sabato 22 luglio 2017

Il Sapiente di Cheronea. Elogio di Plutarco

Plutarco è un filosofo a me particolarmente caro. Credo sia un caso unico in tutta la filosofia antica. Nessuno ebbe la sua vasta erudizione e allo stesso tempo la capacità di non perdere di vista l'importanza pratica della filosofia per la vita quotidiana. Nessuno ebbe la sua curiosità intellettuale che lo fece spaziare tra scienza, filosofia, religione, etnografia, mitologia, storiografia e che lo portò ad avere un'apertura mentale tale da anticipare temi filosofici attualissimi ancora oggi. Più di ogni altro pensatore, credo che Plutarco sia in grado di mostrare quanto sia assurdo il "conflitto" tra cultura e scientifica e cultura umanistica per le persone dotate della sua grande apertura intellettuale.
Approfondendo la sua vita e le sue opere non si può che rimanere ammaliati dinnanzi alla sua figura; sensazione che, paradossalmente, Plutarco è in grado di suscitare con una sobria semplicità. Nella vita come nel pensiero, Plutarco rifiutò sempre ogni estremo; per questo, lettori superficiali lo tacciarono in passato come filosofo poco originale, un semplice dossografo platonico con tendenze eclettiche.
Bisogna però stare attenti a non confondere la semplicità di Plutarco con la mediocrità. Il filosofo di Cheronea testimonia una delle più grandi virtù dell'età antica, la sobrietà di vita, pensiero e costumi. Il noto "Nulla di troppo", la semplicità del sapere Sapienziale che con pochi gesti e parole è tuttavia in grado di trasmettere verità molto più profonde, che possono essere colte soltanto da chi scruta al di là del velo, sotto la superficie.
Leggendo le poche, ma essenziali, vicende biografiche a noi giunte sulla vita del filosofo, non si può che provare nei suoi confronti un istantaneo sentimento di simpatia (nell'etimologia antica del termine), non si può fare a meno di sentirlo a noi vicino, quasi fosse un nostro parente o un nostro intimo conoscente.
Plutarco nacque nel 46 d.C. a Cheronea, in Beozia, da una famiglia di nobili origini. Il padre doveva essere una personalità dalla grande cultura e dalla spiccata sensibilità. Dalle informazioni tratte dalle stesse opere di Plutarco, infatti, si evince il suo affetto per i figli, nonché la grande attenzione che egli riservava nella loro formazione. Particolare che, molto probabilmente, influì in maniera consistente sul pensiero e la sensibilità del filosofo greco. Dagli scritti di Plutarco, infatti, oltre che a una grande importanza attribuita all'educazione dei giovani, si evince un profondo affetto provato dal filosofo nei confronti della realtà familiare, a cui egli stesso era molto legato. Emblematici, da questo punto di vista, i testi dedicati al rapporto coniugale, all'amore, all'affetto fraterno e le consolazioni alla moglie e agli amici, di cui tratteremo più approfonditamente in seguito.
Trasferitosi ad Atene per condurre gli studi sotto la direzione di Ammonio, Plutarco ne divenne presto l'allievo prediletto, brillando in particolare nella conoscenza della filosofia Platonica, a cui il filosofo rimarrà legato per tutta la vita. Segue un periodo di viaggi (e, dunque, di apprendistato) nelle principali città greche, coronato dall'acquisizione della cittadinanza ateniese. Proprio ad Atene, presso la sua casa, Plutarco fonderà una piccola scuola platonica improntata sul modello dell'Accademia. Nel 70 conobbe sua moglie, l'unica donna che amerà per tutta la vita: Timossena. Tra i due vi fu sempre una stima e un affetto reciproco; il nome di Timossena ricorre spesso negli scritti di Plutarco ed è probabile che sia stato proprio questo intimo affetto e questa grande stima nei suoi confronti a rendere Plutarco uno dei filosofi antichi più attenti al mondo femminile, come dimostrano i suoi trattati "Sulla virtù delle donne", "I detti delle donne spartane" ma anche la necessità, da egli rilevata, di dover educare in egual modo quanto i ragazzi quanto le ragazze.
Il grande legame tra Plutarco e Timossena era, inoltre, anche di stampo misterico; entrambi furono iniziati ai misteri dionisiaci.
In seguito ad alcuni viaggi a Roma, in cui Plutarco fu in grado di assumere anche la cittadinanza romana, dagli anni 90 in poi la sua vita si svolgerà interamente tra Cheronea e Delfi. L'Urbe era ormai il centro del mondo e, come si lamenterà lo stesso Plutarco, quello che era l'antico ombelico del mondo sacro, ossia l'oracolo di Delfi, stava subendo un'irrefrenabile decadenza. Tuttavia, Plutarco non poteva rinunciare al fascino della sua terra d'origine e nemmeno al richiamo degli effluvi del luogo sacro. Già iniziato ai misteri dionisiaci, divenne anche sacerdote del tempio di Apollo; suo compito: organizzare i giochi pitici, la presidenza delle Anfizionie, ossia l'assemblea dell'antica lega dei popoli della lega centrale, e, soprattutto, il servizio liturgico e sacerdotale. Coerente con i suoi principi, non rinunciò all'impegno politico: fu telearco e arconte eponimo. Il tutto mentre era impegnato nella gestione dei suoi impegni civili e familiare, nel costante colloquio con i suoi amici e con i suoi discepoli, nella stesura delle sue numerose opere sugli argomenti più disparati, che lo terranno impegnato per l'intera sua esistenza.
Come accennato in precedenza, la vastissima produzione di Plutarco è il più grande lascito che egli ha tramandato ai posteri. Il Catalogo di Lampria, una lista a noi pervenuta delle sue opere, raccoglie oltre 200 scritti, di cui ne sono a noi pervenuti "soltanto" 83. Basta scorrere i titoli di tali scritti per accorgersi della grande cultura del filosofo di Cheronea: le opere di carattere religioso e allegorico come Iside e Osiride, La E di Delfi, La decadenza degli Oracoli, Perché la Pizia non dà più oracoli in versi?; le opere politiche come Conigli ai politici, Se un anziano debba fare politica, Monarchia democrazia e Oligarchia, Chi governa deve saper governare se stesso; le opere scientifiche come Opinioni dei filosofi sulla natura, Questioni su fenomeni naturali, Sul principio primo del freddo; le opere biologiche come Gli animali sono esseri razionali, Sono più intelligenti gli animali di terra o di mare?; le opere etnografiche, come Questioni greche e Questioni romane; le opere storiche e dossografiche, come I detti degli spartani, I detti dei grandi generali, I proverbi in uso dagli alessandrini; non ultimo, le opere filosofiche: La virtù etica, Il controllo dell'ira, La serenità interiore, Il fato, Il demone di Socrate.
Questi sono solo alcuni dei titoli principali di Plutarco, nonché la punta dell'iceberg di tutti i suoi interessi. Ma, come accennato in precedenza, la sua grandezza non sta in una erudizione fine a se stessa. Il filosofo di Cheronea era sapientemente in grado di coniare l'interesse per la speculazione con l'esigenza della vita pratica; la diversità delle discipline trattate con un filo conduttore in grado di legarle tutte. Per Plutarco, infatti, la Sapienza è anzitutto una Sapienza di vita pratica. La filosofia non si studia, si vive; in tale prospettiva rientrano tutti i trattati filosofici dedicati al vizio e alla virtù, all'educazione o alle singole virtù dell'anima. La filosofia sta alla mente come l'esercizio fisico sta al corpo; entrambi sono necessari per il completo sviluppo psicofisico, come sostiene lui stesso nei Consigli per mantenersi in buona salute; la pratica filosofica è anzitutto un esercizio di vita. Conoscere i vizi e le virtù dell'animo è necessario per capire come migliorarsi, per esercitarsi giorno per giorno a educare se stessi e migliorare la propria anima per raggiungere il perfetto equilibrio con se stessi, con gli altri e con il mondo. In tale prospettiva, la filosofia è una cura dell'anima, esattamente come la medicina è la cura del corpo. Il sapere teoretico è dunque sempre volto a migliorare l'esistenza terrena.
Anche le opere più speculative hanno questi risvolti pratici. Come insegna Aristotele ne L'Etica Nicomachea, l'intelletto attivo è la facoltà più perfetta dell'uomo e se la felicità coincide con la realizzazione perfetta della propria principale facoltà naturale, soltanto esercitando l'intelletto l'uomo può davvero essere felice. Occuparsi, ad esempio, dei problemi naturali o delle opere dossografiche, dunque occupandosi in quella che apparentemente sembra una sapienza speculativa fine a se stessa, in realtà si sta compiendo un esercizio filosofico fondamentale per l'anima: la contemplazione, in grado di elevare l'uomo al divino mediante la conoscenza.
Conoscere il funzionamento della natura ha, secondariamente, risvolti morali di grande importanza. Plutarco, oltre ad essere uno dei primi filosofi a porre grande attenzione nei confronti delle donne, fu anche uno dei primi filosofi "animalisti" che, studiando il comportamento degli animali, si accorse del barlume d'intelletto che luccica dietro ai loro sguardi muti. L'implicazione etica di tale conoscenza speculativa fu, per Plutarco, la necessità di cessare il consumo di carne per non perpetrare violenza nei confronti di altri esseri viventi dotati di intelletto, come l'uomo.
Nella speculazione di Plutarco, filosofia, scienza e religione divengono un tutt'uno inscindibile; più di ogni altro autore dell'antichità, egli è stato in grado di mostrare quanto sia inutile e dannoso il dissidio tra le diverse materia e quanto sia importante, invece, avere la mente aperta a ogni forma di conoscenza per vivere a pieno la propria esistenza. Tale libertà di pensiero e tale volontà di conoscere si evincono anche dalle opere filosofiche in cui Plutarco analizza i pensatori con i quali era in disaccordo, ad esempio Stoici ed Epicurei. Il suo esempio dovrebbe essere insegnato ad ogni persona: prima di criticare le opinioni che non condivide, egli studia approfonditamente il pensiero degli "avversari", contestandolo punto per punto ma senza alcun astio, né fanatismo. Come egli stesso insegna, infatti, ne L'utilità dei nemici, bisogna considerare l'avversario, in ogni campo della vita, non come un obiettivo da distruggere ma come il termine di confronto delle nostre virtù e delle nostre conoscenze. In campo filosofico, non ha senso insultare le persone con opinioni a noi contrarie; gli elementi di conflitto sono fondamentali per costruire un dialogo, ossia comprendere le ragioni dell'altro, criticarle se non ci convincono e riuscire così a rafforzare le nostre, trovando argomentazioni che, magari, senza il confronto ci sarebbero sfuggite.
Per questo, se per qualche strano sortilegio avessi il privilegio di poter indicare un filosofo con cui discutere, farei proprio il nome di Plutarco: parlare con lui, infatti, sarebbe come discutere allo stesso tempo con tutti i grandi filosofi dell'antichità; e, soprattutto, saprei che con Plutarco potrei toccare qualsiasi argomento di conversazione senza incontrare barriere mentali, che al giorno d'oggi impediscono invece il dialogo tra le diverse materie e tra le singole persone.

A conclusione dell'articolo, segnalo dunque una delle piú importanti del 2017: la traduzione integrale di tutti i Moralia, la prima in Italia, edita da Bompiani nella collana Il pensiero occidentale. Oltre 3000 pagine di testo tra i Moralia in lingua originale, la traduzione in italiano, le note e le approfondite introduzioni ad ogni singolo testo: Plutarco, Moralia.

Daniele Palmieri