venerdì 23 novembre 2018

Le cinque specie di prigionia secondo Taulero

Giovanni Taulero è stato un mistico tedesco, vissuto nel XIV secolo, principale discepolo di Meister Eckhart. Insieme a Suso, Taulero è stato in grado di divulgare e mantenere viva la mistica del maestro, rendendola fruibile anche al pubblico meno "specialistico", con un linguaggio più semplice e diretto rispetto al sofisticato pensiero eckhartiano, senza tuttavia perdere in complessità teologica. 
I suoi Sermoni, pubblicati in Italia dalle Edizioni Paoline, sono un vivido esempio del sentire religioso della mistica tedesca del XIII e XIV, nonché un compendio delle principali tematiche della mistica di reniana: la tenebra divina, il distacco, la rinuncia alla volontà personale e soggettiva in nome di una Volontà divina, l'unione con Dio, la preminenza dell'azione e della contemplazione rispetto alla conoscenza razionale e teorica. 
Uno dei discorsi più interessanti tramandatici dai manoscritti medievali è un sermone intitolato: Le cinque specie di prigionia; testo che non solo compendia il pensiero di Taulero e di Eckhart, ma che può essere considerato, ancora oggi, una valida guida per orientarsi e districarsi nel complicato mondo della spiritualità contemporanea.
Come suggerisce il titolo del sermone, Taulero si focalizza su cinque tipologie di prigioni in cui l'uomo, più o meno consapevolmente e più o meno volontariamente, rischia di trovarsi intrappolato. Cinque insidiose sbarre che ostacolano il suo cammino e che gli impediscono di vivere una vita libera e autentica.
Partendo dalla prima di queste sbarre:

"Ecco la prima: quando l'uomo non ama Dio nelle creature, è fatto prigioniero dell'amore delle creature, siano morte o vive, e particolarmente dall'amore umano che è così profondo nella natura per la somiglianza degli uomini" (Giovanni Taulero, Le cinque specie i prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 235).

Il primo ostacolo a insidiare l'uomo è l'amore smodato nei confronti delle creature. Taulero non vuole qui negare l'importanza della spinta amorosa nei confronti dell'universo circostante; anzi, sottolinea come le creature si debbano amare, amando in esse Dio, ossia il principio divino che le anima; l'amore che si deve combattere e che rende schiavi è ciò che Epitteto definirebbe la "dipendenza dai beni esteriori"; quel tipo di dipendenza nei confronti degli oggetti esterni che porta l'uomo a porre il proprio fondamento in ciò che lo circonda, dimenticandosi così dei suoi beni interiori, gli unici che non sono sottoposti al dominio della fortuna e gli unici che mai potranno esserci strappati. Questa forma di prigionia rende l'uomo schiavo poiché lega indissolubilmente i moti interiori della sua anima ai moti esteriori del mondo, nei confronti dei quali non può avere alcun controllo.
Come sottolinea Taulero, si tratta di una forma di prigionia insidiosa, poiché colpisce anche persone apparentemente "pure e libere"; in particolare, rende schiavi coloro che credono di essere buoni, liberi, puri attraverso le loro opere nei confronti degli altri e del mondo esterno, ma che in realtà sono schiavi della loro vanagloria, poiché in tutte le loro azioni permane il desiderio egoistico di fondo di voler eccellere, di voler primeggiare su prossimo e di voler ostentare la propria purezza. Come scrive Taulero:

"Molte persone, sentendosi libere nella loro dannosa prigionia, sono del tutto sorde e cieche in essa [...]. Compiono molte opere buone, cantano, leggono, sanno tacere, pregano molto, ma tutto questo per poter esprimere ancor meglio la loro propria volontà" Giovanni Taulero, Le cinque specie i prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 236).

E così, questo genere di prigionia sfocia inevitabilmente nella seconda specie:

"La seconda prigionia consiste in questo: molte persone, appena liberate dalla prima prigionia, dall'amore delle creature nelle cose esteriori, cadono nell'amore di se stesse" (Giovanni Taulero, Le cinque specie i prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 236).

Egoismo ed egocentrismo sono le catene più difficili da spezzare e allo stesso tempo quelle che più appesantiscono l'uomo nel suo cammino verso la perfezione spirituale. Quel tipo di bramosia che acceca l'uomo e che lo porta ad amare il mondo circostante non perché riconosce in esso qualcosa di divino, ma perché vede in ciò che lo circonda soltanto degli oggetti atti a soddisfare le sue passioni edonistiche e soggettive. L'amore autentico nei confronti dell'universo è un amore disinteressato, che nasce da un puro sentimento del divino che porta a vedere in ogni elemento del creato una "teofania", una manifestazione di Dio nel mondo, incarnazione di una potenza divina da venerare e rispettare. Al contrario, la bramosia insaziabile ed egoistica nei confronti del mondo porta l'uomo a considerare ogni cosa in termini utilitaristici, ed egli diviene così schiavo delle proprie passioni, non è in grado di elevarsi al di là della passione carnale e sensibile e rimane così invischiato nella terra, prigioniero dei suoi moti interiori, a loro volta dipendenti dagli eventi esterni.
Si tratta di un modo utilitaristico di vedere il mondo, che sfocia inevitabilmente nel terzo tipo di prigionia:

"La terza è la prigionia della ragione. Certe persone vi cadono molto pesantemente, perché tutto ciò che potrebbe nascere nello spirito queste persone lo guastano per il fatto che si gonfiano nella loro ragione, si tratti di insegnamento o di verità, di qualunque genere sia, perché la comprendono, ne sanno parlare, si mettono in mostra e vengono considerati, ma non arrivano a operarla né a viverla" (Giovanni Taulero, Le cinque specie i prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 237).

La ragione è una delle prigioni di massima sicurezza dalla quale è quasi impossibile evadere. Benché sia fondamentale sviluppare la ragione intesa come senso critico nei confronti del mondo, delle azioni, delle idee, degli eventi, la ragione che Taulero contesta è la ragione tronfia, limitata e limitante, che mai potrà comprendere il misteri del cosmo e dell'anima, ma che si ottenebra e si crogiola nel tiepido lume della propria ignoranza. Si tratta della "ratio" comune, portata a dare un ordine logico al mondo e al far rientrare ogni cosa in questo ordine costruito ad hoc a misura d'uomo, anche a costo di forzare le idee, le cose e gli eventi per farli rientrare nella propria prospettiva, distorcendo così l'immagine del mondo. Una ragione che limita e imprigiona l'uomo proprio perché gli impedisce di andare al di là dei suoi limiti e del comune modo di pensare e vedere le cose, e che di conseguenza non può che ostacolarlo nel cammino verso Dio, giacché Dio è per definizione una realtà che trascende i limiti della ragione.
Questo tipo di ragione ostacola l'uomo anche quando questi pensa di essere arrivato a destinazione; ed è qui che compare la quarta sbarra:

"La quarta prigionia è la dolcezza dello spirito. Molti uomini fatti per l'eternità si sono smarriti perché l'hanno seguita troppo, vi si sono abbandonati disordinatamente, l'hanno ricercata troppo e vi si sono fermati: che grande bene sembra abbandonarvisi e possederla con piacere! Ma è allora che la natura trattiene la sua parte, e si coglie il piacere dove si crede di cogliere Dio" Giovanni Taulero, Le cinque specie i prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 238-239).

Anche quando si crede di essere realizzati, di aver raggiunto l'unione mistica con Dio, ecco che compare lo spirito edonistico ed egoistico della ragione pratica, che porta l'uomo a considerare la realizzazione spirituale alla stregua di un "piacere carnale", da vivere "per stare bene". E' uno dei più grandi problemi della spiritualità contemporanea, che vede nel percorso spirituale un mero strumento per aumentare il proprio benessere, per stare in forma, per diventare ricchi, per vivere una vita agiata, in sostanza per raggiungere degli scopi pratici, concreti e materiali, che hanno a che fare con la nostra esistenza temporale. Nulla di tutto ciò si accompagna alla vera realizzazione, da perseguire non per scopi soggettivi ed egoistici, ma da ricercare come una forma di gnosi (conoscenza) liberatoria, che costringe l'uomo proprio nella direzione opposta rispetto a quelli che sono i suoi interessi soggettivi. In tutto ciò, il "benessere" non deve essere il fine, tanto meno l'estasi dell'unione mistica può essere paragonata al piacere sensoriale, poiché in essa l'uomo si dissolve, torna a coincidere con il Dio-Uno primigenio e a perdere ogni individualità, come una goccia d'acqua ritornata alla fonte.
In questo aspetto risiede l'ultima serratura da forzare, quella della volontà individuale:

"La quinta prigionia è quella della propria volontà, cioè quando l'uomo vuole conservare la sua volontà anche nelle cose divine e in Dio stesso" Giovanni Taulero, Le cinque specie i prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 239).


Come già accennato nell'articolo dedicato a Meister Eckhart, per ritornare alla fonte l'uomo deve abdicare alla propria volontà soggettiva e personale per lasciarsi colmare dalla Volontà divina, in modo che ogni sua azione e ogni suo pensiero venga elevato ai ranghi delle azioni e del pensiero di Dio.
Non si tratta di sottomettersi passivamente a Dio, di farsi il "lavaggio del cervello" e divenire un burattino inerme. Al contrario, si tratta di elevarsi, ascendere al rango di Dio, fino a compiere l'azione paradossale, secondo le spregiudicate parole di Meister Eckhart, di uccidere Dio per divenire Dio stesso ed eliminare qualsiasi differenza. A questo punto, giunti a coincidere con la fonte stessa della vita, ogni evento diverrà una manifestazione, una teofania, della propria Volontà divina. Nulla potrà scalfire l'uomo realizzato poiché è come se tutto fosse frutto del suo Volere divino. Come scrive Taulero:

"egli perverrà a un raccoglimento, un'immersione, una fusione nel puro, divino, semplice bene interiore, dove la novile scintilla interiore ha un eguale ritorno e un eguale riflusso alla sua origine da cui è sprizzata. Dove questo riflusso alla sua origine avviene perfettamente, ogni debito è interamente saldato, fosse anche grande come quello di tutti gli uomini che fossero mai stati debitori dal principio del mondo. Ecco, a quel punto viene infusa ogni grazia e ogni felicità, e l'uomo diventa uomo divino" (Giovanni Taulero, Le cinque specie di prigionia, Sermoni, Edizioni Paoline, p. 241).

Per approfondire l'argomento, è disponibile il mio ultimo libro: Pratiche di contemplazione. L'arte della meditazione occidentale: https://www.ibs.it/pratiche-di-contemplazione-arte-della-libro-daniele-palmieri-palmieri-daniele/e/9788827846926


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Daniele Palmieri

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