venerdì 23 agosto 2019

Breve storia del Baphomet: chimera dell'esoterismo

Recentemente la casa editrice Arktos, marchio delle Edizioni Mediterranee, ha pubblicato un testo di estremo interesse per chi si occupa della storia e del pensiero occulto: Il Bafometto di Spartakus Freeman e Soror D.S.
Il Bafometto è l'unico libro edito in Italia interamente dedicato a una delle figure più emblematiche e misteriose, quanto influenti, dell'esoterismo moderno e contemporaneo: il Baphomet, per l'appunto, l'essere androgino con la testa da caprone, le ali da angelo nero, una mano che punta verso il Cielo e l'altra verso l'Inferno.
Questa figura, decisamente evocativa almeno quanto conturbante, ha stimolato la fantasia di molti pensatori e, data la grande quantità di miti e leggende che sono fiorite, il Baphomet è ormai circondato da un alone nebuloso.
Ricostruiamo, dunque, tramite il libro di Spartakus Freeman e Soror, la breve storia del Baphomet, per spazzare via questa nebbia di disinformazione, falsi storici, miti e leggende.
Anzitutto, specifico che Il Bafometto è, per prima cosa, un libro sull'Ordine dei Templari. Gran parte del testo è dedicata a tracciare la storia dell'Ordine, dei suoi principali protagonisti, della loro ascesa, dei processi e dell'infausta caduta. Da questo punto di vista, pur non aggiungendo nulla di nuovo, rimane un ottimo studio per fare il punto della situazione sulla storia dei Templari, altro ordine sul quale si è detto tutto e il contrario di tutto.
Come avrà intuito chi non è a digiuno dell'argomento, il lungo preambolo dedicato ai Templari è necessario poiché fu durante i processi inquisitoriali a loro carico che ebbe risonanza il termine: baphomet (o baphometto).
"In due processi verbali" scrivono gli autori, "si trova menzione di un'immagine bafomettica: Raymond Rube dice che gli era stata mostrata una testa di legno ubi era depicta figura Baffometi e Gaucerand de Montpezat confessa di aver adorato un idolo in figura Baffometi" (Il Bafometto,  Freeman/Soror, Arktos, p. 15).
Involontariamente, con la loro deposizione, Raymond Rube e Gaucerand de Montpezat stavano plasmando l'immaginario collettivo dei secoli a seguire, senza nemmeno sospettare quale sarebbe stato l'impatto delle loro parole non solo nei confronti dei poveri Templari, ma soprattutto per la fertile immaginazione degli esoteristi e degli occultisti a seguire.
Tornando a noi, i due Templari "pentiti" accusano l'Ordine di venerare questa immagine Bafomettica. Ma di cosa si tratta e, soprattutto, da dove trae origine il termine?
Come vedremo in seguito, con il termine baffometi non si intende nulla di orribile e misterioso; letteralmente, significherebbe uomo baffuto/barbuto (bafo ometi). A ciò si aggiunga la considerazione che gli Inquisitori erano consapevoli di cosa designasse il termine, giacché non era un'invenzione degli inquisiti, tantomeno dell'Ordine Templare, ma era già in uso nella Francia del XII e XIII secolo da trovadori come Gavaudan e Austorc d'Aorlhac, nei cui poemi occitani si trova esplicitamente il termine Bafometz per indicare un personaggio molto preciso: Maometto, l'uomo baffuto. Bafomet e bafomeria erano spesso usati come sinonimi per indicare Maometto e la moschea.
Se a ciò si aggiunge il fatto che i Templari furono a più riprese accusati di aver rinnegato Cristo in onore della religione saracena, il grande mistero del Bafometto, sul quale sono stati scritti fiumi d'inchiostro, come sottolineano anche gli autori, sarebbe già risolto, dato che tanto nei processi quanto nella Francia dell'epoca il suo significato era ben chiaro.
Eppure, un processo così feroce e violento contro un Ordine anomalo, segreto e misterioso come quello dei Templari non poteva passare inosservato all'inconscio collettivo umano. La risoluzione non poteva essere così semplice e il sangue riversato dai templari prese nuova vita nei simboli, veri e fittizi, che essi lasciarono in eredità.
Molti di questi simboli nacquero nel processo stesso, giacché l'accusa di venerare Bafometto/Maometto era solo una delle tante. Come scrivono Freeman e Soror:
"In generale, le confessioni sono confuse e contraddittorie: una volta l'idolo è una statua, altre una testa, altre ancora un animale o una rappresentazione immaginaria. [...] Dopo le prime allusioni, le testimonianze si fanno più numerose: testa rossa o nera, testa di gallo, di gatto, di legno, di metallo, testa umana con una o due facce. Raoul de Gisy racconta che l'idolo era brutto e somigliante a un demone [...] Etienne de Troyes, fratello sergente, dice [che] la testa, gli sembrava, era di carne dalla sommità fino all'articolazione del collo, con peli di cane non ricoperti d'oro e d'argento, un vero volto di carne, che gli parve livido e pieno di macchia, la barba era simile a quella di certi templari, una mescolanza di peli bianchi e neri" (Il Bafometto,  Freeman/Soror, Arktos, pp. 104-105).
E' in questo crogiuolo di accuse e simboli che, lentamente, inizia a generarsi il chimerico simbolo del Bafometto così come lo conosciamo oggi. I Templari vengono accusati delle peggiori nefandezze e a crimini così abominevoli, accuse tipiche nel meccanismo del capro espiatorio, doveva corrispondere un idolo altrettanto abominevole che assume, di volta in volta, le fattezze di una testa ricoperta di peli, di una testa di animale, del demone gnostico Abraxas (a sua volta una chimera gallo/uomo/serpente) e via dicendo. Tutti questi elementi non rimasero carta morta nei processi inquisitoriali ma, diffusi, distorti e ampliati dalle dicerie, giunsero al popolo e agli intellettuali dei secoli a seguire, mettendo in moto la macchina dell'immaginazione.
Già Cornelio Agrippa nel suo De Occulta Philosophia associò i culti stregonici e gnostici ai riti segreti dei templari e, sempre nella sua epoca, la vivida immaginazione rinascimentale, insieme ai residui dei riti e del folklore pagano, aveva dato vita al fenomeno del Sabba e alla sua mitologia, in cui si fondevano demoni cornuti, caproni, balli, orge, sacrifici, venerazione di idoli e altri simboli magico/religiosi che, in passato, erano stati attribuiti non solo ai templari ma, in generale, agli eretici (fossero essi gnostici, ebrei, musulmani).

Tali immagini si sedimentarono nell'inconscio collettivo e tornarono a galla nel XVIII secolo, età non solo dei lumi ma, soprattutto, delle logge massoniche. E' in questo periodo che fioriscono, in tutta Europa, numerose sette segrete
e fu proprio in seno alla massoneria che il mito del Baphomet prese nuova vita, in particolare negli ordini che si ritenevano eredi diretti dell'Ordine Templare tramite fantomatiche connessioni che legherebbero i sapienti d'oriente, gli esseni, i templari e, per l'appunto, la massoneria settecentesca. Tra i Massoni che fecero riaffiorare la figura del Baphomet vi fu August Starck, della Stretta Osservanza Templare, che riesumò il culto baphometi nelle sue indicazioni cerimoniali, tramite un idolo (di cui ci è ignota l'entità) la cui energia si riattiverebbe soltanto attraverso la venerazione.
Ma fu Friedrich Nicolai a suscitare l'interesse sulla figura del Bafometto anche al di fuori della massoneria. Nel suo Essai sur les accusations portees contre l'Orde du Temple, insinuò per la prima volta una relazione tra i segreti templari e lo gnosticismo e identificò il Bafometto non con Maometto, ma con una parola greca composta da baphe e metous, letteralmente: battesimo/tintura di saggezza. Il Bafometto sarebbe dunque il Dio gnostico unico, che non ammette la trinità. Da qui in poi le presunte derivazioni etimologiche si sprecarono e nel 1800 si era ormai affermata l'idea della relazione tra il termine Bafometto e la parola greca Meté, Sapienza, e dell'origine gnostica del culto templare.
A queste chimere concettuali e terminologiche mancava ancora, tuttavia, un'immagine. L'idolo rimaneva ancora nascosto poiché nessuno, ancora, ne aveva scoperto l'aspetto; vi era chi lo identificava con una testa pelosa e deforme, chi con la testa di Giovanni Battista, chi con Abraxas, chi con demoni saraceni; eppure non era ancora stata creata un'immagine che si imprimesse nella memoria collettiva, suscitando le stesse sensazioni conturbanti che causavano i misteri templari.
Fu soltanto nella seconda metà del 1800 che il Baphomet trovò il suo volto definitivo; o, per lo meno, l'immagine più nota che, ancora oggi, è di estrema importanza nel pensiero e nell'immaginario esoterico. L'anno è il 1856 e l'opera è Dogma e rituale dell'alta magia di Eliphas Levi. L'immagine che appare sul frontespizio è quella, già evocata in precedenza, di un essere androgino, che regge tra le gambe lo scettro di Hermes circondato dai serpenti della kundalini (chiaro richiamo all'erezione e all'energia sessuale), con i piedi e il volto caprino, la luce della sapienza tra le corna, due nere ali da angelo caduto, una mano che punta al cielo e l'altra all'inferno che recano rispettivamente le scritte: solve e coagula. Ecco che tutti i simboli che ruotavano attorno tanto al processo quanto alle leggende successive allo scioglimento dell'Ordine sono ora fusi in un'unica chimera, che racchiude l'aspetto ferale, animalesco, demonico ma anche sapiente, sacro, celestiale, mascolino e femmineo, del misterioso Bafometto.
Il Bafometto, secondo Levi, è il grande agente magico universale, una sfinge di scienze occulte. Come scrive l'esoterista francese nel Dogma e rituale dell'alta magia: "Esiste anche nella natura una forza molto più potente del vapore, per mezzo della quale un solo uomo, che potesse impadronirsene e sapesse come dirigerla, sconvolgerebbe e cambierebbe la faccia del mondo. Questa forza era ben nota agli antichi: essa consiste in un agente universale che ha per legge suprema l'equilibrio e la cui direzione attiene immediatamente al grande arcano della magia trascendente [...] Gli gnostici ne facevano l'igneo corpo dello Spirito Santo, adorato anche nelle cerimonie del Sabba o del Tempio, sotto la forma geroglifica del Bafomet o del becco androgino di Mendes".
Il Bafometto diviene dunque, con Levi, l'incarnazione della forza magica soggiacente alla natura, che muove il Sole e la Luna, il Cielo e l'Inferno, il mascolino e il femmineo; chimera, poiché riporta all'unità ciò che è duplice e opposto. In tale immagine, oltre ai presunti idoli templari, confluiscono anche i simboli inquisitoriali attribuiti al Sabba, primo tra tutti il caprone nero, dal corpo umano, al centro dei presunti balli di streghe e stregoni, ai quali vendevano l'anima e giuravano fedeltà eterna baciandogli il fondoschiena.
Nei secoli a seguire, l'immagine creata da Levi diverrà l'immagine "canonica" del Bafometto, grazie anche alla diffusione ad opera di Stanislao de Guaita e, soprattutto, del suo segretario e discepolo, Oswald Wirth, che utilizzerà il Bafometto androgino di Levi per illustrare il XV arcano dei suoi tarocchi: Il Diavolo.
Per tale associazione, oltre che per la natura ambigua dell'immagine, presto l'immagine del Bafometto diverrà sinonimo di Satana e del Satanismo.
Prima di tutto a causa di Leo Taxil e della sua finta macchinazione anti massonica portata avanti in Storia segreta della massoneria, libro nel quale sosterrà che i Massoni venerano il diavolo sottoforma di Bafometto - salvo poi ritrattare tutto e svelare le sue menzogne, create ad arte per ingannare il pubblico, in una conferenza.
Ma della figura del Baphomet "impadronirono" anche Aleister Crowley, che inserirà il Bafometto nella sua ritualistica magica ed ermetica, pur mantenendolo separato dalla figura di Shaitan, e soprattutto Anton LaVey, che farà della stilizzazione del volto del Bafometto il suo sigillo, nonché simbolo del movimento satanista da lui fondato. Per riassumere, in breve, la storia moderna e contemporanea di questo misterioso, affascinante quanto fumoso simbolo, utilizzando le parole di Freeman e Soror:

"Nato da un malinteso linguistico, il mito di Bafometto è emerso nel corso del XVIII secolo come il brutto sogno della Massoneria che, ricollegandosi ai templari, non poteva non sporcarsene le mani. [...] Se l'idolo è stato recuperato dalla Massoneria e, in seguito, dai diversi settori dell'esoterismo, la teoria del complotto è forse l'ambito nel quale il suo profilo è più frequentemente evocato. [...] I moderni complottisti pensano che alcune società segrete si stiano dando da fare per governare il mondo. Per loro natura malevoli, questi poteri nell'ombra non possono non adorare il Male [...]. Tuttavia, Satana è forse troppo culturalmente connotato e, tutto sommato, manca di mistero. Così diranno di adorare il Bafometto. E si riciclano le vecchie illustrazioni della burla di Leo Taxil, oppure si trovano somiglianze tra il disegno di Eliphas Levi e l'ultima cantante sulla cresta dell'onda. Dopo il suo recupero da parte della chiesa di Satana e di altri gruppi della mano sinistra, e dopo l'ennesimo ritorno al diavolo, per così dire, non c'è più nulla da fare, se non parlare ancora di riciclaggio. [...] Come ogni mito, Bafometto ha l'ambizione di essere atemporale, il che favorisce decisamente l'ignoranza di coloro che ne parlanpo. Il fin dei conti, l'idolo Bafometto non rappresenterebbe alcuna minaccia per il mondo, se i sospetti di satanismo che costellano la storia non sfociassero regolarmente in persecuzioni, se, in altre parole, mandare gli altri al diavolo non equivalesse a lastricare l'inferno" (Il Bafometto,  Freeman/Soror, Arktos, pp. 221-222).
Il Bafometto,  Freeman/Soror, Arktos
Daniele Palmieri