ai racconti folklorici legati al mondo delle Fate. Benché in epoca contemporanea sia avvenuta una vera e propria epurazione politicamente corretta nei confronti delle fiabe e del mondo fatato, per creare una narrazione adatta ai bambini, in realtà nel folklore classico il mondo delle Fate, degli Gnomi e dei Folletti ha sempre avuto una natura perturbante. Sono molti i racconti di incontri sconvolgenti, rapimenti, dispetti e colpi bassi più o meno pericolosi compiuto dagli esseri fatati nei confronti dell'uomo. Questi racconti presentano sempre le medesime, inquietanti, ricorrenze, pressoché in tutta Europa: le Fate si manifestano in prossimità dei cosiddetti "cerchi fatati" (o gli allineamenti di pietre o i cerchi d'erba creatisi misteriosamente sul terreno), spesso di notte e in luoghi solitari, sono in grado di trascinare il malcapitato nella loro dimensione parallela dove questi, inconsapevole del reale tempo trascorso, una volta tornato alla realtà scoprirà di essere scomparso anche per giorni; molti sono i racconti legati al "changeling", il rapimento dei bambini o di alcune categorie di persone sostituiti, dalle fate, con un "doppio" del rapito; le Fate, gli Elfi e gli Gnomi, inoltre, si presentano ora come esseri alti, biondi, eterei, ora come grotteschi mostriciattoli antropomorfi e pelosi.
Ci si potrà chiedere qual è la relazione tra questa simbologia e i dischi volanti. Ebbene, essa sfugge all'uomo comune perché l'immagine stereotipata e dominante dell'extraterrestre è quella dell'essere estremamente avanzato dal punto di vista tecnologico, che solca i cieli con apparecchi dalla tecnologia inconcepibile e che, quando scende sulla terra, si mostra con una testa grande, grigia e due ampi occhi neri e il corpo esile. Ascoltando le testimonianze dirette di coloro che hanno avuto in incontro del terzo tipo, tuttavia, ci si accorge di come questa sia una descrizione ben minoritaria. Soprattutto, Jacques Valee si accorse di come il comportamento tanto dei piloti quanto delle tecnologie riferite da coloro che hanno avuto un incontro ravvicinato non sembrano, in alcun modo, essere ascrivibili a "intelligenze extraterrestri" da una tecnologia estremamente sviluppata. Anzi, in molti degli incontri sia il loro comportamento sia i loro strumenti sembrano una grottesca parodia dell'aspetto, della cultura e della tecnologia umana. Esattamente come gli esseri fatati si divertivano a spaventare e a scimmiottare gli uomini e la loro cultura, nel folklore del passato.
Nei racconti di alcuni abdotti, gli "Alieni" sono bassi, pelosi, grotteschi, giocondi, "naneschi" ma anche inquietanti come gli Gnomi; in altri sono alti, slanciati, con i capelli biondi, "nordici" come gli Elfi; altre volte sono figure inquietanti e minacciose affini ai Demoni o luminosi ed eterei come gli Angeli. Del tutto analoghi, dunque, alle entità del folklore, con la differenza che si manifestano con "tecnologie" che, tuttavia, sembrano non avere alcun senso o con comportamenti, che sembrano assolutamente inconciliabili con il loro essere scientificamente evoluti. L'interno delle loro astronavi, in alcuni racconti, viene addirittura descritto di pietra; i loro "esperimenti scientifici" che lasciano mutilazioni sul bestiame e cicatrici sul corpo paiono estremamente retrogradi, anche nei confronti delle conoscenze mediche umane; spesso sembrano mostrare interesse verso i rudimentali attrezzi degli agricoltori o perfino dell'abbigliamento umano, a tal punto che in alcuni resoconti gli esseri "naneschi" cercano in ogni modo di sottrarre dalla vittima questi oggetti personali. Tuttavia, il fatto che questi oggetti risultino poi effettivamente mancanti e che, in alcuni casi, gli UFO siano in grado di lasciare tracce concrete sul terreno, sulle persone o sugli animali dimostra che l'intera vicenda non può essere ricondotta esclusivamente al substrato psicologico.
Come coniare, dunque, questi due aspetti apparentemente contraddittori? Secondo Valee, bisogna riformulare radicalmente la concezione stereotipata dell'extraterrestre proveniente da un altro pianeta, con una tecnologia avanzata, a bordo di navicelle spaziali, e rendersi conto che la loro natura è molto più affine a quella di "entità eteriche". Gli UFO, nell'ipotesi di Valee espressa in Dimensioni, pubblicato in italia dalla Venexia, sarebbero dunque entità para-fisiche, forme di intelligenza che non necessitano di un substrato materiale, che hanno sempre convissuto con l'uomo e che, forse, appartengono a una "quarta dimensione fisica", concatenata al nostro spazio-tempo ma che trascende la materialità. Gli "incontri" potrebbero avvenire in luoghi o momenti di contatto tra le due dimensioni e le entità sarebbero tanto incuriosite nei nostri confronti quanto noi lo siamo di loro.
Sulla stessa scia di Valee, il giornalista John Keel che, parallelamente all'autore francese, portò avanti una lunga inchiesta sul campo, interrogando oltre 200 persone entrate in contatto con gli UFO e sostenendo in Misteriose presenze sul pianeta terra che gli Alieni altro non siano che entità immateriali, a volte benevole e altre malevole, che hanno avuto un grande influsso sulla storia umana, divenendo oggetto di venerazione religiosa da parte degli uomini che non ne comprendevano la reale natura. Un aspetto, quest'ultimo, particolarmente interessante poiché, come vedremo, alcune branche dell'ufologia legate agli ambienti contattisti hanno creato, negli anni, vere e proprie pseudo-religioni.
 
L'ipotesi extraterrestre e i casi italiani. Personalmente, mi trovo molto vicino all'idea di Jacques Valee che, ad ora, sembra aver spiegato gran parte delle incongruenze presenti nei racconti degli avvistamenti. Tuttavia, anche in tal caso non si tratta di una risposta definitiva. Studiando il fenomeno degli UFO ci si accorge di come la coperta sia sempre troppo corta e di come, una volta trovata una presunta spiegazione, ci siano sempre dei dettagli che non rientrano nell'analisi. Per questo anche la "semplice" e "ortodossa" ipotesi extraterrestre non può essere scartata in toto, come ho realizzato leggendo gli ottimi resoconti dei massimi esperti di ufologia italiani, che nulla hanno da invidiare rispetto agli autori precedenti, come Pinotti, Tambellini, Marcucci e Degli Espositi. In particolare, Il Libro Bianco degli UFO, edito recentemente dalla casa editrice Armenia e scritto a quattro mani da Tambellini e Marcucci,  raccoglie e classifica gli avvistamenti più affidabili avvenuti sul territorio italiano, dagli anni '50 a oggi. Dalla lettura di questi casi, che sono soltanto la punta dell'iceberg di un enorme archivio raccolto negli anni da Pinotti e gli autori citati in precedenza, si evince anzitutto come anche l'Italia sia stata investita da questo fenomeno internazionale, presentando le medesime ricorrenze delle altre nazioni e dei casi più famosi; in secondo luogo come, anche in Italia, molti avvistamenti sono stati segnalati da persone comuni, che non avevano mai avuto a che fare con l'ufologia, che non ebbero alcun interesse a pubblicizzarsi con la vicenda e che, anzi, la considerarono o un "dono da tenere segreto" o un fatto estremamente inquietante, a cui non avrebbero voluto assistere. Molti sono inoltre i casi in cui furono conivolte le stesse istituzioni italiane, come membri della marina o dell'aviazione e soprattutto in questi casi sembra difficile far rientrare le rilevazioni dei radar, le apparizioni di dischi volanti o di enormi oggetti che emergono dalle acque, nonché le impronte degli atterraggi, con i racconti del folklore fatato tradizionale, ma sembrano in tutto e per tutto ascrivibili a entità extraterrestri in possesso di tecnologie superiori. Il cui ruolo, tuttavia, rimane ancora inspiegato.
 
La deriva pseudo-religiosa. Chiudo l'articolo con un testo di Gianluca Marletta: UFO e Alieni. Origini, storia e prodigi di una pseudoreligione, pubblicato dalle edizioni Irfan. In questo libro Gianluca Marletta, studioso laureato in Scienze Religiose, compie un'ottima disamina storico-critica del fenomeno UFO, che permette sia di farsi un'idea dell'evoluzione dell'Ufologia dai primi anni del novecento a oggi sia di approfondire le derive "pseudoreligiose" che, fin dalla sua comparsa, ne hanno accompagnato lo sviluppo. In particolare, Marletta mostra, nei primi capitoli del testo, come la nascita del fenomeno UFO, soprattutto della branca del "contattismo", presenti delle stette correlazioni con lo Spiritismo e come debba essere retrodatata alle esperienze magiche di autori come Aleister Crowley, che sostenne di essere entrato in contatto, mediante i suoi cerimoniali, con intelligenze cosmiche extraterrestri, come lo spirito "LAM", che egli raffigurò in un ritratto estremamente simile a quelli che oggi sono definiti "i Grigi". Questa forma di ufologia ante litteram, legata al contatto diretto tra l'uomo e extraterrestri in grado di comunicare per via telepatica o con apparizioni "mistiche", si svilupperà in movimenti che assumeranno molteplici caratteristiche in comune con la religione, come il movimento Raeliano: l'attesa messianica e liberatoria, la consapevolezza dell'esistenza di entità superiori, la speranza che esse siano in grado di guidare l'operato dell'uomo, di condurre le sue azioni, di portare la pace e una nuova epoca tecnologica, la "fede" nella loro onnipotenza. Aspetti che, tuttavia, risultano slegati da qualsiasi dottrina metafisica e teologica, da ciò la definizione da parte dell'autore di movimenti "pseudo-religiosi". Gran parte di essi sono capitanati da veri e propri "messia" moderni, anche quando essi si pongono l'obbiettivo di svelare grandi inganni. Da questo punto di vista, risultano estremamente attuali gli ultimi capitoli del libro che si soffermano sulle teorie del Paleocontatto, di Sitchin e di Biglino, che tentano di spiegare la genesi dell'uomo a partire da presunti esperimenti extraterrestri che avrebbero dato vita alla razza umana. Argomentazioni che, a partire da una esegesi letterale dei testi sacri, spogliati da qualsiasi forma di teologia e simbologia, ne ribaltano in chiave materialistica il contenuto - cadendo però nell'aspetto paradossale che, a fronte della mancanza di prove archeologiche concrete, le loro teorie non possono essere accettate che con un "atto di fede" nella loro esegesi materialistica e, soprattutto, nella veridicità della narrazione contenuta nei testi sacri.
 
In conclusione, ritengo che nessuna delle precedenti prospettive abbia offerto una spiegazione risolutiva; proprio per questo ritengo che si debba continuare a studiare e ad approfondire, con spirito critico e scientifico, il fenomeno UFO, poiché l'unico aspetto innegabile, filo conduttore di tutte le teorie, è che qualcosa di misterioso e inspiegabile sta avvenendo sulla Terra e trovare una risposta a questi fenomeni significherà andare incontro a una nuova rivoluzione culturale.
 
Daniele Palmieri

giovedì 23 aprile 2020

Aleksander Dugin, il Caos, la manipolazione mediatica e il progetto Eurasiatico

Bandiera dell'Eurasia, Wikimedia Commons
Negli ultimi anni stiamo assistendo a un fiorire sempre più preoccupante di notizie false e canali di "controinformazione", che fungono da cassa di risonanza di notizie non solo distorte, ma spesso inventate di sana pianta.
Questo oscuro sottobosco è estremamente variegato e complesso. A volte viene alimentato da siti di stampo pseudo-satirico, che coniano false notizie scandalistiche salvo poi specificare, in piccolo e in una zona remota del sito, che si tratta di informazioni inventate. Cosa, ovviamente, che nel 90% delle volte non salta all'occhio delle persone che si limitano a condividere i link basandosi sul titolo del presunto articoli.
In altri casi la faccenda si fa ben più inquietante. Gran parte di questi siti di controinformazione sono utilizzati a fini "propagandistici" (tra virgolette, poiché più che di propaganda si tratta di sciacallaggio) di stampo omofobo, razzista, antiscientifico, sempre puntando sul sensazionalismo, sull'odio e sulle emozioni più impulsive, che innescano nella psiche una reazione di indignazione istantanea che porta a condividere i link prima ancora di aprire le pagine.
Queste finte notizie create ad arte vengono inoltre condivise e ricondivise da profili finti, creati ad arte per infiltrarsi nei più disparati gruppi Facebook.
Il problema si sta facendo sempre più grave e difficile da gestire, poiché ad ogni sito chiuso ne nascono molti altri, che si rimbalzano sempre le stesse pseudoinformazioni, riciclando addirittura immagini ed eventi in un vortice di disinformazione. Inoltre, eventi recenti come i roghi di antenne o presunte antenne 5G dimostrano quanto le false informazioni stiano diventando un problema sempre più concreto e come ciò che nasce nel mondo della rete non rimane esclusivamente nel mondo della rete ma, anzi, si riversa poi nel mondo reale.
Chi si nasconde dietro questo sistema di "controinformazione"? Chi e perché alimenta questo sistema perverso?
Indipendentemente dal credo politico di ognuno, è innegabile il dato di fatto che gran parte del settore della controinformazione produce pseudo-notizie di estrema destra. Ma è su un persuasore occulto in particolare che mi voglio concentrare in questo articolo: la Russia.
Un recente studio di EuDisinfo, task force dell'Unione Europea creata per studiare il contenuto delle più recenti e popolari fake news legate alla crisi sociale, economica e politica causata dal Covid-19, ha portato alla luce come gran parte di esse siano di stampo filo-russo. Una notizia che non stupisce coloro che seguono le vicende politiche della Russia, poiché fa parte di una strategia iniziata prima ancora di quanto si possa immaginare. Più precisamente, nel 2001, con la pubblicazione di un manifesto filosofico e politico: Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia di Aleksandr Dugin (edito in Italia nel 2015 da I Libri del Borghese).
Aleksandr Dugin è un personaggio controverso, che Gary Lachman ne La stella nera, edito in Italia dalla Tlon, definisce Il Rasputin di Putin; non solo per la somiglianza estetica, ma anche per i suoi legami con il mondo dell'occultismo contemporaneo, in particolare con quella corrente della magia cerimoniale contemporanea che prende il nome di Chaos Magick.
Fondata da Peter Carroll, la Chaos Magick è una corrente esoterica che sradica i fondamenti della Magia Cerimoniale classica e cerca di fondare nuove forme di pratiche dal sapore post-moderno, legate cioè a un profondo senso di nichilismo nei confronti dell'esistenza e assumendo come principio e potenza magica universale il Chaos. Per il chaote, così nominato il mago del Chaos, l'epoca della post verità è una vera e propria manna dal cielo per la pratica magica, poiché questo Chaos e relativismo di principi e valori permette di plasmare la propria verità, il proprio mondo, mediante tecniche di manipolazione della realtà.
Tutto ciò potrebbe sembrare contraddittorio rispetto alle dottrine tradizionaliste sostenute da Dugin. Eppure, oltre ai contatti diretti tra Dugin e questa corrente magica underground dimostrati da Lachman ne La stella nera (ne ho parlato qui), due punti della strategia politica descritta in Eurasia sono estremamente affini tanto alle pratiche della Chaos Magick quanto alla tempesta di controinformazione filorussa che stiamo vivendo in Europa.
Sintetizzando l'ideale di Dugin, che egli definisce La Quarta Teoria Politica, nel mondo è in atto una guerra tra le forze lunari e di mare incarnate dall'Asse Atlantico, condotto dagli Stati Uniti, e le forze solari e terrestri incarnate dalla Russia. Le due polarità geopolitiche, che egli riprende da Schmit e Bachofen, rappresentano due visioni contrastanti e antitetiche del mondo: l'Asse Atlantico incarna il relativismo dei valori, il capitalismo, l'assoluto individualismo, il primato dell'economia sulla politica; la Russia, invece, si dovrebbe fare portatrice di una dottrina morale forte, basata sui valori tradizionali, del primato della politica sull'economia e della limitazione dei danni causati dal capitalismo sfrenato. Fin qui sembrerebbe di trovarsi di fronte a categorie politiche già presenti durante la seconda guerra mondiale, ma anche durante la guerra fredda. Ma Dugin si spinge oltre e sostiene che il nuovo ordine mondiale stabilito dagli Stati Uniti e dall'Asse Atlantico dovrebbe essere ribaltato da un nuovo "contro-ordine mondiale", con al centro un nuovo macro-continente: l'Eurasia. L'Eurasia, nella Quarta Teoria Politica di Dugin, rappresenta l'unione economica, politica, geografica e dottrinale dell'unico continente che si espande dall'Europa all'Asia. Le Nazioni di questo vastissimo territorio dovrebbero unirsi in nome degli antichi principi tradizionali comuni alle diverse religioni, venuti meno con l'espansione dell'americanismo. In contrasto alla progressiva omologazione della cultura "mondialista", l'Euriasismo garantirebbe il pluralismo delle tradizioni, ossia il riconoscimento e la difesa dei valori religiosi e morali delle diverse Nazioni, in una sorta di nuova Santa Alleanza che, però, non disdegna i mezzi produttivi propri del capitalismo, ma se ne appropria per ristabilire il dominio della politica sull'economia. In sostanza, ciò che Dugin propone è prendere gli "aspetti positivi" del Nazionalsocialismo e del Comunismo per unire e creare questo nuovo macrocontinente politico.
Secondo Dugin, nel 2001 si era ormai giunti a un momento di svolta in questo silenzioso conflitto in atto tra Russia e forze Atlantiche: "Il Progetto Eurasista per la Russia comporta che i criteri geopolitici e di civiltà vengano posti al di sopra di tutti gli altri. All'ingresso del XXI secolo, la Russia entra in una fase decisiva dell'opposizione fra civiltà, della quale si definirà una volta per tutte l'esito: vincerà definitivamente e irrevocabilmente il modello atlantista di sistema mondiale [...]? O l'Eurasia riuscirà ad affermare su scala planetaria un'alternativa globale, avendo dimostrato la propria giustezza storica, avendo giustificato la propria predestinazione eurasista, grande-continentale? Per questa ragione il fine supremo, il compito supremo della stessa esistenza storica della Russia acquisisce una forma netta e si riduce all'esecuzione di una missione geopolitica chiaramente formulata [...] porre le basi dell'alternativa eurasista globale al nuovo ordine mondiale" (Aleksander Dugin, Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia, I Libri del Borghese, p. 47).
Questo processo passa necessariamente, secondo Dugin, per il rafforzamento e il consolidamento del potenziale nucleare e strategico, agendo però in maniera sottile, senza causare una catastrofe nucleare e puntando a una forma di Chaos ben più sottile e, per questo, infida e nascosta, difficile da vedere: il Chaos causato dal condizionamento dell'opinione pubblica.
Ed ecco che ora ricolleghiamo tutti i pezzi del puzzle esposti in precedenza.
Tra gli atti magici cardine della Chaos Magick vi è quello di causare destabilizzazione fisica, materiale o psicologica per causare un Chaos che consenta di manipolare la realtà a proprio piacimento.
Similmente, Aleksandr Dugin nel suo manifesto politico scrive che una fase fondamentale nell'instaurare il dominio Eurasiatico passerà per l'induzione e la manipolazione di un Chaos controllato. Citando le sue parole: "Manipolazione dei processi caotici. La probabilità del verificarsi in futuro di processi caotici su scala mondiale, legati a catastrofi sociali, ecologiche, tecniche e psicologiche, viene valutata dagli esperti atlantisti come uno spettro di nuove sfide al dominio americano e alla stabilità del nuovo ordine mondiale. Il fattore caotico, in questo modo, diventa un importante strumento per la conduzione della strategia eurasista. La manipolazione artificiale di questo fattore, ed il suo impiego controllato e limitato a fini strategici rappresenta una importante direttrice di elaborazione strategica del Progetto Eurasista nella sua componente cratopolitica (di forza)"(Aleksander Dugin, Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia, I Libri del Borghese, p. 51).
Questa silente e celata attesa del momento caotico adatto deve essere accompagnata da un'intensa opera di condizionamento dell'opinione pubblica, che deve essere volto non soltanto verso l'interno del paese, ma soprattutto verso le nazioni estere, in una vera e propria manipolazione mondiale:
"Il fattore di influenza dei mezzi di informazione di massa nella realtà contemporanea è talmente noto che questo campo diviene un importantissimo fattore strategico. Per questo motivo il Progetto Eurasista in larga misura dipende dal controllo del centro strategico eurasista sul sistema dei mass-media russi e dei mass-media degli altri potenziali partecipanti al Blocco Eurasista, ed anche dall'efficace propagazione della linea eurasista nello spazio informativo generale. [...] I mass media eurasisti devono [creare] coerentemente le basi psicologiche per l'adozione del Progetto Eurasista alternativo e quindi proiettandole su di un pubblico sia interno, sia esterno. I mass-media eurasisti devono possedere una scala di diffusione planetaria" (Aleksander Dugin, Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia, I Libri del Borghese, p. 52).
 Anche in questo caso, vi è una stretta correlazione con alcune pratiche di manipolazione della Chaos Magick, che invertono il processo di causa-effetto e sostengono che non è un evento a generare un racconto o una narrazione, ma la narrazione che si fa dell'evento a creare e manipolare la realtà. Il caso di Pepe the Frog, trasformato in un simbolo dell'estrema destra, Dio del Chaos di cui Trump non sarebbe altro che un avatara è uno degli esempi più lampanti della capacità della Chaos Magick di agire sull'immaginazione collettiva, creando narrazioni alternative con un forte impatto sul mondo concreto.
Da questo punto di vista, risultano estremamente inquietanti e attuali le parole di Dugin sui nuovi mezzi di comunicazione, ossia la rete Internet che, ricordiamo, nel 2001 non aveva ancora raggiunto il livello di diffusione e interconnessione odierna che si verificherà soltanto con l'esplosione e la moltiplicazione dei Social Network. Per il pensatore russo, infatti, gran parte dell'opera di comunicazione di massa dovrà verificarsi al di fuori dei canali tradizionali, mediante la creazione di una rete di informazione globale indipendente di stampo Eurasiatico. Citando le sue parole: "Lo sviluppo dei sistemi di informazione determinerà in breve tempo l'universale diffusione di strumenti di comunicazione interattiva, quali la rete Internet. Negli ambienti interattivi all'utente è data una libertà di scelta fra fonti di informazione incomparabilmente più ampia che nel caso dei mass-media tradizionali. Lo sviluppo tecnologico dei sistemi interattivi fa sì che il ricettore dell'informazione gradualmente si avvicini al potenziale tecnico del suo creatore e diffusore, cosa che era esclusa dalle condizioni di funzionamento dei mass-media tradizionali. Il Progetto Eurasista deve favorire questa tendenza tecnologica [...] è chiaramente necessario sviluppare una rete eurasista di informazione interattiva, preparazione delal piattaforma logistica per la creazione della Eurasia virtuale - sistema di mass-media interattivi stabilmente portatore di un'introduzione informativoanalitica, psicologica e culturale ai principi della coscienza eurasista" (Aleksander Dugin, Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia, I Libri del Borghese, p. 52).
Ricordo, ancora una volta, che queste parole risalgono al 2001. Non bisogna confonderle con una "profezia" avveratasi ai giorni nostri, ma bisogna riconoscerle per quello che furono: la descrizione di un preciso piano politico che, lentamente e silenziosamente, è stato messo in atto, mediante la creazione e la diffusione di decine e decine di canali di "controinformazione".
Essi si muovono su due fronti.
Il primo fronte è atto a destabilizzare l'opinione pubblica e a creare il Chaos, diffondendo notizie false volte a creare panico e timori irrazionali nei confronti dei più disparati argomenti. In questo genere di notizie rientrano, ad esempio, giusto per citare quelle più recenti, le molteplici fake news sulla pericolosità del 5G o sulla diffusione del Covid-19.
Nel secondo fronte rientrano invece tutte le notizie, più o meno vere o credibili, di propaganda filorussa, che sono volte a creare quel substrato di accettazione psicologica nei confronti dell'idea Eurasiatica di cui parla Dugin. Questo secondo insieme di Fake News è altrettanto eterogeneo e in esso possiamo annoverare, ad esempio, le pseudo-notizie che dipingono Putin alla stregua di un Re-Teurgo forte, infallibile, deciso, concreto, capace di fronteggiare ogni situazione e risolvere ogni problema, amante dell'Italia (o di qualsiasi altra nazione nei confronti della quale è rivolta la notizia).
A fronte della delicata situazione politica, sociale, sanitaria e anche culturale che stiamo vivendo e alla luce dei legami sempre più stretti tra le destre europee e la Russia, ritengo che si debba prestare la massima attenzione nei confronti di queste tecniche manipolatorie psicologiche e politiche che non sono il frutto di un "controcomplottismo" ma, come dimostrano le stesse parole di Dugin, un piano studiato e scritto su carta ben diciannove anni fa.
 
Aleksander Dugin, Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia, I libri del Borghese
 
Daniele Palmieri
 
 

martedì 7 aprile 2020

Il tempo sacro, il tempo profano e la fine dei tempi in Jacopo di Varazze

I dannati, Francesco e Bernardino Carminati
Una delle profonde consapevolezze che ha sempre accompagnato l'uomo dalla sua comparsa sulla Terra è l'ineluttabilità della sua scomparsa.
Nella mitologia classica non solo la fine dei tempi è già stata scritta, ma essa è già avvenuta e si riproporrà nuovamente, nell'eterno dell'avvicendarsi delle ere cosmiche. Questa la visione di Esiodo, poi assimilata anche dalla filosofia di Aristotele per il quale la storia umana è un perpetuo rinascere dalle ceneri e dai detriti lasciati dai grandi cataclismi, in seguito ai quali i racconti dei pochi superstiti assurgono a mito.
Con l'avvento del cristianesimo nacque nell'uomo una nuova promessa: quella dell'Apocalisse finale. La Rivelazione (questo il significato letterale del termine Apocalisse) porrà fine al perpetuo ciclo di nascita e decadimento del cosmo e instaurerà il regno dei cieli, l'eterna età dell'oro. L'Apocalisse stessa conclude il lungo libro sacro in maniera circolare, restituendo all'uomo l'immagine dell'Albero della Vita perduto quando Adamo ed Eva scelsero l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Il Medioevo visse fasi in cui la promessa dell'Apocalisse divenne una vera e propria ossessione. Alcune anime inquiete, come Rodolfo il Glabro, andavano alla perpetua ricerca di segni, simboli, sconvolgimenti politici e culturali, cataclismi e presagi che potessero suggerire la prossima fine dei giorni. Molte furono le sette "eretiche" la cui dottrina e il cui comportamento era interamente volto alla redenzione in vista del Giudizio Finale, che poteva verificarsi da un giorno all'altro, e anche all'interno della Dottrina Cattolica vi furono molteplici esegeti della Fine dei Tempi.
Uno dei compendi più chiari, sintetici ma allo stesso tempo poetici della fine dei giorni è contenuto nella Leggenda Aurea di Jacopo di Varazze.
Jacopo di Varazze, nato nel 1228, fu un frate predicatore dell'ordine di San Domenico e fu noto, già in vita, per la sua vasta erudizione, che lo porterà a scrivere una delle opere cardine dell'immaginario simbolico medievale: la Leggenda Aurea. Il testo è un lungo compendio di biografie di santi, dalla predicazione di Gesù ai suoi giorni, ma lungi dall'essere una sterile opera storica o una mera raccolta di agiografie, la Leggenda Aurea è un vero e proprio crogiuolo di miti e leggende, in cui il messaggio cristiano si fonde al vivo, dinamico e immaginifico folklore dell'Europa Medievale. Angeli, Demoni, Spiriti, Draghi, viaggi, mostri, santi, peccatori, mercanti e predicatori, apparizioni misteriose, miracoli - il mondo di Jacopo di Varazze fonde tutti questi elementi creando un universo simbolico dalla simbologia fiabesca e dalla profondità archetipica.
L'opera si apre con una lunga introduzione, in cui viene compendiata la concezione del tempo secondo la dottrina cristiana. Essa solo in apparenza può apparire slegata dalle successive biografie; difatti, tutti i fenomeni fiabeschi, sacri e miracolosi citati in precedenza non possono che manifestarsi se non all'interno di uno spazio e di un tempo aperti alla dimensione simbolica delle immagini e delle visioni interiori, in cui ciò che conta non è l'esperienza quotidiana, razionale e logica della vita, ma come gli eventi materiali vengono trasfigurati dall'inconscio in simboli, segni, presagi.
In questa dimensione sacra, il tempo è scandito non dalle lancette dell'orologio, ma dalle fasi cosmiche vissute dall'anima dell'uomo.
"Tutta la storia dell'umanità" scrive l'autore "si divide in quattro epoche: il tempo dell'errore, il tempo del rinnovamento, il tempo della riconciliazione e il tempo del pellegrinaggio" (Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, p. 1).
Il tempo dell'errore va dalla creazione di Adamo alla nascita di Mosé e coincide con la Pasqua, ed è legato al primigenio peccato di Adamo, per colpa del quale l'uomo perso il contatto con il divino, cadendo dalla dimensione sacra al tempo profano.
Il tempo del rinnovamento comprende le epoche tra Mosé e la nascita di Cristo e rappresenta il primo tentativo, da parte dell'uomo, di recuperare il tempo divino.
Il tempo della riconciliazione è l'epoca cosmica inaugurata dal messaggio di Cristo, in cui Dio si è reincarnato sulla terra acquisendo e morendo in un corpo mortale affinché l'uomo potesse rinnovarsi e recuperare il corpo immortale.
Il tempo del pellegrinaggio è l'epoca presente, ancora in corso, "nella quale siamo sempre come pellegrini in battaglia: la Chiesa rappresenta questo periodo dall'ottava di Pentecoste fino all'avvento per cui si leggono i libri dei Re e i Maccabei nei quali risuona il rumore di molteplici lotte a significazione delle nostre battaglie spirituali" (Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, p. 2).
Il medesimo ciclo cosmico si riflette in tutte le manifestazioni dello scorrere del tempo "Secondo le stagioni, come l'inverno corrisponde al primo periodo, la primavera corrisponde al secondo, l'estate al terzo, l'autunno al quarto. Poi, secondo le quattro parti del giorno come la notte corrisponde al primo periodo, la mattina corrisponde al secondo, il mezzogiorno al terzo, il vespro al quarto [...]. Seguendo l'ordine liturgico prima trattiamo le festività celebrate nel tempo del rinnovamento; poi quelle che si trovano nel tempro compreso fra la nascita di nostro Signore e la Settuagesima; seguono le solennità che sono celebrate nel tempo dell'errore, quelle del tempo della riconciliazione, quelle nel tempo del pellegrinaggio" (Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, p. 2).
A compimento dei tempi giungerà l'ultima rivelazione di Cristo, che riconsegnerà all'uomo la vita eterna, portando fine al suo perpetuo pellegrinaggio iniziato dalla cacciata dal Giardino dell'Eden e, da allora, mai fermatosi.
Trattandosi di uno sconvolgimento cosmico, la fine dei tempi non avverrà nel silenzio ma si verificheranno grandi sconvolgimenti sociali, materiali, simbolici. Nella Leggenda Aurea, Jacopo di Varazze elenca quali sono i fatti che si verificheranno durante questo secondo avvento.
I primi segni che lo anticiperanno saranno "segni terribili", grandi sconvolgimenti che ribalteranno ogni ordine costituito, sia materiale sia spirituale, che Jacopo di Varazze descrive con parole degne dell'orrore cosmico lovecraftiano: "Nel primo giorno il mare si alzerà a quaranta cubiti sopra l'altezza dei monti ergendosi sulla sua superficie come un muro. Nel secondo discenderà tanto che a pena lo si potrà vedere. Il terzo giorno le belve marine apparendo sui flutti alzeranno ruggiti fino al cielo: solo Dio comprenderà il loro ruggito. Nel quarto giorno il mare arderà. Nel quinto gli alberi e le erbe stilleranno una rugiada di sangue. In questo stesso quinto giorno [...] gli uccelli del cielo si riuniranno nei campi ed ogni essere vivente non gusterà né cibo né bevanda ma aspetterà atterrito l'avvento del Giudice. Nel sesto giorno gli edifici crolleranno. In questo stesso sesto giorno si dice che fiumi di fuoco sorgeranno da occidente dilagando nel firmamento fino a oriente. Nel settimo giorno tutte le pietre si spaccheranno in quattro parti ed ogni parte cozzerà contro l'altra e l'uomo non conoscerà il rumore che esse produrranno, ma soltanto Dio. Nell'ottavo giorno un terremoto scuoterà tutte le terre e sarà così forte che gli uomini e gli animali cadranno a terra. Nel nono giorno la terra diverrà una sterminata pianura perché monti e colline si disferanno in polvere. Nel decimo giorno gli uomini usciranno fuori dalle caverne ed erreranno pazzi e muti. Nell'undicesimo giorno risorgeranno le ossa dei morti e staranno sopra ai sepolcri. I sepolcri si apriranno dall'alba al tramonto del sole perché tutti i morti possano uscire. Nel dodicesimo giorno cadranno le stelle. Nel tredicesimo giorno i viventi morranno per risorgere coi morti. Nel quattordicesimo arderanno il cielo e la terra. Nel quindicesimo ci sarà un nuovo cielo e una nuova terra e tutti risorgeranno" (Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, pp. 6-7).
Durante questi sconvolgimento, l'Anticristo errerà per il mondo elargendo doni fallaci, soggiogando le genti ora con il terrore ora con false promesse, tentando di mietere il maggior numero di anime possibili prima che si instauri il regno dei cieli. Poi avverrà il Giudizio Universale, inaugurato quando un Giudice scenderà nella valle di Josafat suddividendo buoni e malvagi rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra. "Egli apparirà altissimo onde tutti lo possano vedere" (Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, p. 7).
A questo punto, per opera del Giudice, inizierà la scrematura delle anime, in un terrificante processo cosmico in cui ogni uomo dovrà rendere partecipe tutta l'umanità tanto di pregi e difetti, virtù e vizi, peccati e buone azioni. Non ci sarà possibilità di fuggire, né di ritrattare quanto detto o fatto e le due schiere di buoni e malvagi verranno a loro volta suddivise in due gruppi, riflesso delle loro colpe e del loro grado di santità. I più malvagi verranno giudicati e condannati, mentre a coloro che si saranno macchiati di peccati relativamente minori verrà evitato il giudizio, ma saranno comunque destinati alla morte eterna. Similmente, i buoni verranno suddivisi in persone oneste che, tuttavia, macchiatesi di qualche peccato, verranno giudicate salvo poi essere ammesse alla gloria eterna, e santi dall'anima illibata, che nascosti da tutti assisteranno al processo senza essere giudicati. Tra gli accusatori presenzieranno il Demonio che, essendo il principe dei tentatori, conosce tutte le colpe che abbiamo commesso e, dopo averci lusingati, commetterà l'ultimo, grande, tradimento; il Peccato, personificazione mostruosa che confermerà le opere delittuose che commettemmo; infine, il Mondo Intero, che si ribellerà come un'immensa forza sovrumana, poiché ogni offesa verrà assimilata dal Giudice a un delitto contro l'Universo.
"Vi sarà poi un testimonio infallibile" scrive Jacopo di Varazze, "anzi tre testimoni deporranno contro di noi. [...] Dio stesso, la coscienza e l'angelo a cui siamo stati affidati"(Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, p. 10).
Terminato il Giudizio, i reprobi sciameranno confusionari come locuste; in alto a loro si staglierà il Giudice adirato, in basso a loro l'orrore del baratro eterno in cui un numero infinito di demoni li trascinerà. Infine, verrà emessa l'irrevocabile sentenza che avverrà in un battere di ciglio, data la certezza delle colpe commesse. E sulle ceneri del Vecchio Mondo, abbattuto il divenire del tempo, obliate le colpe e i peccati, si staglieranno le fronde fiammanti dell'Albero della Vita.
Andando al di là del significato dogmatico e letterale della visione di Jacopo di Varazze, considerando la ricorrenza nel numero quattro anche nella suddivisione dei dannati, possiamo rileggere la visione e i terrori dell'Apocalisse come il fuoco purificante che, attraverso la paura, trasmuta alchemicamente l'anima umana, scindendola anzitutto in due parti: anima negativa e anima positiva, e poi attuando un secondo lavoro di raffinatura che, dividendo gli elementi meno nobili da quelli più nobili, dà lustro, risalto e, infine, nuova vita all'unica componente animica degna di essere salvata, ossia l'invisibile anima dorata, luminosa come la luce spirituale di Dio e degli Angeli. Condensato tale oro puro, tutto il resto non può che essere destinato all'oblio. E le immagini mostruose, terrificanti, quasi crudeli che la simbologia dell'Apocalisse mette di fronte agli occhi dei fedeli sono fondamentali affinché l'anima, turbata fino alle sue regioni più profonde, possa mettere in atto tale lavoro spirituale.
Spauracchio per i fedeli incolti, crogiuolo di simboli per gli studiosi dell'inconscio, indipendentemente dalla fede e dalle letture che ognuno può trarne bisogna riconoscere a Jacopo di Varazze la capacità di dipingere, con le sue parole tanto semplici quanto vivide, gli sconvolgimenti e il timor panico vissuto dall'anima di fronte al collasso del mondo.

Jacopo di Varazze, Leggenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina

Daniele Palmieri

mercoledì 25 marzo 2020

Carl Gustav Jung: Sette sermoni ai morti. Il profeta di Abraxas, Dio dell'ultimo cielo

In questi giorni sta girando su Whatsapp e su Facebook un "dialogo edificante" che vede come protagonisti il capitano di una nave che, per tranquillizzare un suo mozzo, preoccupato per una quarantena imposta all'equipaggio, gli racconta come in passato colse un episodio simile per far fiorire la sua vita interiore attraverso la lettura, l'esercizio, la meditazione, la moderazione e via dicendo.
Il passo, pubblicato in origine dall'autore Alessandro Frezza sulla sua pagina Facebook, attraverso il passaparola, le catene e le misteriose logiche della rete è stato attribuito ai più disparati scrittori, fino a trasformarsi e a venire condiviso come un presunto passo del Libro Rosso di Jung, complici anche alcune testate giornalistiche, come l'Huffington Post che, senza nemmeno verificare la fonte hanno deciso di riproporre il passaggio in un loro "articolo" reiterando l'errore, salvo poi correggersi in seguito alle numerose lamentele ricevute.
Trovo ingiusto che un autore venga privato del riconoscimento nei confronti di una propria opera, fosse anche un breve dialogo condiviso sui social network. E, allo stesso tempo, quanto accaduto è profondamente scorretto nei confronti della memoria di Carl Gustav Jung.
Difatti, non solo vengono a lui attribuite parole mai scritte di suoi pugno, ma per di più esse vengono associate al suo libro più intimo e mistico, Il Libro Rosso, un vero e proprio squarcio sulle meraviglie più profonde del suo inconscio. Uno scritto che Jung riteneva così importante a tal punto da essere sempre stato restio a pubblicarlo, in vita, e che è giunto tra le mani dei lettori soltanto dopo lunghe trattative con gli eredi delle sue opere.
Ho deciso di scrivere questo articolo per dare al lettore un assaggio del "vero Libro Rosso", a partire dall'unica parte dello scritto che Jung fece circolare, quando era ancora in vita, in edizione privata e tiratura limitata, con il titolo di: Septem Sermones ad Mortuos, ossia Sette sermoni ai morti.
Rispetto al padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, Jung ha sempre esercitato un fascino maggiore tanto verso il grande pubblico quanto verso gli studiosi di esoterismo (più o meno seri). Questo perché Jung è stato in grado di descrivere la mente umana nella sua interezza, senza limitarsi alle pulsioni sessuali e conflittuali, ma addentrandosi nella camera oscura dei simboli interiori e della mistica, zona considerata tabù tanto dalla psicanalisi quanto dalla scienza novecentesca.
Benché Jung si sforzasse e, spesso, riuscisse a mantenere un approccio analitico e logico nei confronti dei grandi dilemmi dell'inconscio e della psiche umana, egli covava dentro di sé un'irrequietezza e un'attrazione nei confronti del mondo esoterico - ossia delle verità intangibili, irraggiungibili dalla sola ragione, che si nascondono dietro il velo della materia
In tale prospettiva, i Sette sermoni ai morti sono una delle più importanti testimonianze dell'irrefrenabile pulsione dello Jung mistico.
Come accennato in precedenza, i Sette sermoni ai morti nascono all'interno del Libro Rosso di Jung e, benché alcuni studiosi ne abbiano sminuito il valore, l'ubicazione dello scritto nella più ampia panoramica del Libro Rosso ne suggerisce l'importanza. Essi si trovano infatti nella parte conclusiva del testo, che narra delle prove e dei travagli affrontati dall'anima umana nel suo percorso interiore.
Come vedremo a breve, tali prove non hanno nulla di tenero ed edificante; non sono paragonabili a una semplice quarantena che permette all'uomo di vivere in tranquillità, mangiar bene e meditare, ma assumono l'aspetto di visioni terribili, tanto meravigliose quanto terrificanti, e sono più simili al travagliato e spaventoso percorso dell'anima del defunto attraverso il Bardo.
La stessa rivelazione dei Sette sermoni ai morti - poiché, come vedremo a breve, di rivelazione, anzi di canalizzazione, si trattò - si verificò in un momento di estrema irrequietezza. E' lo stesso Jung a raccontarcelo in uno dei suoi ultimi scritti, Sogni, ricordi e riflessioni: "Nacquero così i Septem sermones ad mortuos, con il loro peculiare linguaggio. Cominciò con uno stato di inquietudine dentro di me, ma non sapevo cosa significasse o cosa si volesse da me. C'era intorno a me un'atmosfera sinistra: avevo la strana sensazione che l'aria fosse pregna di entità spettrali. Poi fu come se la mia casa fosse abitata dagli spiriti. La maggiore delle mie figlie vide una figura bianca attraversare la stanza; la seconda, indipendentemente dalla sorella, riferì che per due volte nella notte le era stata portata via la coperta; infine la stessa notte mio figlio, di nove anni, aveva avuto un incubo nel sonno. [...] La domenica verso le cinque del pomeriggio, il campanello del portone di casa si mise a suonare pazzamente. [...] non solo l'avevo visto suonare, ma l'avevo visto muovere. Tutti corsero immediatamente alla porta per vedere chi fosse, ma non si vide nessuno. [...] L'atmosfera era greve! [...] Tutta la casa era come abitata da una folla di gente, come se fosse stipata di spiriti. Si affollavano fin sotto la porta, e si aveva la sensazione di respirare a fatica. Ero naturalmente tormentato dalla domanda: [...] di che mai si tratta? Allora in coro gridarono: Ritorniamo da Gerusalemme, dove non abbiamo trovato ciò che cercavamo" (C. Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, BUR, pp. 233-235).
Con questa frase comincia il primo dei Sette sermoni che Jung rivolgerà ai morti che si affollavano sull'anticamera del suo inconscio. O, per meglio dire, che l'eresiarca Basilide rivolgerà alle anime dei defunti, poiché Jung stesso riterrà tale scritto una canalizzazione del mistico gnostico, del quale ci restano soltanto pochi frammenti tramandati dagli esegeti cristiani.
Come suggerisce il titolo del testo, lo scritto è composto da sette discorsi tenuti da Basilide alle anime dei morti in cerca di risposte sul significato ultimo dell'esistenza. Questi tornano da Gerusalemme, simbolo della città sacra del cristianesimo alla quale, evidentemente, si sono recati nel loro viaggio etereo senza tuttavia trovare né risposte né pace. Tocca così al profeta Jung/Basilide rivelare loro l'essenza ultima della realtà, che non coincide con l'edificante mondo paradisiaco cristiano.
La realtà in cui siamo immersi, secondo il Basilide/Jung dei Sette sermoni ai morti, non è altro che Pleroma. Come recitano le sibilline parole dello scritto, affini al Tao Te Ching di Lao-Tze: "Il Nulla è come la pienezza. Nell'infinito il pieno è come il vuoto. Il Nulla comprende entrambi, vuoto e pieno. [...] Chiamiamo questo nulla o questa pienezza PLEROMA. [...] Nel Pleroma c'è niente e tutto. E' pressoché inutile meditare sul Pleroma, perché questo significherebbe annientare se stessi" (C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni, p 67). La condizione paradossale delle creature è di essere immerse nel Pleroma ma, allo stesso tempo, perennemente distanti da esso. "Noi siamo lo stesso Pleroma, poiché noi siamo una parte dell'eterno e dell'infinito. Ma noi non e facciamo parte perché siamo infinitamente lontani dal Pleroma; e questo non in senso spirituale o temporale, ma essenziale, perché siamo distinti dal Pleroma nella nostra essenza di creatura - che è contenuta nello spazio e nel tempo" (C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni, p. 67-68).
Il Pleroma è la totalità di ciò che esiste e non esiste; essa trascende l'Essere e il Non-Essere parmenideo poiché li ingloba entrambi; tuto ciò che esiste è, dalla prospettiva dell'essere vivente, soltanto una qualità transitoria del Pleroma. L'uomo stesso non può viverlo nella sua totalità poiché può vivere e concepire soltanto un opposto alla volta; le cose sono o calde o fredde, o vive o morte, o alte o basse, o lunghe o corte, o materiali o immateriali e via dicendo. Il suo corpo e la sua anima sono in balia di questo eterno mutare, l'eterna battaglia della superficie delle cose descritta anche da Eraclito.
Da ciò la sua natura mortale, contingente; da ciò la disperazione delle anime dei morti, ancora ingabbiate nel mondo transeunte, che non hanno trovato pace nemmeno nella sacra Gerusalemme. Dov'è Dio, allora? E' forse morto? Non è forse mai esistito? Si domandando le anime, disperate.
Al che, Jung/Basilide rivela che esiste un Dio, ma non è il dio di Gerusalemme. L'eterna lotta tra il Dio e il Diavolo cristiani altro non è se non la lotta tra il mondo degli opposti; patteggiare per l'uno o per l'altro non sortisce alcuna differenza: l'uomo rimane invischiato nella limitatezza. Esiste un Dio superiore di queste due mere ipostasi. "E' questo un dio che voi non conoscete perché l'umanità l'aveva dimenticato. Lo chiamiamo con il suo nome: A B R A X A S. E' indefinito ancor più del dio e del demonio"(C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni, pp. 76-77). Al solo nominarlo, si crea scompiglio e terrore tra i morti. Chi è questa divinità aliena?
Secondo alcune eresie gnostiche, la Terra è circondata da tanti cieli quanti sono i giorni dell'anno; ciascun cielo è vegliato da un demone guardiano. Conoscere il nome del demone permette all'anima di sconfiggerlo e accedere al cielo successivo. E l'ultimo cielo, che tutto ingloba, è dominato da un'entità immensa e temibile: Abraxas, per l'appunto, demone dell'ultimo cielo dalla testa di gallo, il busto da uomo e due lunghi serpenti al posto delle gambe, che tiene in mano uno scudo e una frusta e la cui somma delle lettere greche corrisponde al numero 365.
Seppur intimoriti, i morti vogliono sapere e Jung/Basilide prosegue con il terzo sermone.
"Difficile da penetrare è la deità di Abraxas. Il suo potere è massimo e l'uomo non lo percepisce. Dal sole attinge il summum bonum; dal diavolo l'infinitum malum - ma da Abraxas la VITA, indefinita nell'insieme, madre del bene e del male. La vita sembra essere infima e debole rispetto al summum bonum e perciò è molto difficile concepire che Abraxas trascenda lo stesso sole, che è sorgente radiosa di ogni forza vitale, in potenza. Abraxas è il sole e nel contempo l'eterna fauce del vuoto che risucchia, il demonio calunniatore e distruttore. Il potere di Abraxas è duplice: ma voi non lo potete vedere poiché per i vostri occhi gli opposti di questa potenza, in lotta tra loro, si estinguono. Quel che il dio-sole esprime è vita. Quel che il demonio esprime è morte. Abraxas esprime invece quel verbo sacro ed esecrato che è nel contempo vita e morte. Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e oscurità con la stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile" (C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni, p. 77).
Se, dunque, il Pleroma è il reale che si manifesta allo stesso tempo nell'Essere e nel Non-Essere, Abraxas è un'entità ancora più superiore. Egli non è solo il custode del Pleroma, ma è anche colui che può vedere il Pleroma nella sua interezza, poiché si trova al di sopra di esso; Abraxas è l'unico che può concepire una cosa e il suo contrario nello stesso istante, eterna sorgente della vita-morte, la cui alterità è così distante dal nostro comune modo di vedere le cose che a malapena possiamo concepirlo. Per questo si nasconde. Per questo terrorizza. Per questo fustiga con la sua frusta tutti coloro che osano avvicinarsi all'ultimo cielo. E per questo dobbiamo osare, trascendere i comuni concetti di bene e male, vita e morte, essere e non essere, per aspirare alla sua divina essenza e fuggire così dalla gabbia del Pleroma.
Perciò, nel settimo sermone, quando le anime dei morti chiedono a Basilide/Jung, quasi tremando: quid est homo? chi è l'uomo?, questi risponde che l'uomo è un varco, un passaggio, un portale: "In questo mondo l'uomo è Abraxas, il creatore e il distruttore del suo mondo"(C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni, p. 91).
Abraxas è la stella, lo zenith, a cui l'uomo deve puntare, attraversando il varco interiore vegliato da dio, dal diavolo, dagli déi ai demoni, per divenire un tutt'uno con esso. Un nulla separa l'uomo dal suo unico dio, poiché il nulla è ciò in cui svaniscono gli opposti una volta ricongiunti - e a questa consapevolezza "i morti tacquero ed ascesero simili a fumo che si levi dal fuoco di un pastore che nella notte veglia sul suo gregge" (C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni, p. 92).

C. Gustav Jung, Septem sermones ad mortuos, Arktos Edizioni

Daniele Palmieri
 

lunedì 23 marzo 2020

Leadbeater: Gli aiutatori invisibili

In questi giorni di quarantena, si parla molto delle varie attività di supporto "spirituale" ed "emotivo" compiuto dalle persone sospese nel proprio spazio domestico. Si lodano gesti di apparente coesione, come il ritrovo, ormai quasi abitudinario, degli italiani sui balconi alle sei di sera, intenti a cantare, strimpellare, fare cori, urlare, battere padelle e via dicendo, come gesto di tributo ai medici eppure, paradossalmente, si ironizza sulle azioni spirituali del Papa o delle altre cariche del clero, che ora vanno in pellegrinaggio tra le diverse chiese di Roma, oppure fanno sorvolare statue votive sopra i cieli della città.
Incredibile, si dice, che nel XXI secolo si presti ancora seguito a comportamenti superstiziosi come quelli della Chiesa - ma allo stesso tempo, giunte le sei di sera, ci si precipita sul balcone a intonare goliardici cori da stadio.
Come ho scritto in un articolo di qualche giorno fa, senza nulla togliere all'importanza di ritagliare spazi a forme di sfogo "profano", è tuttavia importante meditare sull'importanza rivestita, nel corso della storia umana, dalla dimensione sacra, anche nella lotta alle guerre, alle epidemie, alle carestie e, in generale, ai momenti drammatici.
L'uomo non vive di solo pane, né di soli cori da stadio, ma ciò che lo contraddistingue è lo sviluppo non solo di un intelletto razionale, a ben vedere in comune con altre specie animali, ma anche di un "intelletto sacro". L'uomo è, ad oggi, l'unico essere vivente conosciuto ad aver sviluppato un'intuizione del divino, dalla quale sono scaturite le molteplici religioni sul pianeta Terra. Nel Medioevo si riteneva che, così come l'uomo ha una vista, un tatto, un gusto, un olfatto, un udito poiché in natura esistono colori, forme, sapori, odori e suoni, allo stesso tempo egli possiede un senso spirituale poiché il cosmo possiede un'essenza divina. E così come i nostri sensi richiedono di essere appagati dall'oggetto della loro percezione, è ugualmente fondamentale nutrire il nostro senso spirituale - poiché esso va a nutrire la parte più elevata dell'animo umano.
Così, anche e soprattutto nei periodi di crisi, occorre raccogliersi attorno a questo nucleo interiore, poiché le medicine provvedono alla cura del corpo e la spiritualità e la conoscenza fortificano l'anima. Trascendendo il personale credo religioso, il comportamento della Chiesa e delle sue cariche nei momenti di crisi riflette un atteggiamento comune e universale delle molteplici religioni: riconnettere il senso spirituale dell'uomo a quel nucleo cosmico, divino, che infonde la vita sulla terra, nella speranza che esso, mediante il cerimoniale, possa sanificare il mondo materiale e ristabilire l'equilibrio. Mentre il singolo compie questa operazione su di sé, mediante la preghiera e la meditazione privata, i rappresentanti del sacro compiono questa azione per la collettività, mediante la cerimonia collettiva.
L'idea che al di là del velo del mondo materiale ci siano delle forze e delle entità in grado di aiutare l'uomo nei momenti di crisi è universale ed è ben analizzata in un testo del teosofo Charles Leadbeater, Gli Aiutatori Invisibili, edito in Italia da Libraio Editore.
Leadbeater è stato uno dei massimi esponenti del movimento teosofico, in particolare di quella seconda ondata, di cui faceva parte anche Annie Besant, che si occupò di semplificare, diffondere ma anche sviluppare gli insegnamenti esoterici di Madame Blavatsky. In quest'opera di divulgazione, dedicò ampio spazio a descrivere i poteri latenti dell'animo umano, i diversi corpi di cui l'uomo è composto e le gerarchie dei mondi e delle entità sottili che si nascondo dietro il velo della materia. Gli aiutatori invisibili, come accennato, è un testo monografico in cui Leadbeater si focalizzò su quelle particolari entità della gerarchia cosmica che, in alcune occasioni, sembrano prestare soccorso spirituale all'uomo. Soprattutto nelle pagine finali, è un invito a comprendere come l'uomo può attivarsi per entrare in contatto con questo tipo di forze.
Scrive il teosofo: "Nell'Oriente la presenza di aiutatori invisibili è sempre stata riconosciuta, sebbene i nomi dati loro e le caratteristiche loro attribuite siano naturalmente vari nei diversi paesi; del resto, anche in Europa abbiamo le antiche storie Greche dell'intervento costante degli Dei negli affari umani, e la leggenda Romana dice come Castore e Polluce si erano messi alla testa delle legioni repubblicane nella battaglia del Lago Regillo. Né questo concetto svanì con la fine del periodo classico; vi succedono i racconti medievali di Santi che nei momenti critici delle guerre apparivano a volgere la fortuna in favore degli eserciti Cristiani, e quelli di angeli custodi che talvolta intervenivano a salvare qualche credente e pio viaggiatore da morte certa" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, p. 11-12).
L'aiuto invisibile si è dunque manifestato nel corso della storia umana sotto diverse forme, che tuttavia Leadbeater compendia a tre classi principali: i Deva, gli Spiriti di Natura e gli Spiriti del Defunti. E' importante comprendere come queste entità sovrasensibili agiscono nei confronti dell'uomo per capire, nei momenti di crisi, con quali energie entrare in contatto.
I Deva sono le entità ai vertici delle gerarchie cosmiche. Sono forme di Intelletto Puro, sommamente sapienti, simili ipostasi del tardo neoplatonismo o agli archetipi platonici. Essi, trovandosi su un piano estremamente più elevato rispetto alla posizione umana, riconoscono le preghiere dell'uomo ma, allo stesso tempo, vedendo la transitorietà dei mali materiali che li colpiscono offrono il loro aiuto soprattutto sul piano mentale, piuttosto che su quello fisico, colmando l'uomo dell'energia spirituale atta ad affrontare le avversità.
I Deva si fanno portatori, dunque, del lato Poetico e Spirituale dell'esistenza anche nei momenti di crisi, dando all'uomo un contributo ancora più importante rispetto a un mero contributo materiale, infondendogli anche la Sapienza con la quale conoscere i misteri del Cosmo e, dunque, risolvere i grandi problemi dell'umanità. "In un caso" scrive Leadbeater, "trovammo un Deva che insegnava la più bella musica celesta a un compositore; in un altro caso un Deva di classe diversa stava dando istruzione ed aiuto a un astronomo che cercava di comprendere la forma e la struttura dell'universo. Questi due sono soltanto pochi fra i molti casi in cui abbiamo trovato il Regno dei Deva all'opera nel prestare aiuto all'evoluzione umana e nel rispondere alle aspirazioni più elevate degli uomini dopo la morte" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, p. 29).
La seconda classe è quella degli Spiriti di Natura. Al contrario dei Deva, essi vivono sulla Terra, come l'uomo, ma in una dimensione più sottile, a cavallo tra il mondo materiale e quello spirituale. Tradizionalmente, stando a quanto tramandato dalla mitologia, dalle fiabe e dal folklore, gli spiriti di natura si suddividono in Salamandre (Spiriti del Fuoco), Gnomi (Spiriti della Terra), Silfi (Spiriti dell'Aria) e Ondine (Spiriti dell'Acqua). Essi sono i custodi dei quattro elementi e vivono al loro interno così come l'uomo vive nello spazio vuoto. Paracelso narra che non hanno anima, sono forme di energia pura che vivifica l'ambiente di cui sono tutelari e il loro comportamento è affine a quelli di bambini che sanno essere allo stesso tempo innocenti e crudeli, giocondi e spaventosi, iperattivi e dormienti. Difficilmente entrano in contatto con l'uomo data la loro spontanea diffidenza. Così, scrive Leadbeater: "I casi in cui gli Spiriti di Natura intervengono per aiutare gli uomini sono relativamente rari. La maggioranza di tali esseri evita la dimora degli umana e se ne sta lontana, disgustata dal rumore e dalla continua irrequietezza che regna. Gli Spiriti di Natura [...] sono generalmente spensierati e volubili, più simili a fanciulli felici che giocano in ottime condizioni fisiche, che non a esseri gravi e responsabili. Tuttavia, accade talvolta che uno d'essi prenda affezione ad un essere umano e possa renderglisi utile in molte maniere" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, p. 32).
Rispetto ai Deva, dunque, la loro azione in aiuto dell'uomo è eccezionale e contingente, dettata non tanto da motivi metafisici quanto da un'emotività soggettiva e personale. D'altro canto, i racconti folklorici tramandando che il rapporto tra uomo e Spiriti di Natura è sempre stato travagliato, giacché i territori del primo si espandono sempre a discapito del Regno dei secondi. Così, gli Spiriti di Natura sono più propensi ad aiutare coloro che hanno sempre avuto rispetto dell'ambiente naturale e, in generale, l'azione dell'uomo dovrebbe essere atta a ingraziarsi la loro fiducia e il loro rispetto, evitando di distruggere l'ambiente naturale in cui essi vivono, leggiadri e giocondi. Come scrive Leadbeater: "Per quanto sia vario il lavoro sul piano astrale, esso è sempre diretto verso un grande scopo: aiutare cioè, sia pure modestamente, il processo dell'evoluzione. Occasionalmente si trova legato con lo sviluppo dei Regni inferiori della Natura, il quale in certe condizioni può essere pure leggermente accelerato. I nostri Istruttori riconoscono chiaramente il nostro dovere verso tali Regni inferiori, tanto verso il Regno elementale, quanto verso quello vegetale e animale, poiché in alcuni casi il progresso di questi si effettua esclusivamente per l'intervento dell'uomo o mediante il contatto con lui" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, p. 39).
Infine, la terza classe è quella delle anime dei defunti. Contrariamente a quello che si crede, sarebbe meglio evitare di chiedere il soccorso delle anime dei cari estinti, poiché così facendo si tiene la loro anima imprigionata al mondo materiale da cui essa si è appena distaccata, pronta a incominciare il prossimo viaggio nel mondo invisibile. Quando si verificano aiuti da parte degli Spiriti dei Defunti è perché essi o sentivano di avere ancora "un conto in sospeso" con il mondo materiale, o perché, non avendo accettato il fatto di essere trapassati, si illudono di essere ancora vivi e si condannano a un limbo da cui, però, l'evoluzione spirituale chiede che essi si distacchino. Come scrive Leadbeater:
"Se qualcuno [...] è tanto stupido da costituirsi un veicolo astrale ottuso e grossolano, abituato a rispondere soltanto alle vibrazioni più basse di questo piano, si troverà dopo la morte legato al mondo astrale per tutto il lungo e lento processo di disgregazione del corpo. D'altra parte, se con una vita pura e coscienziosa egli si procura un veicolo astrale composto principalmente di materiali più fini, dopo la morte avrà molto meno disturbo e difficoltà, e la sua evoluzione progredirà molto più facilmente" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, pp. 79-80).
Di conseguenza, piuttosto che chiedere e invocare aiuto agli Spiriti dei Defunti così come si chiederebbe aiuto a un amico o a un parente ancora in vita, sarebbe meglio limitarsi a commemorarli, meditare e pregare non per noi, ma per loro, affinché essi continuino il loro percorso e possano così giungere alle sfere più elevate, da cui potranno irradiare il loro aiuto spirituale sotto altre forme.
A ben vedere, dunque, il ruolo degli Aiutatori Invisibili dei mondi eterici consiste anzitutto in un supporto spirituale benché, come sottolinea Leadbeater riportando alcuni racconti e testimonianze, essi possano anche manifestarsi sul piano materiale. Tuttavia, vi è un'ultima classe di Aiutatori Invisibili, che rappresenta quella più importante ed efficiente: l'uomo. L'uomo stesso, intraprendendo un percorso di evoluzione spirituale può assurgere, in vita, al grado di Aiutatore Invisibile, mediante un lungo percorso di sviluppo della sua conoscenza, della sua coscienza, dei suoi poteri psichici e delle sua attività contemplativa e di preghiera. Come scrive Leadbeater:
"Ritornando ora dall'esame del lavoro fra i defunti a quello del lavoro fra i vivi, dobbiamo brevemente indicare un altro vasto campo di azione, per non lasciare incompleto il nostro cenno intorno all'opera degli Aiutatori Invisibili. Alludo all'immenso lavoro compiuto mediante il suggerimento, istillando semplicemente buoni pensieri nelle menti pronte a riceverli. Non bisogna però fare confusione a riguardo. Sarebbe molto facile per un soccorritore [...] dominare la mente di ogni persona ordinaria e di farla pensare precisamente come egli vuole. [...] Ma [questa proceduta] non è affatto ammissibile. Il meglio che si possa fare è introdurre buoni pensieri nelle menti, mescolati alle centinaia di altri pensieri che costantemente attraversano il cervello umano [...]. Anzitutto vi è il conforto da dare a chi soffre; poi il tentativo di guidare verso la Verità coloro che la cercano seriamente. Quando una persona rivolge intensamente il pensiero a qualche problema spirituale o metafisico, è possibile che la soluzione venga suggerita alla sua mente, senza che si accorga che proviene dal di fuori. Così molte volte un discepolo è adoperato quale agente in ciò che non altrimenti si può definire una risposta a una preghiera" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, pp. 87-88).
Le caratteristiche che l'Aiutatore Invisibile umano deve avere sono, secondo Leadbeater:
1) Unità di intento. Ciascun Aiutatore umano deve volgersi a questa attività per il bene comune e non per interesse personale, coordinandosi con gli altri aiutatori in modo da proseguire, insieme, verso l'unico intento.
2) Perfetto dominio di sé. L'Aiutatore Invisibile deve essere consapevole che andrà incontro a situazioni drammatiche, in cui sarà essenziale mantenere il proprio autocontrollo. Deve dunque aver sviluppato un equilibrato dominio di sé, che significa essere in grado di controllare le proprie emozioni, i propri pensieri e le proprie parole, consapevole che, nonostante tutti i malanni e i dolori a cui egli assisterà e che, probabilmente, potranno anche colpirlo sul lato personale, nulla di tutto ciò potrà intaccare il suo nucleo spirituale. "E' appunto per assicurare questo dominio sui nervi" scrive Leadbeater "che i candidati all'iniziazione devono passare, ora come nei tempi antichi, attraverso le cosiddette prove della terra, dell'acqua, del fuoco e dell'aria: in altre parole, essi devono imparare, con quell'assoluta certezza derivata non dalla teoria, ma dall'esperienza, che nessuno di questi elementi può in qualsiasi circostanza danneggiare il corpo astrale, né ostacolare il loro lavoro" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, p. 93).
3) Calma. L'Aiutatore Invisibile deve possedere una salda tranquillità interiore, poiché gran parte del potere curativo che egli possiede risiede nella serenità e nella sicurezza che egli è in grado di trasmettere al prossimo. Con la sua calma, egli evita il contagio emotivo, stempera gli effetti dell'isteria di massa e, mostrandosi sicuro, fa comprendere alle persone in pericolo che non vi è nulla da temere.
4) Conoscenza. L'Aiutatore Invisibile deve avere una vasta conoscenza del mondo e delle pratiche spirituali, ossia delle gerarchie terrestri e celesti, del sapere filosofico e teologico, delle tecniche di preghiera, meditazione e contemplazione.
5) Amore. Ciò che contraddistingue l'attività dell'Aiutatore Invisibile umano è il suo essere inserito all'interno della cornice terrena; al contrario, dunque, dei Deva, Puro Intelletto, degli Spiriti di Natura, pura energia, e delle Anime dei Defunti, ormai in un limbo tra mondo materiale e mondo spirituale, l'Aiutatore Invisibile umano possiede ancora quel lato emotivo ed emozionale che invece non è dato avere alle altre entità. L'amore è dunque la qualifica più importante di tutte. "Non si tratta" scrive Leadbeater, "di quel vago indefinito sentimentalismo che si effonde in banalità e in frivole dimostrazioni esterne, preoccupato di sostenere chiassosamente ciò che è giusto, per evitare l'accusa di poca fratellanza da parte degli ignoranti. Quello che è necessario è l'amore abbastanza forte per non vantarsi, per operare silenziosamente: è il desiderio intenso di servire, sempre in attesa di opportunità; è il sentimento che sorge nel cuore di colui che ha compreso la grande opera del Logos, ed avendola scorta una volt sa che per lui nei tre mondi non può esistere altro che il desiderio di identificarsi con quell'opera fino all'estremo del suo potere; diventare un canale, per quanto incommensurabilmente umile, di quel meraviglioso amore che come la pace di Dio soprassa ogni intendimento" (Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore, pp. 95-96).
 
Charles Leadbeater, Gli aiutatori invisibili, Libraio Editore
 
Daniele Palmieri